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Arte

I tessuti prendono vita: una mostra sul Canal Grande

Giacomo Giossi

"Per non perdere il filo" a Palazzo Vendramin Grimani alla Biennale di Venezia raggruppa le opere di Karine N’guyen Van Tham e Parul Thacker sotto la cura di Daniela Ferretti: le loro residenze artistiche generano un potente dialogo tra le visioni poetiche e l'eredità storica della città

Come sempre più accade a Venezia negli ultimi anni, i cosiddetti eventi collaterali della Biennale sono spesso decisamente più curiosi e interessanti della Biennale stessa, al netto ovviamente di non pochi eventi, mostre e mondanità più o meno tristemente provinciali che hanno più l’aspetto – ma purtroppo non il sapore – di una sagra campagnola. Si distinguono così da qualche anno le esposizioni – sempre frutto di residenze – che vengono ospitate nel rimesso a lucido Palazzo Vendramin Grimani per la cura della Fondazione dell’Albero d’Oro che per il 2024 presenta "Per non perdere il filo" con la curatela di Daniela Ferretti che presenta le opere di Karine N’guyen Van Tham e di Parul Thacker. Le opere site specific sono il frutto di una residenza delle due artiste che hanno così potuto liberare all’interno degli spazi di Palazzo Vendramin Grimani – poco dietro campo San Polo – un doppio dialogo, tra loro e tra il loro mondo poetico ed esperienziale con la porosità storica e artistica di Venezia. Ogni volta l’impatto che si genera da questo tipo di operazioni veneziane è particolarmente potente, il mondo sembra infatti attraversare i luoghi della città lagunare cogliendone le stratificazioni e le mutazioni continue.
 

Movimento tipico di una città anomala quanto estremamente antropica: un corpo al lavoro, un corpo in vita che chiede solo di essere attraversato e vestito, abitato e conteso. E proprio questo sembrano fare i lavori dell’artista franco-vietnamita Karine N’guyen Van Tham, stoffe assemblate e come ricomposte, forme di un residuo esistenziale e da lei intessute con un piccolo telaio durante la residenza. Ispirandosi all’arazzo L’Audience de l’empereur, in prestito dalla Fondation Etrillard di Ginevra, il lavoro di Karine N’guyen Van Tham piacerebbe molto ad Alessandro Michele proprio per quella capacità di elaborare un discorso biologico ed esistenziale sulla forma dei tessuti come forma di vita. Venezia è presente nella scelta dei colori, nella leggerezza dell’organza come nei suoni in un intreccio tra vita quotidiana, quella del traffico nautico in Canal Grande e quella di antico strumento indiano (suoni ricomposti dal compositore Frank Horvat), quasi a raccontare quel mondo espanso che da sempre rappresenta Venezia quale luogo d’approdo di un immaginario globale. A significare l’organza giunge organicamente il ricamo ossessivo dell’artista indiana Parul Thacker che dà corpo a una mappa. L’arte tessile trova all’interno di Per non perdere il filo uno spazio inedito d’esplorazione che tramuta la spesso banale occasione (e trita moda) di una residenza artistica in una sintesi efficace e pienamente sorprendente. Un viaggio che rivive non solo nelle opere esposte, ma in una dinamica di elaborazione raffinata di un percorso. Una presenza attiva di un fare che si suggella nel movimento stesso del telaio, così come nella scena musicale. L’ossessiva stratificazione offerta dalle opere di Karine N’guyen Van Tham e di Parul Thacker, più che accompagnare il visitatore, lo convincono a un abbandono meditativo che sarebbe bene poter portare oltre le stanze di Palazzo Vendramin Grimani per giungere fin dentro le calli di Venezia in quel tessuto di luce e ombra mai prevedibile.

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