Mercato in Piazza Campo de Fiori nel 1984 - foto via Getty Images

Parigi dentro Roma

La tarda fioritura di una spensieratezza condannata dal pregiudizio. Un libro

Cristina Marconi

"La reputazione" di Ilaria Gaspari si ambienta nella Città eterna degli anni '80, dove Marie-France, una giovane artista e restauratrice, si scontra con le sue ambizioni e i suoi limiti. Sullo sfondo la scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori

Roma, giacche con le spalline, rosa pesca e orecchini a pastiglia, telefoni fissi, riviste cartacee, gli anni Ottanta guardano al futuro ma i fantasmi del Novecento aleggiano anche tra i bagliori dell’aurora craxiana del 1983. Il fantasma più tenace si insinua in un piccolo paradiso in terra che Ilaria Gaspari, nel suo romanzo La reputazione (Guanda), ricostruisce con sguardo clinico e morbidezza di tratto, facendo emergere il lettore tra i pouf di velluto e gli specchi del camerino di una boutique dei Parioli, Joséphine, regno di Marie-France, una di quelle donne francesi che vedono il rapporto con la realtà come un abbellimento continuo. “Era forse una sua debolezza o il segno della sua dedizione alla ricerca che l’aveva portata a costruire, pezzo dopo pezzo, come un’opera d’arte, la propria persona di bionda giunonica e risplendente, identica a sé stessa negli anni e nelle stagioni, a suggerire una maturità perenne senza albe né tramonti”.
 

Una donna che di sé stessa è l’artista, l’opera e la restauratrice, Marie-France, e alla quale la giovane narratrice si avvicina in una di quelle stagioni di mezzo della vita in cui si è giovani ma non più ragazzine, in bilico tra interessi, amori diversi, sintomo di un’identità alla quale questa Pigmaliona di mezza età elargisce una risposta perentoria e di grande successo commerciale: la bellezza, il camuffamento di tutto, della sofferenza e del dolore, cause primarie di ogni crollo. “Capitava che qualche dolore acutissimo che richiedeva come antidoto l’ottundimento, oppure l’eccesso di notti insonni, di barbiturici e di litio, di sigarette, di angosce e di cioccolatini, di vini liquorosi e distillati secchi, finissero per scarabocchiare su quei corpi levigati dalla nullafacenza un secondo corpo deforme, metamorfosi infelice del primo”, scrive Gaspari. La vita intorno a questa fabbrica di eleganza è rievocata con frasi sinuose che non lasciano a terra nulla dell’incanto di quegli anni, tra feste e idee di grandezza, la coda scintillante di una dolce vita che da lì a poco si sarebbe spenta del tutto. “Era divertente Roma, era così viva!”, e su questo sfondo si muovono personaggi stravaganti e realistici, gente che ci sembra di aver incontrato o che – potere della Città eterna – potremmo ancora incontrare se facessimo più attenzione, creature un po’ teatrali di una società ambiziosa, edonista, decisa a migliorarsi e a mostrarsi sotto la sua luce migliore, ma forse non a progredire.
 

E infatti piano piano qualcosa si incrina, la città non è del tutto pronta per un futuro, e quando Marie-France decide di aprire il negozio alle ragazzine, liberandole dai vestiti scelti dalle madri, fate severe e spesso crudeli, per offrire qualcosa di fatto apposta per loro, un equilibrio angelico si rompe: entra il mostruoso. La milanese Gaspari si avvale, senza riferimenti espliciti, di uno sfondo reale, ossia il momento in cui Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi erano ancora due ragazzine scomparse nel panico di una città, prima che acquisissero la traslucenza delle foto sbiadite e si cristallizzassero in cold case di imperituro fascino. E questo sostiene il racconto del vertiginoso crescendo di episodi che fanno sì che, da una fantasia adolescenziale e da una mentalità sempre accogliente verso la calunnia, Joséphine perda la sua aura, precipiti. Come mezzo secolo prima altri negozi, altre realtà rigogliose erano state frantumate dalla diceria più velenosa di tutte, il pregiudizio antiebraico che ha devastato il Novecento e che qui attraversa le pagine di Gaspari come una vipera pronta a mordere. La reputazione è un romanzo di trama e di atmosfere, un noir della storia costruita con la precisione del meccanismo metallico e splendente di un carillon in cui la perfezione del suono – la moda, il prestigio, la bellezza con la sua danza fatua – rende sinistro l’incedere della ruggine di pregiudizi eterni e di dicerie di nuovo conio. Cos’è la moda? “Un rito, un gergo, un sogno, un segreto che poteva rivelarsi solo a occhi comprensivi come i suoi”, secondo la narratrice, che non si stanca di osservare Marie-France, vero centro del romanzo. Una donna a cui “ogni interpretazione dell’atto del vestirsi le appariva in potenza interessante, come a una vera studiosa”. La scrittura di Ilaria Gaspari trova nelle frasi lunghe e nella ricchezza lessicale la ricetta della sua semplicità per descrivere gli “anni di chiffon”, quella tarda fioritura di una spensieratezza condannata dal ritorno di una moda pervicace, l’unica che non passa: il pregiudizio.

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