Uno sketch della rappresentazione per la messa in scena de "Le Villi" di Giacomo Puccini - foto via Getty Images

Puccini 2024 - Le opere/4

Un'estetica subito riconoscibile. "Le villi" di Giacomo Puccini diretta da Riccardo Frizza

Mario Leone

Al Teatro Regio di Torino l'opera che più di tutte esprime il bisogno fisiologico del compositore di emergere nell'ambiente musicale e togliersi di dosso la provincialità, diventando protagonista della scena italiana del suo tempo

È un ventenne appena diplomato in Composizione al Conservatorio di Milano quel Giacomo Puccini che si affaccia al mondo operistico. Ha talento e “fame” ed è desideroso di togliersi di dosso il paludoso ambiente musicale di provincia, diventando protagonista della scena italiana. “Il Dio santo mi toccò col dito mignolo e mi disse: ‘Scrivi per il teatro, bada bene, solo per il teatro’. E ho seguito il Supremo consiglio”, racconta in una lettera. Un bisogno fisiologico che ritroviamo chiaramente ne Le villi, prima partitura scritta per partecipare al concorso indetto dalla casa editrice Sonzogno. Per brevità e per non cadere nel campo delle supposizioni, sorvoliamo sui motivi per cui Puccini non vince. Poco dopo, Giulio Ricordi mette sotto contratto il giovane compositore, definendolo una persona con delle “idee, e queste si hanno o non si hanno, né si acquistano studiando e ristudiando punti, contrappunti, armonie, disarmonie”. Una consacrazione fatta da uno dei più importanti e influenti editori che invita Puccini ad ampliare la partitura, riproponendola al pubblico del Teatro Regio di Torino nel 1884.

Ed è qui che in questi giorni Pier Francesco Maestrini firma un nuovo allestimento con la direzione di Riccardo Frizza. Unico teatro italiano a proporre Le villi nell’anno pucciniano. “Quello che stupisce del giovane Puccini è l’estetica ben definita riconoscibile sin dalle prime note”,  dice il direttore d’orchestra: “Capita con pochissimi altri compositori come Mozart o Rossini di cogliere un tratto così marcato e originale”. Un italiano che conosce benissimo la musica francese e tedesca, imita Wagner “nella scrittura di una linea melodica lunga e continua e guarda a Berlioz per la cura dell’orchestrazione”. Atteggiamenti nuovi non sempre graditi al vecchio Verdi che pur riconoscendo le doti del ragazzo lo ammonisce, ricordando che “l’opera è l’opera e la sinfonia è la sinfonia”.
 

A differenza del maestro di Busseto, Puccini utilizza l’orchestra in modo moderno, lasciando ampio spazio alla musica. “C’è un respiro sinfonico – continua Frizza – e una scelta che poi non rivedremo più, cioè quella di inserire due preludi consecutivi nella seconda parte dell’opera”. Puccini mette in mostra doti che avrebbe sviluppato appieno entro pochi anni: originalità melodica, ricercatezza armonica, intuito drammatico, mentre la sua vocazione per l’orchestra emerge spesso, non solo nelle parti sinfoniche ma anche in piccoli dettagli. Siamo di fronte a un predestinato che a volte in questa partitura si lascia andare a pesantezze che in fase di concertazione devono essere riequilibrate: “Nelle Villi ritrovo le stesse difficoltà che incontro quando dirigo Tosca o Bohème. Qui è necessario avere un occhio particolare al bilanciamento buca-palcoscenico. Il giovane Puccini vuole mostrare le sue capacità di orchestratore e si lascia andare a degli eccessi. Se alcuni volumi non sono controllati si rischia di coprire le voci. Poi in un teatro grande come il Regio di Torino lo squilibrio sonoro è dietro l’angolo”.
 

Il punto debole di questo melodramma è la carente propulsione drammatica, con una trama semplice e breve dove i personaggi risentono di uno scarso scavo psicologico ed emotivo. “Proprio per questo con Maestrini – dice ancora Frizza – abbiamo impostato una regia che sveli il mondo interiore, della psiche dei personaggi”. Le scene di Guillermo Nova (autore anche delle proiezioni) trasformano la foresta nera germanica in un luogo magico che diventa gotico quando nel finale Roberto è sacrificato per il tradimento nei confronti di Anna. Per la prima volta il compositore deve affrontare musicalmente la morte del protagonista e lo fa con un crescente pathos “presagio di uno stile maturo”.
 

Qualche anno dopo con Manon Lescaut (sempre presentata al Regio di Torino), Puccini mostrerà un’attenzione maggiore all’aspetto teatrale. “C’è una grande differenza tra Le villi e Butterfly – dice il direttore – entrambe affrontano il tema dell’abbandono: Anna muore di crepacuore perché tradita e Roberto soccombe in preda al rimorso. In Butterfly assistiamo a un percorso umano drammatico, coinvolgente a tratti straziante”. Una coscienza più compiuta del teatro musicale che a un ventenne, fresco di studi, non si poteva ancora chiedere. “Il ragazzo si farà” e Le villi ne sono la prova.
 



Una chiacchierata con musicisti e interpreti per ognuna delle dodici opere di Puccini, nel centenario della morte del compositore. Per "Puccini '24" abbiamo già scritto di "Manon Lescaut" (31 gennaio), "Gianni Schicchi" (16 febbraio) e "La fanciulla del West" (6 aprile).

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