Età e generazioni
Oliviero Toscani e i forever young spiazzati davanti al venire meno della loro genetica certezza
Benessere, boom economico, vaccini: per chi è nato negli anni '50, al sicuro dalle due guerre mondiali, l'esistenza sembrava potenzialmente un viaggio infinito. Eppure le cose cambiano: tutto insieme ci si ritrova anziani e deboli, impreparati di fronte alla vita che si conclude
Dal Corriere del 28 agosto. Oliviero Toscani, come sta? “In un modo come non sono mai stato prima. Sto vivendo un’altra vita. Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c’era”. Fino a poco tempo fa si sentiva un ragazzo, dice. Poi una mattina si è svegliato molto malato, e aveva 80 anni, anzi, 82. Vecchio, in un giorno. Toscani dice una cosa vera di una buona parte della sua generazione. E’ molto più in là negli anni di me, ha l’età dei fratelli maggiori, degli amici più grandi di quando ero diciottenne. Sessantottini o sessantottati – comunque, passati da quelle parti. Bambina, dalle finestre di casa a Milano li vedevo sfilare, il pugno alzato, e mi sembravano giovani eroi. Di fatto avrebbero distrutto i salotti buoni, le posate d’argento, le gonne scozzesi sotto al ginocchio delle liceali. Di fatto, per me ragazzina, “loro” erano rivoluzione: femminismo, canne, liberazione sessuale, e il mondo da scoprire, on the road.
Avevo anche io il mio salotto borghese da distruggere, e che Dio fosse morto, poi, me ne ero precocemente convinta. In questa tensione, i ventenni o poco più del ’68 mostravano una tacita, quasi genetica certezza: forever young, noi saremo giovani per sempre. Forse ogni generazione nell’adolescenza lo crede? Ma a quelle precedenti, in Italia, con due guerre la morte era passata così vicina, che la vecchiaia pareva un desiderabile lusso. I bambini d’inizio anni ’50 invece erano venuti su nella pace, col primo benessere, e poi il boom; e vaccinazioni che cancellavano secoli di malattie mortali. Comprensibile, che si credessero giovani per sempre.
Io me li ricordo: le sere infinite a parlare di rivoluzione, le canzoni, le chitarre, le nuove donne, sfrontate, belle. La pillola, i cortei pro aborto esondanti nelle strade. Lo hanno cambiato davvero, il mondo. Oggi che, per parte mia, contemplo le rovine di questa rivoluzione, certa ormai solo di un Dio che non era affatto morto, comprendo lo stupore di Toscani, svegliatosi ottantenne da un giorno all’altro.
Vecchio, all’improvviso. Intollerabile. Chiamerà Cappato, dice, sbalordito. Ne conosco, che hanno reagito così. Noi forever young, com’è possibile? Provo una tenerezza per questi fratelli maggiori di un tempo: così impreparati – come a scuola, la mattina, non avendo aperto il libro. Ne conosco, anche, alcuni che alla fine si sono ricordati di un’altra canzone: “Knockin’ on Heaven’s door”, sempre Dylan. E credo che Dio, come a ognuno che bussa, abbia aperto.