antisemitismo

Così il 7 ottobre ha fatto precipitare il mondo letterario nel caos su Israele

Giulio Meotti

Eliminato il Pen a New York, il premio custode della libertà di parola. Gli scrittori volevano l’autodafé sullo stato ebraico. Un romanziere iraniano: “I letterati  amano feticizzare la brutalità di Hamas”. Dimissioni e diktat 

Mentre la Columbia University sembra l’Unione degli studenti tedeschi del 1933, il Pen America, custode della libertà di parola, cancella il suo premio letterario dopo il boicottaggio degli scrittori sulla guerra tra Israele e Hamas. L’organizzazione degli scrittori, impegnata nella tutela della libertà di espressione, ha fatto sapere che dei 61 autori e traduttori nominati per il premio, 28  hanno scelto di ritirare i loro libri. Hanno criticato il Pen per una presunta mancanza di sostegno agli scrittori palestinesi.
 

La cerimonia di premiazione avrebbe dovuto svolgersi il 29 aprile al municipio di New York, ma ora è stata annullata. Gli eredi della defunta autrice americana Jean Stein avevano anche chiesto al Pen di donare il premio di 75mila dollari in suo nome ai palestinesi. Era già successo. La decisione del Pen di assegnare il premio annuale alla libertà di espressione ai redattori di Charlie Hebdo spinse numerosi scrittori a ritirare la propria partecipazione come ospiti dal gala annuale. A boicottare la cerimonia, fra gli altri, lo scrittore canadese Michael Ondaatje, l’autore del “Paziente inglese”; Peter Carey, il più celebre scrittore australiano vivente, autore di “Oscar e Lucinda” e candidato più volte al premio Nobel; Teju Cole, uno degli scrittori statunitensi più trendy della sua generazione e autore di “Città aperta” (Einaudi).
 

In una lettera accusarono Charlie Hebdo di “intolleranza culturale”. La scrittrice Francine Prose, ex presidente del Pen che boicottò la cerimonia, scrisse: “Ero sconvolta quando ho sentito parlare del premio. Assegnare un premio significa ammirazione  per il lavoro del premiato”. Sia mai. E Prose ha aggiunto: “Non potevo immaginare di essere tra il pubblico quando ci sarebbe stata una standing ovation per Charlie Hebdo”. Sia mai. “I letterati di sinistra americani amano feticizzare la brutalità di Hamas” scrive su Haaretz il romanziere iraniano Arash Azizi. “Ormai non dovrebbe sorprendere nessuno che ci siano persone nella sinistra occidentale che sostengono apertamente gli attacchi del 7 ottobre contro i civili israeliani” scrive Azizi. “Gli ultimi sei mesi hanno prodotto un lungo elenco di esempi”.
 

L’ultimo è arrivato quando Verso Books, senza dubbio la casa editrice di sinistra più rinomata nel mondo anglofono, ha pubblicato un saggio della  politologa Jodi Dean. Scrive: “Da che parte stai? Liberazione o sionismo e imperialismo? Ci sono due lati e nessuna alternativa, nessuna negoziazione del rapporto tra oppressore e oppresso”. Solo un mese fa, una dozzina di redattori si sono dimessi da Guernica, un’altra rispettata rivista americana di sinistra, a causa di un saggio di Joanna Chen, scrittrice israeliana e attivista per la pace. Il saggio è stato ritirato da Guernica e la direttrice, Jina Moore, si è dimessa. Davvero improvvida.
 

La scrittrice ebrea Leslie Lisbona era felice quando Koukash Review, una rivista letteraria, ha accettato due suoi saggi all’inizio dell’autunno del 2023. Poi, dopo il 7 ottobre, la rivista ha pubblicato una dichiarazione in cui “invitava” gli scrittori a opporsi a Israele. E ieri la Società degli Autori (SoA) in Inghilterra ha votato una mozione su Gaza che non menzionava Hamas, gli ostaggi o il massacro degli israeliani. Tira un’aria di cordone sanitario attorno a Israele e a chi lo difende.
 

Intanto, alla Biennale inclusiva e decolonizzata di Venezia, una specie di Macondo multiculturale, in un’opera esposta nel padiglione nazionale della Spagna l’artista Sandra Gamarra paragona il trattamento della Palestina alla discriminazione delle persone transgender. “Transbody sta all’eterosessualità normativa come la Palestina sta all’occidente: una colonia la cui estensione e forma si perpetuano solo attraverso la violenza”, ha scritto Gamarra. Anche nell’opera della messicana Frieda Toranzo Jaeger c’è tanta libertà queer, ecologismo e “Viva Palestina”, con un richiamo a Frida Kahlo.
 

Di queste ore la notizia che l’Iraq sta lavorando alla pena di morte per gli omosessuali. Pare che i “Queers for Palestine” apriranno una sezione a Baghdad: “Queers for Iraq”. E che numerosi letterati e visitatori della Biennale sarebbero già pronti a prendere la tessera.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.