Corrado Augias (foto LaPresse)

Revisionismi

Augias e Mauro rileggono la storia della “svolta di Salerno” del 1944. Sbagliando di grosso

Ortensio Zecchino

I due giornalisti, su La7, attribuiscono l'estromissione dei comunisti dal governo Badoglio a un ricatto di Washington. Ma la verità storiografica è un'altra

Un paio di giorni fa il distratto scorrere del telecomando ha fermato su La7 le immagini di Corrado Augias ed Ezio Mauro in “Torre di Babele”, una trasmissione condotta dal primo, in cui i due dialogavano in compiaciuta sintonia sul libro di Mauro, La caduta del fascismo. In sequenza sono saltate fuori due perle, rispettivamente su Togliatti e De Gasperi. Nel sottile ping-pong sono state propinate due “verità”, che per la loro ormai acquisita ovvietà non avevano bisogno che di essere appena ricordate, tra complicità di sguardi e brevi accenni: Togliatti, nel ’44 ritorna da eroe in patria dopo il lungo esilio e, in piena autonomia da Mosca, con alto senso dello stato, per contribuire alla sua ricostruzione, mette da parte interessi di partito e promuove la mitizzata svolta di Salerno; tre anni dopo De Gasperi torna dal viaggio in America e caccia i comunisti dal Governo, in obbedienza al diktat di Washington che aveva usato l’arma del ricatto economico. Un bell’esempio di due vulgate, con plateale capovolgimento della verità storica, legate dal filo rosso di un pervicace pregiudizio ideologico! 

Togliatti. Documenti emersi dagli archivi moscoviti dopo la fine del comunismo e pubblicati  in Italia da Elena Aga Rossi e Victor Zaslavsky (Togliatti e Stalin. Il Pci e la politica estera staliniana negli Archivi di Mosca, Bologna, il Mulino 2007) hanno documentato che Togliatti, in vista del rientro in Italia, dopo vari tentennamenti e cambi di rotta, aveva abbracciato la linea dura della perentoria richiesta di allontanamento del re e del non riconoscimento del governo Badoglio, ma fu energicamente costretto da Stalin a cambiare linea, in un non facile colloquio, che doveva restare segreto e che tale è restato fino all’apertura degli archivi moscoviti. Si è potuto così apprendere che l’incontro non avvenne nel febbraio del ’44, ma nella notte del 4 marzo, mentre l’inviato di Stalin, Alexander Bogomolov, da qualche ora, aveva già incontrato Badoglio a Salerno per comunicargli che “Mosca è pronta a riprendere rapporti ufficiali con l’Italia”. Il dittatore sovietico aveva in quel tempo il preminente interesse a non essere intralciato dagli alleati nel consolidamento del controllo sui paesi dell’Europa orientale e aveva perciò fissato ai comunisti italiani l’obiettivo di assumere la guida delle forze di sinistra per puntare alla conquista del potere per via elettorale, in una condizione di convivenza concorrenziale con la “frazione democratica del capitalismo”, anche contro la quale in una fase successiva si sarebbe poi aperto l’inevitabile conflitto. Purtroppo Elena Aga Rossi e Victor Zaslavsky, che hanno dato voce ai nuovi documenti emersi dagli Archivi moscoviti, hanno dovuto prendere atto che in Italia il “mito” della svolta di Salerno è tabù. La storiografia italiana, in cui l’approccio “togliatticentrico” è radicato non soltanto tra gli storici di orientamento comunista ma anche tra quelli di orientamento cattolico, ha accolto questi nuovi materiali dagli archivi sovietici con una pronunciata diffidenza (l’unico che capì subito le ragioni vere della “svolta di Salerno” fu  Benedetto Croce,  che affidò le sue azzeccate congetture al suo Diario).

De Gasperi. La storiografia, quella che fa la storia con rigore scientifico, ha da tempo archiviato la connessione logica tra il viaggio in America di De Gasperi e la cacciata dei comunisti dal governo, mostrando prove che rendono evidente come la decisione fosse maturata ben prima e rispondesse a radicati sentimenti anticomunisti dello statista trentino e alla sua precisa scelta di legare l’Italia all’occidente libero, con la conseguente incompatibilità della presenza comunista al governo. Tante ormai le fonti disponibili, tutte vagliate e confermate da Piero Craveri, storico rigoroso, di riconosciuta autorevolezza e immune da faziosità ideologiche. Peccato che al formarsi della coscienza storica collettiva incidano più le “vulgate”, con ampio ascolto sui nuovi mezzi di comunicazione di massa, che i veri libri di storia!