teatro
In Umbria, il sentiero nel bosco porta a un Cechov che allieta e stupisce
Alla generale di “Crisi di nervi” con la regia di Peter Stein. La prima è al Biondo di Palermo il 10 maggio e poi il 23 al Menotti di Milano
Un gruppo di amici e vicini di casa si avvia nel sentiero di un bosco nei pressi di Penna in Teverina. Con la pila accesa perché sta facendo già buio. Sono diretti al teatro che Peter Stein e Maddalena Crippa hanno costruito nel parco del loro podere umbro per lavorare indisturbati agli spettacoli e poi invitare gli amici alle prove generali prima del debutto. Restano indimenticabili, per quegli stessi amici, i tre giorni consecutivi di 15 anni fa dedicati ai Demoni di Dostoevskij (durata: 11 ore e mezza) che giustamente vinse il premio Ubu. Questa volta è Cechov. Tre atti unici che l’autore russo considerava “scherzi” e che rappresentò con grande successo nemmeno trentenne.
Riuniti da Stein col titolo Crisi di nervi, sono: L’orso, I danni del tabacco, La proposta di matrimonio. Scherzi divertentissimi, ma non solo. Perché Cechov conosce uomini e donne nei loro pregi e difetti e, anche quando vuole “soltanto” divertire, non resta in superficie. Assecondato del resto benissimo dal regista e dai suoi travolgenti attori, che sono (in ordine di apparizione): Maddalena Crippa, Sergio Basile, Alessandro Sampaoli, Gianluigi Fogacci, Alessandro Averone e una giovane Emilia Scatigno capace di trasformarsi, con gli isterismi – anche fisici – del suo personaggio di promessa sposa indecisa, in un irresistibile cartone animato). “Il genere è grottesco, ma il metodo è realistico”, sottolinea Stein che accanto ai suoi collaboratori di sempre (Anna Maria Heinrich per i costumi, severamente classici; Ferdinand Woegerbauer per la scena minimalista; Carlo Bellamio assistente alla regia; Andrea Violato tecnico delle luci) sorride soddisfatto quando, alla fine dello spettacolo che non fa una grinza, gli amici gli si fanno intorno a congratularsi per questo CČechov così comico. “Lui stesso era molto stupito del successo dei suoi vaudeville” commenta Peter. “Avesse scritto solo cose leggere sarebbe diventato ricco, pensava!”. Ricco, però non eterno, perché non aveva messo in conto l’eternità letteraria che gli è toccata. Avrebbe voluto fare il medico, ma la tisi, che lo uccise a 44 anni, glielo impedì. E all’amico Ivan Bunin, come si legge in A proposito di Cechov (Adelphi), disse una volta sconsolato: “Sapete per quanti anni ancora mi leggeranno? Sette”. E siccome Bunin protestava, si corresse: “Facciamo sette e mezzo”, spiegandogli che: “Sono considerati poeti soltanto coloro che usano parole come ‘orizzonte d’argento’, ‘accordo celeste’…”.
Ecco, i suoi vaudeville gli suonavano forse come quelle parole scontate, e invece c’è dentro la complessità della gente che lui passava il tempo a studiare nella bottega del padre (quando si assentava costringeva i figli a mettersi dietro il banco al suo posto, perché “l’occhio del padrone” deve vegliare sempre). E Anton l’occhio invece lo esercitava nell’analisi delle persone che entravano nella bottega e ne coglieva soprattutto la natura contraddittoria. Ecco allora perché il terribile Smirnov, soprannominato l’orso, che sbraita e minaccia tutto il tempo, non vede l’ora di buttarsi fra le braccia della Popova, in apparenza vedova inconsolabile che continua a dire “vi odio” quando è chiaro che vorrebbe solo urlare “vi amo”. Ecco il monologante Njuchin, “marito della propria moglie”, di cui è infelicemente succube, che tiene conferenze contro il tabacco e non fa che fumare di nascosto. Ed ecco ČChubukov costretto dalle convenienze sociali a chiedere in sposa l’antipatica Stepanovna, altrettanto disinteressata a lui, ma che finirà per accettarlo pur detestandolo. Il debutto è al Biondo di Palermo il 10 maggio, poi dal 23 al Menotti di Milano e poi una lunga, sicuramente trionfale tournée.
“C’è bisogno di ridere”, commentano gli amici percorrendo all’indietro il sentiero nel bosco per risalire in macchina e tornarsene a casa. E sono in un umore lieto e grato.
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