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Nuova uscita

“Caledonian Road” di Andrew O'Hagan, il romanzone di una Londra fatata e popolare

Cristina Marconi

Il protagonista, Flynn Campbell, è scozzese e della working class, ma ha lavorato bene, si è sposato benissimo e ora gode di tutti i privilegi delle chattering classes inglesi: pubblicazioni di successo, pranzi nei club del centro, ritiri campagnoli e figli lanciati in un mondo che lui si è dovuto conquistare pezzo per pezzo

Succede ogni tanto, a cadenza quasi regolare: qualcuno fa il romanzo state of the nation, opera narrativa che ha il compito di misurare lo stato d’animo di un paese. Come il Big Mac, come un indice economico, serve a capire a che punto siamo, quali sono i temi che ci stanno a cuore, le nostre paure. Per noi di solito avviene guardando indietro, forse per capire meglio da dove ripartire, mentre la letteratura britannica ci ha abituati da sempre a romanzi in cui personaggi di ogni estrazione sociale si incontrano e si intrecciano sullo sfondo immancabile di una Londra rosea o cupa, o spesso entrambe le cose, in cui qualcuno sale e qualcuno scende e il denaro e le classi sociali hanno un ruolo centrale. Il modello a cui non si può non guardare è Casa desolata, una sorta di giudizio universale in cui dalle paludi della città vittoriana alcuni riescono a elevarsi, e a salvarsi, mentre altri restano impelagati.

 

E proprio a Dickens guarda Caledonian Road, ambizioso romanzone di Andrew O’Hagan, scrittore e giornalista della London Review of Books, penna accuratissima prestata a reportage importanti come quello sulla Grenfell Tower, in cui però già si ravvisava una tendenza a voler restituire la realtà nella sua interezza, con poca selezione e una vocazione all’enciclopedico. Lo stesso accade in Caledonian Road, The Cally per quella eterogenea comunità umana che vive in quella specialissima parte di Islington: da una parte le atmosfere fatate di Thornhill Square – porte colorate e giardini frondosi – e dall’altra le labirintiche case popolari dove il futuro ha tutt’altro sapore. Il protagonista, Flynn Campbell, è scozzese e working class, ma ha lavorato bene, si è sposato benissimo e ora gode di tutti i privilegi delle chattering classes inglesi: pubblicazioni di successo, pranzi nei club del centro, ritiri campagnoli e figli lanciati in un mondo che lui si è dovuto conquistare pezzo per pezzo. Oltre a scaffali pieni di biografie, perché “forse quella era l’autentica forma letteraria britannica: la vita a tutto tondo e il suo generoso racconto”.

 

Il romanzo si apre con una lista di ben 59 personaggi, abbastanza per raccontare la città a tutto tondo, anche troppo. Nella categoria “State of the Nation”, John Lanchester con molto meno era riuscito a dire molto di più nel godibilissimo Capital, nel 2012, per non parlare di Jonathan Coe, maestro della satira sociale anche prima dei più schematici Middle England e Number 11, o di una scrittrice brillante e generosa come Amanda Craig, pubblicata in Italia da Astoria. Insomma, nella vita di Flynn va tutto bene, non fosse che a cinquant’anni suonati inizia a sentire i cigolii della crisi, ha una vicina di casa vecchia e arruffata che lo fa dannare e ha pure bisogno di soldi, motivo per cui scrive Perché gli uomini piangono in macchina?, manuale di self help destinato al successo (e con un titolo che richiama l’incipit de L’informazione di Amis, “Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente”), ma troppo commerciale per essere pubblicato con il suo nome e quindi affidato alle cure di un giovane attore rampante. La città fa da magnete per tutte le storie – “Guardare Londra lo inondava sempre di emozione, perché era come guardare la propria storia e lui sentiva di far parte di quella città. Non avrebbe saputo dire se è possibile sentirsi patriottici nei confronti di una città, ma era qualcosa di simile – casa sua, la sua gente – e in un giorno come quello era proprio bello avere certi pensieri”.

 

Ciascuno rappresenta una tendenza, una figurina di questi nostri tempi disgraziati, dall’oligarca russo all’aristocrazia ai ragazzi di strada, e purtroppo il notevole respiro dell’opera si arena spesso su dialoghi che suonano posticci e che rendono questo grande affresco di una Londra ormai in via di smembramento meno lucido e travolgente di quanto un lettore affondando in 600 pagine vorrebbe.

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