la mostra
Il candore disarmato di William Congdon al meeting di Rimini
Il ritratto intimo di un legame tormentato e viscerale con la tela: una nuova mostra curata da Ubaldo Casotto ci fa riscoprire il tormentato percorso artistico, e personale, del pittore statunitense
“Quando ho incontrato William Congdon a Parigi, ciò che in lui mi ha colpito è stata la sua dolcezza di una strana profondità, un candore assolutamente disarmato, una vulnerabilità di fronte a tutti gli strali spirituali, e non solo quelli provenienti dalle angustie di questo mondo e dalla bellezza che ferisce i nostri sensi, ma anche gli strali delle sfere ultraterrene. Con lui, come con Rouault (per quanto diversi siano i due pittori), ho sentito quella sorprendente rassomiglianza fra l’uomo e l’opera, che è la caratteristica degli artisti di genuina grandezza”.
Con queste parole il filosofo e politico francese, Jacques Maritain (1882-1973), apre la sua intensa introduzione al volume “Nel mio disco d’oro”, progetto editoriale pensato dallo stesso William Congdon nel 1961 e dedicato a don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana di Assisi (J. Maritain, Presentazione, in W. Congdon, Nel mio disco d’oro, Pro Civitate Christiana, Assisi 1961). Due sono gli elementi attraverso i quali Maritain sceglie di presentare, in queste prime battute, l’artista: il candore disarmato e l’identità profonda tra arte e vita.
Chi avrà la fortuna di visitare la mostra “L’essenziale è visibile agli occhi. Il giro del mondo di William Congdon” che Ubaldo Casotto, in collaborazione con The William Congdon Foundation, ha curato per il Meeting 2024, si troverà di fronte alla possibilità di verificare questi due caratteri cruciali in modo tangibile.
Non solo alcune magnifiche opere dell’artista, tra cui una inedita proveniente da Santorini, si offriranno allo sguardo e all’“ascolto” dei visitatori, ma soprattutto la “presenza” dell’artista grazie a due importanti documentari-interviste, proiettati in mostra, i cui testi potranno essere riletti e meditati in catalogo, insieme alla ripubblicazione del romanzo epistolare di Pigi Colognesi, “William Congdon – L’avventura dello sguardo”, edito nel 2009.
Documenti, le opere e le parole, che permetteranno di “toccare” con gli occhi e con il cuore il legame viscerale e inscindibile, tormentato e meraviglioso, che ha unito Congdon al suo lavoro, e la delicata sensibilità, una sorta di pudore, con cui la sua voce ci accompagna lungo la sua vita, facendoci partecipi dei risvolti più intimi del suo animo.
Perché William Congdon, uomo solitario e riservato, che si è tenuto lontano dalle lusinghe del mercato e da ogni evento mondano, ha sempre messo la sua esperienza umana, artistica e spirituale al servizio degli altri, insieme ai dubbi, alle fragilità, alla costante ricerca di senso e di verità che hanno caratterizzato il cammino della creazione pittorica e della conversione di fede, avvenuta il 29 agosto del 1959, ad Assisi.
L’urgenza di esplorare anche tramite la parola, il logos, i sentieri della creazione artistica è testimoniata dall’esercizio di una costante riflessione scritta, condivisa con un ampio e variegato circolo di amici e intellettuali che si sono interessati alla sua opera. L’andamento delle giornate, il lavoro su un soggetto o un dipinto, il ricordo della giovinezza, la descrizione di episodi apparentemente banali che segnano il suo animo, la visione di luoghi lontani nei molteplici viaggi attraverso i Continenti, evocati dal sottotitolo di questa mostra, costituiscono importanti e imprescindibili testimonianze per riflettere, oggi, sull’eredità di un grande artista e di un uomo di fede.
Ciò che emergerà accostandosi alla sua figura è che nulla nella vita di William Congdon è stato dato per scontato. L’appartenenza ad una classe sociale alto borghese e la possibilità di seguire un destino di tranquillo benessere, sono state le prime, comode certezze ad essere sofferte e allontanate, a favore di un impulso che conduceva il giovane uomo verso un destino di pienezza e verità. La scelta di partire come volontario, conducente di ambulanza, durante la seconda guerra mondiale, porta Congdon a contatto con la tragedia generata dal conflitto che vede negli ospedali da campo e lungo le linee di combattimento, fino a guardare negli occhi il male assoluto, entrando nel campo di sterminio di Bergen Belsen. Il suo animo di artista, ancora in embrione, non può rimanere in silenzio: la sua mano inizia a disegnare. Perché l’arte può raccontare il male, può dire la tragedia e la sofferenza. Perché l’arte può e deve trasformare il dolore in speranza.
L’avvicinamento ai tempi sacri, dopo la conversione, avviene gradualmente, seguendo un percorso tormentato, perché rappresentare il mistero cristiano vuol dire rappresentare una “profezia”. Congdon è consapevole che il suo intero percorso artistico è stato costantemente indirizzato alla ricerca del valore profondo dell’arte, della sua essenzialità e verità che non coincidono con il soggetto né con linguaggi facili e già sperimentati. L’arte, la vera arte, ci chiede di osare, di intuire ciò che trascende la nostra comprensione, di guardare oltre ciò che è custodito nelle forme del reale. Come le mele di Cézanne che parlano al cuore di Congdon per la loro essenzialità, per la loro “melezza” (titolo di uno dei dipinti in mostra), perché il grande artista francese ha colto il sacro attraverso e oltre la quotidianità dell’oggetto. Le sue nature morte sono – come afferma nell’intervista rilasciata a Ubaldo Casotto nel 1992 – “la Madonna delle mele”. E, sicuro di scandalizzare il suo auditorio, aggiunge: “Cézanne dipingeva la Madonna, non le mele. Mentre Raffaello dipingeva le mele, spesso, e non la Madonna”.
Congdon cerca di farci riflettere sulla crucialità dell’espressione del sacro in ogni tempo, perché, citiamo ancora le sue parole, “una vera opera d’arte ci afferra, ci impegna e non ci lascia vagare fra i nostri abituali preconcetti e pregiudizi come una passeggiata a piacere. Ci sfida, piuttosto, ci spinge verso nuovi orizzonti, verso un nuovo mondo. Oppure ci sfugge addirittura, per poi rinascere in noi un giorno e non importa quando”.
Micol Forti - Responsabile della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani
La mostra “L’essenziale è visibile agli occhi. Il giro del mondo di William Congdon” (a cura di Ubaldo Casotto, progetto allestimento Martina Valcamonica, progetto grafico Annalisa Titolo), con una intervista video all’artista realizzata nel 1992 e quattordici opere prestate da The William Congdon Foundation, sarà esposta alla 45esima edizione del Meeting di Rimini (20-25 agosto 2024). Il testo di Micol Forti è la prefazione del volume “William Congdon. L’essenziale è visibile agli occhi” a cura di Ubaldo Casotto con uno scritto di Pigi Colognesi, Dario Cimorelli Editore.