Letture
Invisibile, invivibile: il nuovo libro di Giovanni Grasso
"L’amore non lo vede nessuno" è il quarto romanzo del consigliere alla comunicazione del presidente della Repubblica: un giallo esistenziale che scivola verso il thriller ma solo per servire una dimensione metafisica
Dopo tre fortunati romanzi a sfondo storico, il primo sul legame proibito tra un ebreo tedesco e una silfide ariana, il secondo sull’impresa impossibile del grecista e aviatore Lauro De Bosis, che sfida la sorte per lanciare volantini anti regime fascista su Roma e finisce per inabissarsi nel Tirreno, e infine il terzo sulla misteriosa scomparsa di un soldato nella Grande guerra, stavolta il consigliere per la comunicazione del presidente della Repubblica, Giovanni Grasso, dà libero corso alla sua immaginazione con un giallo esistenziale, (L’amore non lo vede nessuno, Rizzoli, 240 pp., 19 euro), ma in chiave di “moralità leggendaria”.
La storia è semplice e sempre avvolta nel mistero. Una giovane donna muore in un incidente d’auto. Guidava veloce e in modo sregolato così come viveva. Ma di lei si sa poco. Persino la famiglia è costretta alle illazioni, prima che la sorella si metta come un segugio sulle labili tracce di un uomo misterioso, per cercare di arrivare alla verità di quella giovane refrattaria alla provincia, che lavorava in una casa d’aste a Milano, vivendo al di sopra delle sue possibilità. C’è il vecchio padre vedovo, c’è la sorella, sposata senza poesia a un tipo insulso, e c’è l’affascinante cinquantenne che appare contrito al funerale e lascia sulla tomba un mazzo di peonie, i fiori preferiti della giovane morta. Da un indizio all’altro, spinta dal dolore, dalla curiosità e dal desiderio di fare i conti con quella presenza inquietante che ha segnato la sua vita, la sorella riesce a poco a poco a ritrovare il bandolo della matassa, presentandosi al cospetto del tipo misterioso per scoprire la verità del suo legame con la morta.
Il “pactum sceleris” tra loro rispetta l’ordine della necessità e i limiti della riservatezza. L’uomo accetta di raccontarle la sua storia, ma a condizione di tenere segreta la sua identità. È un tipo in vista, gira in auto blu, forse è un politico che tiene tutto sotto controllo. Perciò niente domande indiscrete, niente dettagli personali. In cambio, una sofferta confessione che si dipana nel corso degli incontri settimanali di un’ora, in un baretto di periferia, che tengono il lettore inchiodato alla rievocazione di una passione irresistibile, minata da violenza, perversione e da una sublime impotenza.
Il romanzo sentimentale prende così i colori del giallo esistenziale, scivola verso il thriller ma solo per servire una dimensione metafisica. Cos’è la fiducia? Dov’è la verità? E qual è la verità alla quale prestar fede? Quella che racconta il tipo misterioso, o quella che vuole credere la sorella della giovane morta? Muovendo abilmente le leve del racconto, fra autocoscienza, colpi di scena e snodi teatrali, Grasso mette in moto un congegno potente, dove l’introspezione genera il dramma, l’agnizione produce un senso di espiazione e la catarsi trionfa. Il motore del racconto, infatti, non è la storia in sé banale di una passione meschina, dove la forza incontrollabile delle emozioni getta sin dall’inizio i personaggi in balia di un destino imprevedibile, e dove la tenerezza s’intreccia alla lussuria in un perverso gioco di sospetti, sopraffazioni e umiliazioni. In realtà, il nucleo del romanzo sta nella riflessione che asseconda la rievocazione dei fatti, per attingere alla luce della verità e liberare la coscienza di chi quel dramma l’ha vissuto e innescato.
È così che Grasso rinuncia all’eroismo preterintenzionale dei protagonisti dei precedenti suoi romanzi ma sempre coltivando una sorta di moralità leggendaria. Si serve di un giallo esistenziale per allestire il dramma psicologico della dissoluzione dei tempi, e se da un lato celebra l’aspirazione all’amore assoluto, dall’altro contempla la malinconia della lussuria fine a sé stessa, portato della fine della religione, della morte dell’anima, del silenzio della grazia. In fin dei conti, il cattolico convinto, consapevole del peccato e in preda ai suoi tormenti, che dà voce al protagonista del romanzo, dilaniato da un amore invivibile, è il suo stesso demiurgo, inventore onnipotente di figure immaginarie alle quali affidare la verità romanzesca dell’epoca in cui vive.