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Critiche

Se gli scrittori hanno una coscienza, è affar loro e basta

Mariarosa Mancuso

Adesso che ci hanno fatto ficcare il naso nella vita di Alice Munro, che dovremmo fare con i suoi racconti?

Cosa dovremmo fare con i racconti di Alice Munro? Continuare a leggerli? (ottima scelta, sono meravigliosi). Smettere di leggerli? (perché adesso sapete, e dal vostro prossimo e dalla vostra libreria esigete assoluta moralità). Bruciarli nella loro edizione dei Meridiani Mondadori, rilegata in pelle blu, onde scacciare il maligno? (tra l’altro, era faticosa da leggere, la stampa sulla carta sottilissima faceva trasparire le righe della pagina successiva).
 

Meglio sarebbe smettere di ficcare il naso nelle rivelazioni sul secondo marito che insidiava la figliastra (pare fosse cosa nota, tra i letterati canadesi). Nulla, ma proprio nulla, è cambiato nei racconti di Alice Munro, vincitrice del Nobel 2013. Non una parola, né una virgola, né un dialogo, né una scena, né la fanciulla “con i denti davanti così storti che sembrava stessero per litigare”. È cambiato soltanto lo sguardo di chi legge: il vostro, se siete convinti che un comportamento non proprio specchiato in famiglia macchi indelebilmente la qualità dei racconti o dei romanzi.
 

Quanto alla coscienza degli scrittori, se ne hanno una, è affar loro e basta. Anche la vita privata dovrebbe essere affar loro. È orribile curiosare nelle corna o nelle scivolate morali dei registi, dei pittori, o degli scrittori (al meccanico che aggiusta la macchina chiediamo solo di stringere bene i bulloni, se poi è ladro lo denunciamo). Diciamo scrittori, perché il sesso non c’entra. È il continuo inno alla “sensibilità femminile” – come se questa fosse il gran pregio di Alice Munro, non l’occhio finissimo e la scrittura cristallina – a mettere in imbarazzo le lettrici che ora vorrebbero voltarle le spalle. Ma non osano. È dura rimangiarsi pagine di lodi che non parlano di letteratura, ma di un sesso moralmente superiore.
 

Molta splendida letteratura – no, candidati al Premio Strega, non stiamo parlando dei vostri libri – è stata scritta da gentaglia. Gentaglia: ma con loro non dobbiamo fare affari, né a loro dobbiamo affidare i nostri figli. Sanno scrivere, basta per rallegrarci la vita.

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