Un ritratto di Balzac (Wikimedia commons)

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Artista vs. Lusinghe del Mondo, un match non scontato secondo Balzac

Marco Archetti

Tra titanismo romanticheggiante  e nobili esagerazioni del letterato alle prese con l'arte. Tornano in libreria “Gli artisti” e “Pierre Grassou”

Si narra che Isaac Newton, che s’era messo a meditare sotto un albero, sia stato ritrovato nel medesimo luogo, la mattina successiva, nella stessa posizione. Si narra che credeva fosse ancora il giorno prima. Lo scrive Honoré de Balzac ne Gli artisti, saggio pubblicato per la prima volta in Italia e che l’editore Clichy presenta in un unico piccolo volume unitamente a Pierre Grassou (136 pp.,  15 euro), breve storia uscita nel 1839 all’interno di un’opera collettiva destinata al finanziamento della Société des Gens de Lettres da Balzac presieduta, che racconta di un anonimo mediocre che riesce a farsi passare per pittore di vaglia imitando Tiziano e Rembrandt. Grazie a un mercante d’arte astutissimo, Élias Magus – “l’usuraio delle tele” – avrà successo, soldi e l’ammirazione dei più. Ricorda qualcosa?

Ricorda molto, forse tutto, in fondo la vita è così da quando esiste e Balzac, l’uomo che, in cambio di un’opera ineguagliabile come La Comédie humaine ha rinunciato a una vita di sonno trangugiando quantità marittime di caffè (novantacinque romanzi in ventun anni di attività, avete letto bene), quella vita e quel mondo li conosceva bene, in sé e fuori di sé. Frequentava i salotti, aveva dilapidato cifre considerevoli in imprese commerciali del tutto prive di possibilità (“Ho più di centomila franchi di debiti” confesserà, dopo l’ennesima speculazione andata male, alla donna che sposerà cinque mesi prima di morire), aveva sognato in una mansarda un successo letterario che non arrivò immediatamente, insomma, visse molto e molto scrisse, e forse è per questo che tra le sue pagine si respira la verità. Tutta la verità anche, ovviamente, sul denaro. Chi ha raccontato il denaro meglio di Balzac? Viene in mente Mike Tyson, che nella sua autobiografia scrisse: “Mi dissero che capivo il denaro, ma cosa c’è da capire nel denaro? O ce l’hai o non ce l’hai”. Anche il pamphlet Gli artisti, pubblicato sulla rivista “La Silhouette” nel 1830, e il racconto Pierre Grassou in un certo senso raccontano proprio questo dilemma: Artista vs. Lusinghe del Mondo – match tutt’altro che scontato.

 

L’idea dell’artista che aveva il giovane Balzac – quando scrisse queste righe aveva appena pubblicato La pelle di zigrino, romanzo che Truffaut omaggiò ne I quattricento colpi ficcandolo tra le mani di Antoine Doinel (un romanzo che parla di denaro anche quando parla d’amore) – è intrisa di titanismo romanticheggiante e di tutte le nobili esagerazioni del letterato alle prese con la Letteratura e forse non è del tutto leggibile con le lenti dell’attualità, ma è ancora validissima la difesa accorata dell’artista predestinato, questo pesce angelo: secondo Balzac l’arte è una potenza capace di plasmare il mondo e l’artista è un uomo da battaglie, un idiota estatico abituato a fare “della propria anima uno specchio in cui si riflette l’universo intero”. E il pensiero – l’unica pratica con la quale ha commercio, a dispetto di tutti e anche di sé stesso – “è contronatura”.

Va da sé, quindi, che la gente non lo capisca per niente, quest’artista che ha ingoiato un’ecumenica superficie riflettente di cui esercita le virtù che ad altri sembrano solo ignobile vizio, e che veda in lui, come il Newton di cui sopra, solo un mezzo scemo senza legami con la realtà. Pierre Grassou – “naso a trombetta, bocca larga e orecchie allungate” – non è un artista. E’ altro: un ometto mite in cui mai e poi mai potrebbe maturare e sciabordare un po’ di genio, pertanto è perfino giusto il suo destino di riproduttore, di copiatore del genio altrui. “Non era tormentato né da quell’abbondanza di sangue, né da quella violenza del pensiero, né da quella briosa comicità da cui si riconoscono i grandi artisti”. Lui lo sa? Certamente, infatti ha un’accortezza. “Si limita” – scrive Balzac, il cui specchio riflette anche noi, qui e ora – “a frequentare una cerchia borghese dove è considerato uno dei più grandi artisti della sua epoca”. Non uscire mai dalla propria bolla. E aver salva la vita.

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