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memoria tennistica

Viaggio al “Tenniseum” per scoprire le radici del tennis

Mauro Zanon

Allo Stade de Roland Garros ha riaperto il museo della Federazione francese di tennis, dove è conservato il "Trattato del giuoco della palla", primo documento storico sulle origini dello celebre sport 

Dopo diversi anni di chiusura causa lavori di rinnovamento, la scorsa settimana ha riaperto il museo della Federazione francese di tennis, ribattezzato “Tenniseum”, luogo della memoria tennistica transalpina e internazionale situato all’interno dello Stade de Roland Garros, che ospita ogni primavera l’omonimo torneo. Nella galleria che contiene cimeli della storia del tennis, dalla racchetta originale di Suzanne Lenglen, la “divine”, alla fascia anni Ottanta di Bjorn Borg, spunta dietro una vetrina la riproduzione di quello che internazionalmente è considerato come il primo trattato sul tennis della storia: il “Trattato del giuoco della palla”, pubblicato a Venezia nel 1555 e scritto in volgare dal filosofo e sacerdote di osservanza agostiniana Antonio Scaino da Salò

Nel testo, che ha un valore miliare per tutta la materia e che Scaino da Salò dedicò ad Alfonso d’Este, figlio del duca Ercole II (è a Ferrara che il filosofo passò gran parte della sua vita), vengono illustrate le regole e i codici dei giochi con la palla più famosi dell’epoca: “Il gioco del pallone o vero di pugno perché col pugno armato si batte, il gioco della palla da scanno perché si batte con un istrumento preso in mano detto scanno, il gioco della palla da racchetta alla distesa e il gioco da mano con la corda”, si legge nel testo. Come scrive la Treccani, il “Trattato del giuoco della palla”, “può essere considerato il testo generativo di una serie di scritti contenenti regole e modalità di svolgimento della sferistica. Si tratta di un’opera che sembra nascere al crocevia di due tendenze: da un lato si pone come modello di comportamento, utile a fissare le regole tecniche per il gioco e per i giocatori, e dall’altro pare alludere all’atteggiamento proprio di un intellettuale cortigiano, di cui si definiscono le norme all’interno del governo dello Stato”.

Il suo trattato, ricco di illustrazioni raffiguranti le attrezzature utilizzate per giocare, formalizza le regole e il sistema di punteggio, gli standard delle dimensioni dei campi e le tecniche di gioco. “Gianni Clerici si vantava, a ragione, di avere una copia originale di questo testo capitale. Ora è custodita al Centro Documentazione e Ricerca Raccolte Storiche della sede bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, assieme ad altre centinaia di cimeli che la sua famiglia ha donato”, racconta al Foglio Massimo Grilli, giornalista e collezionista, firma di Tennis Italiano, la rivista di tennis più antica del mondo, rilevata lo scorso anno da Domenico Procacci di Fandango che ne ha modernizzato contenuti, impostazione e veste grafica. Nella preziosa biblioteca clericiana non poteva mancare quello che “è il primo libro sull’antenato del tennis, ossia la pallacorda”, sottolinea Grilli. La pallacorda, in Italia, aveva un vasto seguito, tanto che lo stesso Scaino descrisse che “il divertimento degli spettatori è tale che molte volte li ho visti guardare con una tale intensità che non tirano il fiato, non aprono la bocca, non battono ciglio mentre guardano”. Alcuni sostengono che la pallacorda, jeu de paume in francese, venisse già praticata nei monasteri in Francia a partire dall’Undicesimo secolo, altri che l’origine del gioco fosse italiana. In Italia il gioco era chiamato pallacorda perché in origine la palla doveva superare una corda invece della rete di oggi. In Francia prende il nome di jeu de paume, gioco di palmo, poiché la palla veniva colpita con il palmo aperto, coperto da un guanto rigido. Di certo fu italiano colui che per primo codificò questo sport e a cui gli altri si ispirarono nei secoli successivi. “Il primo libro sul tennis moderno pubblicato in Italia è del 1898, si intitola ‘Il Lawn Tennis’ e fu pubblicato da Hoepli”, dice al Foglio Grilli, prima di aggiungere: “L’autore era Wilfred Baddeley, vincitore per tre edizioni del torneo di Wimbledon (1891, 1892, 1895), protagonista in prima persona degli eventi tennistici della sua epoca che riporta con cura nel testo analizzando questione tecniche e regolamenti di quello che veniva ancora chiamato ‘lawn tennis’, ossia tennis su prato. È molto ricercato dai collezionisti. In giro non si trova per meno di 100 euro”.

Nei primi del Novecento, sono i manuali Hoepli di Alberto Bonacossa, tennista, dirigente sportivo e fondatore dei Campionati internazionali di tennis (si svolsero a Milano per le prime cinque edizioni prima di essere spostati a Roma) a fungere da punto di riferimento. Prima di quello che è considerato da tutti gli appassionati il libro sul tennis più importante del secondo Novecento: “500 anni di tennis” di Gianni Clerici, che ha contribuito a inserire lo Scriba, come veniva soprannominato, nella Hall of Fame del museo di Newport.  

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