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Il follemente corretto vincerà o abbiamo gli anticorpi? Il nuovo libro di Luca Ricolfi 

Marina Terragni

Il saggio analizza come la correctness sia diventata il nuovo ascensore sociale. Amplificando la frattura tra élite e popolo, sotto la bandiera del progressismo

"Il fatto che io sia maschio, bianco e che racconti una donna a modo mio per alcuni è un problema. E’ diventato molto difficile scrivere oggi. Soprattutto per l’autocensura che scatta in me”: non vale più neanche la scappatoia del “Parthenope c’est moi”.  A Paolo Sorrentino – e a tutti, soprattutto alla gente di sinistra – consiglio caldamente la lettura de Il follemente corretto (La nave di Teseo), ultimo saggio del sociologo Luca Ricolfi. La compilation dei diktat della neolingua è suggestiva. Mai dire “elefante nano” ed “evoluzione cieca” per non incappare nella censura delle Guardie Rosse della correctness – “nano”, “cieco”, “grasso”, “vecchio” sono parole al bando, idem “normale” che non si può usare nemmeno per lo shampoo. Dio ci scampi dal jack maschio e femmina. In ogni occasione sociale dichiarare che pronome sei (ae, ey, they, ve, xe, ze), ed evitare come la peste termini escludenti tipo “donna” e “maternità” (per le donne la faccenda è particolarmente dura: chiedere a J. K. Rowling). 


Niente Natale, semmai Solstizio. “Le petit nègre” di Debussy non va eseguito. Roald Dahl viene riveduto e corretto dai vigilantes di Inclusive Mind: per l’arte e la letteratura il vaglio è a maglie strette, una “Corea del nord della mente”, la chiama Hanif Kureishi. Lavoratori intellettuali a ogni livello, dagli uffici stampa ai docenti, costretti ad adeguarsi e a propagare il neo-verbo per non perdere il posto. Dire “lista nera” è razzista, perfino il risotto al nero di seppia è sospettato di black facing. E così via. Uno strepitoso stupidario che però dilaga con incalcolabili effetti sociali. 

 

                           
L’idea iniziale di Ricolfi era un dizionario del politicamente corretto ma “il compito era impossibile… perché di voci ne sarebbero occorse alcune migliaia” e “il loro numero cresceva a dismisura di mese in mese”, una “nebulosa caleidoscopica in espansione”. Il progetto è quindi diventato una fenomenologia del follemente corretto corredata dall’attenta analisi di un fenomeno che “incide profondamente sulla coesione sociale… promuovendo l’ascesa di una nuova élite” sotto la bandiera del progressismo. Un “formidabile amplificatore della frattura tra élite e popolo”. Si potrebbe anche dire così: la correctness è il nuovo ascensore sociale, non ti muovi da piano terra restando “pancia del paese” se non ti converti anche con le cattive (bullismo etico) a questo culto dai tratti neopuritani. Se non convieni sul fatto – per fare un esempio, anzi l’esempio – che il sesso non esiste e quello che conta è l’identità di genere. 


Quindi “il sogno dell’inclusione si è capovolto nel suo contrario, aprendo la via ai più inattesi processi di esclusione”. Vale anche per una parte del femminismo, che ha perduto il suo tratto universalistico – tutte le donne sono sorelle – per infilarsi nel labirinto delle gerarchie intersezionali in base alle quali alcune – tipo le ebree – sono meno sorelle di altre, e lo stupro è meno stupro se a stuprare è un musulmano. Da dove viene, si chiede Ricolfi, “questo accanimento politico dei progressisti sui problemi delle minoranze sessuali?”. Perché “la sostituzione dell’ideale dell’uguaglianza con quello dell’inclusione” e “dei diritti sociali con quelli civili”? 


Che gli frega, a quelli della Festa dell’Unit@’, degli asexual e dei kinky con cui saturano il loro orizzonte svuotato dal 1989? “Siamo sicuri che abbiano il polso delle loro opinioni pubbliche?”, oltre al fatto certo di aver perso ogni contatto con le suddette pance dei paesi fissate su altre faccende, tipo salari, sanità o casa? Perché poi, come si sa, le pance votano con gli esiti che vediamo consolidarsi da tempo. Ricolfi si interroga in conclusione sul destino di quello che definisce senza giri di parole un “progetto totalitario” per “l’affermazione… di un nuovo blocco dominante”. Come andrà a finire? Il woke diventerà “la nuova religione laica dell’occidente”, con relativa sharia? O si sono già generati anticorpi e bug che lo minano al suo interno? Leggere il libro per sapere.

 

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