François Boucher, Madame de Pompadour, 1756. Monaco, Alte Pinakothek (Wikimedia) 

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Nasce Palingenia, la casa editrice per lettori forti che punta a fare "libri per una vita"

Francesca Amé

La selezione dei titoli è un processo di vecchia bottega. "Siamo convinti di poter finalmente accontentare quei lettori forti in cerca di qualità, nel contenuto e nella fattura, tra i 70-80 mila titoli sfornati ogni anno", dice il direttore editoriale Giancarlo Maggiulli

Scommettiamo su Palingenia, casa editrice che se ne infischia delle ferie e si butta sul mercato adesso, con un Kafka della prima ora per la cui presentazione al pubblico, pochi giorni fa, si è aperto il cortile d’onore della Biblioteca Sormani di Milano. Con un nome che è la gioia di tutti quelli che hanno fatto il classico quando il ginnasio veniva ancora chiamato così, Palingenia è una boccata d’aria fresca nell’asfittico panorama editoriale nostrano: “Sì, siamo, credo, il cinquemileaeunesimo editore di questo paese, ma siamo convinti di poter finalmente accontentare quei lettori forti in cerca di qualità, nel contenuto e nella fattura, tra i 70-80 mila titoli sfornati ogni anno”, dice al Foglio Giancarlo Maggiulli, che di Palingenia è direttore editoriale.
 

Carriera ultratrentennale in Adelphi (da correttore di bozze a editor responsabile della germanistica) e una solida amicizia con Pontiggia, parla dalla scrivania della centrale operativa della casa editrice, un bel palazzo milanese dove lavora con una piccola ma super-skillata (direbbero in altri ambiti) redazione. Concepita idealmente a Venezia (“mentre passavo davanti alla casa di Aldo Manuzio” narra Maggiulli), Palingenia è nata sotto una buona stella: annovera l’economista Pierangelo Dacrema come a e Giorgio La Malfa alla presidenza. La società è sostenuta da un manipolo di imprenditori con l’uzzolo delle cose fatte per bene, capitanati da Luca Garavoglia (presidente Campari Group). L’idea, spiega Maggiulli, è di fare “libri per una vita”.
 

Per il debutto, si diceva, Palingenia ha scelto Contemplazione, l’esordio letterario di Franz Kafka, di cui ricorre il centenario della morte: è una raccolta di diciotto prose folgoranti, confezionate in cartonato telato con sovracoperta che non ci si stanca di accarezzare, con il segnalibro di raso, i Quattro Alberi di Egon Schiele in copertina, il testo originale tedesco a fronte e una nuova traduzione concepita da Margherita Belardetti (il tutto a soli 25 euro: che dire?). “Vogliamo pubblicare nel tempo tutta l’opera di Kafka, con nuove traduzioni: America avrà un nuovo titolo”, ci anticipa Maggiulli.
 

I grandi classici ritradotti, da un editore che si chiama Palingenia, ce li aspettavamo, ma poi l’occhio cade sulla libellula scelta come logo: “È tratta da una incisione di Albrecht Dürer intitolata 'Sacra famiglia con libellula' – dice Maggiulli: come questo insetto, anche noi saltabecchiamo e girovaghiamo tra i generi”. E quindi ok i classici, ma il catalogo che sfogliamo si dimostra un giacimento di letteratura e saggistica di ieri e di oggi, italiana e straniera (le collane sono diverse e tutte con nomi ispirati alla toponomastica di Venezia). Proprio in questi giorni, ad esempio, esce “Un libro che vorrei”, 186 pareri di lettura, tutti inediti, firmati da “Peppo” Pontiggia negli anni in cui era consulente editoriale sia in Mondadori che in Adelphi (“una bigamia strana, ma nota e accettata da tutti”, chiosa Maggiulli).
   

Il volume si dimostra un genere letterario a sé: Pontiggia è soavemente spietato nei giudizi e disinvolto nella lettura sia in italiano che in inglese e francese. “È un imprescindibile classico contemporaneo – continua Maggiulli – Da lui ho assorbito la maniacale attenzione al linguaggio e il valore della scrittura come ricerca della parola perfetta, che esiste sempre e va scovata”. Mentre parliamo, nella sala accanto alla redazione si lavora con gli occhi scrupolosamente vicini ai testi di carta perché nulla sfugga. Attorno, scampoli di fogli dalle grammature diverse, prove di rilegature, vari caratteri tipografici: in questo atelier del libro si coltiva il piacere della lettura con garbo artigianale. Anche la selezione dei titoli è un processo da vecchia bottega, tra letture condivise, dibattiti e confronti. Spesso si approda su lidi poco esplorati dal mass market (grande attesa per la giovane letteratura cinese: ne riparleremo in autunno) o su mete che sorprendo, come “Lo psicologo nel Palazzo”, in libreria a fine estate. È firmato da Luciano Mecacci, psicologo, storico, russista che ricostruisce un cold case in salsa moscovita ovvero la strana morte “per cibo avariato” di Vladimir Bechteerev, autorevole neurologo, psichiatra e psicologo, all’indomani di una sua visita a Stalin al Cremlino, nel dicembre del ‘27. È un documentato e godibile saggio sulla psicologia, la parapsicologia, la suggestione, il rapporto mai lineare tra psiche e potere. A proposito, Mecacci sarà tra i cento autori italiani invitati a ottobre alla Messe di Francoforte, e chissà se Saviano questo lo avrà notato.

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