Indagine senza strumentalizzazioni sulla “Dc che si muove verso sinistra”

Ortensio Zecchino

Il mistero delle parole di De Gasperi riemerge in un articolo del Corriere. Una frase che, sebbene sia stata pronunciata, ha avuto molte strumentalizzazioni nel corso dei decenni

Il Corriere della sera del 31 luglio scorso, nella rubrica “Risponde Aldo Cazzullo”, con il titolo "Alcide De Gasperi non guardava a sinistra" ha riproposto l’antica questione sulla celebre frase attribuita a De Gasperi: “La Dc partito di centro che si muove verso sinistra”, che ha poi conosciuto diverse varianti (“Dc partito di centro che marcia verso sinistra”, “Dc partito di centro che guarda a sinistra”). Citata a proposito e a sproposito, la sua origine è da sempre avvolta nel mistero. Il Sette del Corriere della sera del 22 gennaio 2004 aprì una piccola inchiesta per venirne a capo, registrando voci discordi. A negarne l’esistenza, tra altre, vi fu anche quella particolarmente autorevole di Arnaldo Forlani, già segretario della Dc. Ma l’inchiesta non approdò a certezze. 

 
Cazzullo, rispondendo alla domanda di un lettore, nega anch’egli che la frase sia mai realmente esistita, motivando che De Gasperi non poteva averla pronunciata perché “non guardava a sinistra, ma avanti, e non era uomo di centro-sinistra”. Questa sua opinione, pienamente condivisibile, contribuisce a fare giustizia di facili strumentalizzazioni a cui la frase s’è prestata. Particolarmente nel tempo della fine della Dc è stata infatti molto sbandierata come preconizzazione della dissoluzione a sinistra del partito. In quell’espressione si volle infatti leggere la programmata parabola del partito che, muovendo verso sinistra, era destinato a raggiungere il definitivo approdo proprio a sinistra.

 

Ciò chiarito, va però detto che quella frase è realmente esistita. Non fu pronunciata, ma comparve, più impegnativamente, in uno scritto dall’alto valore strategico, precisamente nel Popolo del 10 aprile 1945, nel fondo intitolato Il discorso di Togliatti, firmato G. A. (Giulio Andreotti). Togliatti in un discorso al secondo Consiglio nazionale del suo partito, aveva lanciato la proposta di un ‘patto politico’ con la Dc. Si era in giornate altamente drammatiche, diciotto giorni prima della fucilazione di Mussolini, nelle quali cominciava a prendere corpo la dialettica tra i partiti. Il fondo firmato Andreotti, ma concordato anche nei dettagli con De Gasperi (come confermatomi personalmente da Andreotti), era chiamato a dire parole chiare ai suoi potenziali elettori. Nell’articolo si precisava che “la cooperazione per il bene del paese non può spingersi al di là dell’attività contingente, per superare in uno spirito di concordia nazionale i gravi problemi di congiuntura”, ma richiedendo a tutti “l’impegno a rispettare la reciproca libertà di affermazione delle proprie idee, eliminando ogni ricorso a violenze e sopraffazioni…”.

 

Nell’articolo si stigmatizzava poi “l’impostazione classista della lotta politica [del Pci]  imperniata su una tendenza a disistimare le classi non operaie e si elogiava invece la libera gara fra tutte le forze sociali (dalla media e piccola industria all’artigianato, dalla piccola proprietà agraria al bracciantato) che esige il concorso solidale dei larghi ceti medi, i quali possono essere alleati degli operai, ma non intendono essere sottomessi a pregiudiziali di carattere classista”. E qui la frase destinata a diventare celebre: “Che tendenze ci siano in un partito di centro che si muove verso sinistra al fine di soddisfare le sane aspirazioni del popolo è un fatto naturale e vitale che non compromette quella unità d’indirizzo che invano si crede di poter incrinare tentando di far leva su questa o su quell’altra tendenza”. Stava in definitiva a cuore alla Dc di affermare come elemento identitario, l’interclassismo, che imponeva massima attenzione anche verso le classi socialmente più deboli, da sottrarre all’egemonia della sinistra. 

 

Dieci anni dopo, in un discorso a Milano, il 18 ottobre 1953, di fronte alle polemiche già divampate, De Gasperi volle dare l’interpretazione autentica della celebre frase: “Spero che non vi perderete intorno a questa terminologia falsa di sinistra e di destra, è terminologia sbagliata e ingannatrice perché vi sono dei sinistri in senso giacobino, eredi dell’anticlericalismo passato, i quali sono sinistri perché anticlericali, ma quando si tratta di difendere i propri affari allora sono destri… Cerchiamo d’intenderci. Se sinistra vuol dire – e io contesto che questa parola abbia sempre tale significato – apertura verso il progresso sociale, verso la giustizia per i lavoratori, allora non è vero che noi non andiamo o non vogliamo andare verso sinistra: siamo per principio a sinistra in questo senso” (M. R. Catti De Gasperi, De Gasperi uomo solo, Mondadori 1964, pp. 388). 

 

A sgombrare il campo da ogni strumentalizzazione, nel 1958, provvide, con la consueta nettezza, Sturzo che corroborò il senso datone da De Gasperi, pur non lesinando critiche alla formulazione letterale dell’espressione: “E’ vero che De Gasperi usò quella frase, infelice e contraddittoria, perché se la marcia a sinistra si dovesse compiere, la Dc cesserebbe di essere partito di centro. Ma quale uomo politico e pratico, egli intendeva solo orientare la Dc sopra i problemi sociali” (L. Sturzo, L’equivoco: centro-sinistra, nel Giornale d’Italia, 14 giugno 1958).