FACCE DISPARI

Federico Cenci alias Cliquot, editore degli scrittori estinti

Francesco Palmieri

"Recuperiamo opere che hanno ancora qualcosa da dire". Il fondatore di Edizioni Cliquot svela i segreti della sua ricerca tra bancarelle e biblioteche per riscoprire autori dimenticati e riportarli in vita

Se appartenete alla specie rarefatta che giudica sproporzionato, rispetto alla durata di una vita, il tempo da dedicare all’alluvionale profusione di serie tv; se un interlocutore à la page vi sminuisce perché ignorate le narratrici daghestane di ultima generazione o la new wave del cinema curdo, non ribattete con lo snobistico e banale “sto (ri)leggendo la ‘Recherche’”. Piuttosto, anche se scarseggiate in Proust, rispondete che avete appena cominciato un libro di Brianna Carafa, di Laudomia Bonanni o di Vasco Mariotti. Fatelo con nonchalance: sono autori esistiti veramente ma che non resistettero agli anni, finché un negromantico editore non ne ha ridestato la voce impressa sulla carta. Lui è Federico Cenci, classe 1978, nato a Città di Castello, cresciuto ad Anghiari, trasferitosi a Roma dove faceva il traduttore prima di fondare, giusto dieci anni fa, le Edizioni Cliquot, vocate al “recupero dei classici mancati, delle belle opere dimenticate”, e dal brand ispirato a un mangiatore di spade che si esibiva sui palcoscenici della Belle Époque negli intermezzi dei numeri maggiori.

  

Non ci sono, in catalogo, solo nomi da epigrafe stinta ma titoli dimenticati di autori celeberrimi o insigni, quali Emilio Salgari, Alba de Céspedes e da ultimo Elémire Zolla, di cui Cliquot ha ripubblicato ‘Minuetto all’inferno’, uscito per Einaudi nel 1956 malgrado la ritrosia (è un eufemismo) di Elio Vittorini e vincitore dello Strega opera prima l’anno dopo. Il romanzo sarà presentato il 4 luglio nella rassegna romana di piazza Vittorio con l’assegnazione alla memoria di Zolla e Grazia Marchianò del Premio ‘Oltre la soglia - Porta Magica 2024’, promosso dalla libreria Rotondi col patrocinio della Società Dante Alighieri.

 

Le amnesie del tempo non sempre sono inique. Quando è sensato resuscitare un’opera dalla soffitta?

Quando un libro risulta ancora fresco e moderno piuttosto che per preservare in quanto tale la memoria storica. Ciò è compito delle biblioteche. Cliquot ripropone opere che abbiano tuttora qualcosa da dire e la decisione di ripubblicarle è a scrutinio unanime dei tre soci: io, Cristina Barone e Paolo Guazzo.

 

Quanti fra i libri obliati nei bauli arrivano alle stampe?

Su cento che ne leggiamo, dieci ci piacciono e due riusciamo a pubblicarli.

 

Quanti titoli all’anno?

Non più di cinque o sei, perché a ciascuno dedichiamo molto tempo e non vogliamo finire stritolati dai meccanismi editoriali.

 

Come si sviluppa la ricerca?

In ogni modo: dalle bibliografie alle bancarelle. Ritrovammo in un mercatino la Carafa, che era stata un caso editoriale e fu poi totalmente dimenticata. O come Laudomia Bonanni, che ebbe un certo successo con Bompiani ma in seguito al rifiuto di pubblicarle il romanzo ‘La rappresaglia’ smise di scrivere.

 

Il vostro autore best seller?

Carlo Hakim De’ Medici con ‘Gomòria’, un testo “maledetto” del 1921 che da allora non era stato ristampato.

 

De’ Medici fu un dandy decadente, un occultista con un tocco alla Lovecraft e dalla biografia piuttosto misteriosa.

Me lo segnalò un cliente bibliofilo, invaghito dalle copertine e dalle illustrazioni. M’incuriosii e cominciai una ricerca sull’autore, mai sentito nominare. Neppure su internet trovai qualcosa, solo una copia di ‘Gomòria’ in vendita su eBay a cinquanta euro. Fu una folgorazione. Dopo abbiamo ripubblicato altri due volumi di De’ Medici.

 

All’opposto, di grande rinomanza, c’è in catalogo un Salgari: ‘Alla conquista della Luna’.

Il volume contiene rare storie fantascientifiche raccolte da Felice Pozzo, che rappresentano la parte meno nota della sterminata produzione salgariana. Abbiamo anche recuperato ‘Gli esploratori dell’infinito’ di Yambo, pseudonimo di Enrico Novelli, popolarissimo ai primi del Novecento, citato sempre nei saggi sulla protofantascienza italiana ma introvabile in libreria.

 

C’è, oltre al ‘Minuetto’ zolliano, un altro nome illustre come Alba de Céspedes con un paio di titoli.

‘L’anima degli altri’, opera d’esordio del 1935, non aveva avuto mai una riedizione e ne restavano pochissime copie originali. E poi il romanzo ‘Prima e dopo’, non ristampato dagli anni Settanta.

 

Qualche traccia che le resta dal suo passato di traduttore?

Cliquot ha pubblicato per la prima volta in italiano sette racconti e un romanzo breve di Fritz Leiber, ‘La cosa marrone e altre storie dell’orrore’. Dedicai a questo maestro della narrativa fantastica la tesi di laurea e poi conobbi negli Stati Uniti la nipote e titolare dei diritti.

 

Com’è il rapporto con gli eredi degli autori? Sono contenti delle riscoperte?

Certe volte, come per Brianna Carafa, ne sono felici e ne nasce persino un’amicizia. In altri casi sono poco o nulla interessati o attenti solo ai vantaggi economici che ne ricaverebbero. Le dinamiche relative alle memorie familiari sono parzialmente misteriose. C’è addirittura chi considera la letteratura un mezzo poco degno per rianimare la figura del congiunto. Allora allarghiamo le braccia e rinunciamo al libro.

 

Qualche scrittore che le è stato soffiato e le sarebbe piaciuto pubblicare?

Prima di tutto Piero Scanziani, ristampato da Utopia. Poi Fausta Cialente, su cui insiste la prelazione di altre case editrici.

 

Ricorda chi ha vinto l’ultimo Premio Strega?

Non mi sovviene… Aspetti, era un’autrice morta: Ada d’Adamo.

 

Sta sbirciando su internet.

È che sono assorbito dallo scouting dei dimenticati e dimentico il presente.

 

In cui già si preannuncia copioso materiale per il futuro di Cliquot.

E già...

 

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