Foto Ansa

In Francia

La fotografia vive una crisi esistenziale. Istantanee dal festival di Arles

Luca Fiore

In Provenza è in corso "Rencontres de la photografie", il principale festival del settore. Quest'anno il soggetto protagonista delle varie esposizioni è la crisi d'identità di questa forma d'arte. Assente la fotografia italiana 

Arles. Lo stato della fotografia contemporanea? Confuso e felice. Il mito del testimone dietro l’obbiettivo è a dir poco appannato (lo è da decenni, prima ancora dell’avvento dell’IA) e molti, con la crisi dell’industria editoriale, si rivolgono al mondo delle gallerie d’arte contemporanea. Alcuni riescono, altri no. Poi c’è chi è artista fin da subito, ma non è detto che questo porti vantaggi. I Rencontres de la photographie di Arles, il più importante festival del settore, inaugurato la settimana scorsa e visitabile fino al 29 settembre, sono l’istantanea di questa crisi esistenziale.
 

La fotografia italiana brilla per la propria assenza. Fa eccezione, a La Mécanique Générale, la parete che Urs Stagel ha dedicato a quattro protagonisti della “Scuola adriatica” (Guido Guidi e i suoi allievi Cesare Fabbri, Marcello Galvani e Francesco Neri) all’interno di “Quand les images apprennent à parler”, mostra sull’imponente collezione olandese di Astrid Ullens De Schooten Whettnall, amante dello stile documentario che strizza l’occhio all’arte concettuale.
 

Invitati d’onore sono i giapponesi, in particolare le fotografe, protagoniste di ben quattro mostre. Grande sforzo quello di Lesley A. Martin, Takeuchi Mariko e Pauline Vermare che, con “I’m so happy you are here-Japanese women photographers from the 1950 to now”, hanno raccolto i 26 nomi più importanti delle artiste che hanno fatto la storia di questa arte in un paese particolarmente maschilista. Una mostra importante, ospitata negli spazi poco adatti del palazzo arcivescovile.
 

La crisi d’identità del fotogiornalismo va in scena con la presidente dell’agenzia Magnum Photo, la spagnola Cristina De Middel, che presenta all’Église des Frères Prêcheurs il progetto monumentale “Journey to the center”, dedicato all’immigrazione messicana verso gli Stati Uniti. Un lavoro sul campo, “vecchio stile”, ma con un tocco contemporaneo. Ottimo per accompagnare lunghi testi di approfondimento, ma non ancora pronto per le gallerie di Chelsea. Mentre la statunitense Debi Cornwall, all’Espace Monoprix, mette esplicitamente in discussione il valore documentario delle immagini e, con “Model Citizen”, esplora le finzioni della società americana, dalle basi militari dove si ricostruiscono scenari delle guerre in Medio oriente, alle manifestazioni dell’estrema destra.
 

Tra le mostre più interessanti c’è anche “Fashion Army”, che raccoglie una selezione delle immagini degli archivi dell’esercito americano recentemente declassificati, in cui compaiono indumenti militari indossati da modelli impacciati. Sono immagini misteriose, mai pubblicate, di cui tuttora non si conosce lo scopo. Si tratta di fotografie dal gusto retrò, ma di alta fattura: l’effetto sullo spettatore è un cortocircuito tra fascino della divisa e repulsione per la guerra.
 

Ad Arles è presente non manca il ragazzo d’oro della fotografia francese, il trentanovenne di Grenoble Vasantha Yogananthan. Dopo il successo di “Mistery Street”, esposto alla Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e all’International Center of Photography di New York, al Cloître Saint-Trophime l’artista presenta “Le Passé Composé”, l’inizio del suo nuovo lavoro a lungo termine dedicato al Sud della Francia. Quella di Yogananthan è un’opera letteraria: dove la natura documentaria della fotografia flirta con la poesia delle sfumature dei sentimenti, brodo di cultura delle epifanie.
 

Concludiamo con la regina di questo festival: Sophie Calle. “Finir en beauté” è una mostra indimenticabile, pensata per l’umidità assassina del criptoportico romano, che occupa i sotterranei di Place de la République. Qui la Calle ha collocato una delle sue serie più famose, “I ciechi”, attaccata dalle spore della muffa a seguito dell’allagamento del suo magazzino e destinata alla distruzione. L’intenzione dell’artista è che quelle immagini, suggerite dalle parole di un gruppo di non vedenti e che parlano di bellezza, si consumino e vengano assorbite dalle fondamenta della città.

Di più su questi argomenti: