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Tra genio e incongruenze

Dai partigiani a Chiara Ferragni, la controstoria d'Italia di un contrarian

Giulio Silvano

Persone, libri, passioni: Controstoria dell’Italia. Dalla morte di Mussolini all’era Berlusconi, l’ultimo lavoro di Giampiero Mughini

È vero che non è necessario aver vissuto ciò di cui si scrive. Si dice sempre che il buon Emilio Salgari non sia mai stato nelle Indie, e nonostante questo abbia scritto splendide pagine ambientate nella giungla della Malesia. Ma è vero anche che quando si parla di storia che diventa presente, quando si parla di Italia e di Novecento, averne attraversati alcuni periodi chiave, aver toccato con mano la fibra dello spirito del tempo, può rendere tutto molto più lucido per capirne contraddizioni, angoli e stratificazioni. E’ il caso di Giampiero Mughini, fogliante extraordinaire, che nel suo trentottesimo libro ci parla del nostro paese proprio in un momento in cui sembra esserci nell’aria molta confusione politica sul passato. Controstoria dell’Italia. Dalla morte di Mussolini all’era Berlusconi (ma c’è anche un accenno del nostro medioevo ferragnesco), edito da Bompiani, parte da un tenero e indelebile ricordo d’infanzia. I partigiani entrano nell’appartamento fiorentino di un Mughini treenne e sistemano una mitragliatrice alla finestra. Il suo secolo a cui dedicherà nelle pagine tanta cura, sbalordendosi e meravigliandosi, inizia così, e procede vedendo in prima persona “l’orrida Italia del primo dopoguerra, dove due opposte orde fanatizzanti si avventavano l’una contro l’altra”. Per arrivare agli anni del terrorismo, di Giovane critica e dei giornali come prima fonte di informazione, fino alle monetine al Raphael. 

 

La battaglia che Mughini porta avanti da decenni contro le ideologie – proprio perché le ideologie le ha viste colpire e affondare – la sua battaglia contro le etichette facili, contro il manicheismo barbaro, qui trova attraverso le storie, gli uomini, i libri, le passioni, una saggia giustificazione, una dimostrazione intellettuale. “La buona parte dei misfatti più atroci della storia recente è venuta per l’appunto da gente che ci credeva ‘sino in fondo’”, che si tratti dell’11 settembre o della strage di Bologna, scrive. Abbandonare le convinzioni pietrificate, come ha fatto lui con largo anticipo sui suoi contemporanei con Compagni, addio (scritto con una Valentine rossa) diventa la soluzione per evitare di vedere i morti ammazzati sotto casa, che sia per opera dei Nar o delle Br. “I moti decisivi della politica sono quelli che coinvolgono tutti”, scrive, “i gruppetti ideologicamente puri e settari valgono lo zero assoluto”. E ancora: “In attesa che qualcuno escogiti una formula migliore [della democrazia], non resta che campare tutti assieme senza farci troppo male l’uno all’altro”. 

Non farci male e dedicarci alle cose belle, a leggere e godere del magnifico design italiano protagonista della New York anni 70, e riempire – come fa l’autore – le proprie stanze dei migliori prodotti dell’intelligenza umana, che siano manufatti della Danese o oggetti di carta (meglio se prime edizioni). Quando Mughini ragazzo incontra un agente rateale dell’Einaudi “da allora l’acquisto di libri divenne l’interesse supremo della mia vita, tutto il resto veniva e viene dopo. A debita distanza”. Ricorda ancora la prima lettura di testi importanti, ad esempio mentre si aspetta la telefonata di una bella ragazza.

Ma questa controstoria, e chi ha letto altri libri di Mughini lo sa bene, non si limita al racconto di eventi, che siano autobiografici o cronachistici, per spiegare che tutto non è sempre così bianco o nero. Perché, dato che la storia è fatta da persone, quella dell’autore diventa anche un non dichiarato elogio del buon individualismo liberale e umanista. Appena si scruta nelle biografie si capisce che la storia è più densa di quello che appare, che si parli della Milano craxiana anni 80 o del “tempo delle minigonne e degli assassini”, delle pedalate di Fausto Coppi o delle requisitorie di Antonio Di Pietro. E’ tramite il genio, l’eccezionalità o le incongruenze degli uomini in qualche modo protagonisti che possiamo attraversare la storia assaporandone tutte le sfumature. E così leggendo di Carlo Mollino e Vittorio Foa, di Enzo Mari e Indro Montanelli, di Romano Bilenchi e dei revisionisti socialisti – e dei loro scritti – non possiamo che guardare con rinnovato interesse questo secolo colmo di ambiguità (oltre ad appesantire il nostro carrello Amazon, ma anche questo, per i lettori di Mughini, si sa che più che un rischio è una certezza).
 


 

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