spunti
Perché oggi razionalità e “religio” hanno bisogno di una nuova alleanza
L'attualità va letta e compresa di nuovo nei termini di un umanesimo condiviso che permetta a individui, popoli e culture di solidarizzare invece che contrapporsi: la sfida di un immaginario collettivo e di massa rinnovato, lontano dall'estetica della violenza e dallo storytelling a tutti i costi
L’ultimo numero di Vita e Pensiero (4/2024) si apre con due testi che prendono giustamente e molto concretamente sul serio il nome della rivista. La vita e il pensiero: cioè rendere pensante e consapevole il nostro presente modo di vivere. Il pensiero, la filosofia, la cultura e le riflessioni, anche occasionali e circostanziali, non dovrebbero dimenticare mai la vita vissuta qui e ora nel mondo.
Coloro che professionalmente sono “addetti al pensare” non dovrebbero nascondere sé stessi dietro gli apparati culturalistici e specialistici che definiscono le varie deontologie. Per questo l’editoriale di Roberto Righetto indica subito il cuore del problema culturale di oggi: “Umanesimo laico e cristiano: s’impone una nuova alleanza”. La distinzione conflittuale fra i due diversi umanesimi, che dall’Illuminismo settecentesco in poi si sono quasi sempre contrapposti, dovrebbe ormai essere superata.
Segue l’articolo di Laura Boella “La pace, l’empatia e il dolore dell’altro”, che sembra provenire direttamente dalla famosa formula di Terenzio homo sum: humani nihil a me alienum puto, che di solito veniva evocata per definire l’essenza di ogni umanesimo. Ogni essere umano, per essere umano, deve saper riconoscere sé stesso in ogni altrui manifestazione umana. Il tema viene infine ripreso da un testo di Silvano Petrosino sulle conseguenze estreme alle quali conduce oggi il deperimento, l’impoverimento delle relazioni umane nel mondo: “La tenebra, ovvero l’apocalissi del male”.
Il nostro mondo attuale va visto e compreso di nuovo nei termini di un umanesimo condiviso che permetta a tutti, individui, gruppi, popoli e culture di solidarizzare invece che contrapporsi. Si tratta sia di cultura che di mentalità, dice Righetto. E questo fa pensare a quanto la cultura di massa, sempre più invasiva, crei una mentalità anticulturale. Al di là dell’“abusato storytelling” che alimenta il mercato e il consumo di narrazioni, è sempre più necessaria la capacità di unire, nell’arte del narrare, contemplazione, verità e saggezza. Oggi si parla tanto di “storie” e di “narrazioni” proprio perché sta venendo meno una vera narrazione intesa come il “lato epico della verità”, per dirla con Benjamin. Si tratta perciò non di superare l’umanesimo come se fosse una cultura del passato e in vista di un oggi presuntamente “post-umano”, quanto invece di leggere il passato e il presente come un’unica storia filosofica, religiosa, sociale, morale, artistica e scientifica.
Di fronte ai problemi del presente, alle promesse e minacce del prossimo futuro, sia la razionalità che la “religio”, sia la dignità umana universale che il senso dei limiti dell’umano, hanno bisogno di una nuova alleanza. Righetto cita in proposito Horkheimer e Hannah Arendt, Romano Guardini e Gunther Anders, osservando anche che nelle due encicliche di Papa Bergoglio Laudato si’ e Fratelli tutti viene chiaramente indicata la direzione in cui muoversi, riconoscendo la divinità della natura e l’universalismo della fratellanza umana. Questo fa pensare al grande filosofo dell’Illuminismo Immanuel Kant e al suo accostamento del cielo stellato sopra di noi e della legge morale dentro di noi. Di fronte alle diaboliche manifestazioni di “nichilismo in nome di Dio”, le religioni vanno criticate e corrette, sia per farle dialogare fra loro che per liberarle da ogni politica “volontà di potenza”, da sostituire con l’empatia e la compassione per il “dolore dell’altro”. Senza sentire, capire, immaginare le sofferenze altrui, dice Boella, si perde la propria stessa humanitas. La pace non è, non può essere semplicemente uno scopo politico-diplomatico, è un sentimento morale che va vissuto quotidianamente.
Purtroppo oggi l’immaginario collettivo e di massa è invaso e inquinato da un’estetica della violenza, della sopraffazione, della crudeltà gratuita. Nelle merci da intrattenimento, il crimine fa spettacolo. Uno spettacolo che non è mai innocuo.