Francesca Fagnani - foto Ansa 

i traffici dell'urbe

Francesca Fagnani racconta Roma, ostaggio delle sue nuove “belve”

Marco Lodoli

La giornalista descrive cosa è accaduto in questi anni nell'universo della malavita capitolina. Non ne esce una narrazione emotiva, ma un'ottima inchiesta giornalistica ben documentata e puntigliosa

Francesca Fagnani ha il grande merito d’aver affermato senza giri di parole e pavide ipocrisie che il successo in ogni ambiente spetta solo alle belve. E’ una considerazione amara ma sincera che “I buoni” cercano di minimizzare, sperando che le acque si aprano anche davanti ai meritevoli, ai miti, ai sensibili e gentili. Ma non è così. Certo, bisogna avere delle qualità, qualche bella carta da mostrare, qualche originalità da offrire, ma quello che conta davvero è lo sguardo del predatore, la zampata improvvisa, l’artiglio che affonda. Il darwinismo sociale, che c’è sempre stato, ora è dominante e sfacciato: se la legge che regola la nostra savana è quella della competizione perenne, della spietatezza selettiva e dell’affermazione assoluta di se stessi, allora solo la belva può farcela. A questa parola bisogna levare ogni accezione negativa. “Sei una belva” ormai è un complimento, è la conditio sine qua non che apre i saloni delle feste e gli uffici più interni delle banche. Siamo su un piano metaforico, ovviamente, nel campo delle immagini più efficaci per descrivere simbolicamente i meccanismi che regolano la vita sociale. Ma basta fare un passo in avanti o di lato e le belve diventano reali, non sono più attori, cantanti, scrittori, cuochi, stilisti, politici mossi dalla ringhiosa smania di affermazione: sono criminali, spacciatori, torturatori, assassini, è quel mondo di mezzo tra i vivi e i morti che senza farsi notare unge e muove le ruote dentate dell’esistenza.

Francesca Fagnani nel suo libro “Mala” ci racconta con assoluta precisione cosa è accaduto nell’universo della delinquenza romana in questi ultimi anni. Non vuole romanzare, non vuole colorare di cupe tinte scespiriane gli eventi terrificanti che ci racconta, non sente il bisogno di far diventare “personaggi” i protagonisti del Far West capitolino. Da brava giornalista mette in fila i fatti, mostra le connessioni, gli attriti, entra nei ristoranti dove si decide il futuro e nelle camere di tortura dove si schiantano i nemici, ci rivela chi comanda in questa città. Ricordo il bar vicino scuola dove la mattina facevo colazione, “Il bar degli assassini” veniva chiamato da noi professori, proprio perché lì davanti c’era stato un regolamento di conti e perché tanti avventori avevano vite complicate. Però erano tutti gentili, rispettavano i professori, e un tipo una volta mi disse: “Nun ce so’ più quei bei rapinatori de ’na volta, facevano un bel colpo e tutta la borgata rifiatava…” No, non ci sono più questi Robin Hood di borgata che arraffavano soldi e li facevano girare, rubavano e spendevano allegramente, facendo felici tutti quanti. Ora esiste solo la cocaina, che come ha spiegato Saviano, è la più grande attività imprenditoriale del mondo. Soldi a palate e un mix perfetto di criminalità e mondanità, rivoltellate e feste al centro, sangue e champagne.

L’evento tragico attorno a cui ruotano le ricerche della Fagnani è l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, meglio conosciuto come Diabolik o come il Diablo, freddato il 7 agosto 2019 con un colpo alla nuca al parco degli Acquedotti. Chi ha voluto eliminare il capo degli ultras della Lazio, divenuto nel tempo uno dei pezzi grossi della malavita romana, quella con tutte le mani impastate di cocaina? L’esecutore materiale, a quanto pare, sarebbe un killer sudamericano che per centomila euro ammazzerebbe chiunque, ma chi sono i mandanti, chi ha voluto rimettere le cose a posto e fermare definitivamente l’ascesa di Diabolik? A Roma non si muove foglia che Michele Senese non voglia: sarebbe lui,  Michele ’o pazz, a muovere i fili, a sollevarli e a tagliarli, a dichiarare guerra e a pacificare quando è necessario. E attorno a questo sole nero gira tanta gente, ex borgatari che non vogliono più tornare indietro, albanesi che sanno come organizzare le piazze dello spaccio e come massacrare i rivali, bracci destri che in un attimo diventano bracci sinistri e devono essere amputati, ma persino giovani aristocratici che di giorno giocano a polo e frequentano i circoli esclusivi di Roma nord e di notte si trasformano in sadici killer, pronti a piantare una pallottola in testa a uno sconosciuto.

Tutte queste vite avanzano, galleggiano o sprofondano in una corrente spaventosa di denaro, e la Fagnani le segue, scopre i passi falsi, le alleanze fallite, i desideri di vendetta, osserva e spiega bene come il mazzo sporco di sangue si rimescola. E’ un libro puntiglioso, meticoloso, documentatissimo, un’inchiesta giornalistica importante che non vuole mai trasformarsi in una narrazione emotiva, in una gangster story acchiappalettori. Le belve sono qui, ci dice Fagnani, nessuna borgata rifiata come una volta, ognuno pensa a se stesso sotto questa nevicata perenne di cocaina e denaro zozzo.

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