Remo Remotti, larger than life
Il pittore, scultore, attore e chissà cosa ancora romano avrebbe compiuto cento anni. Da Aneddoti a Zerocalcare, un alfabeto per ripercorrere una vita complessa e intensa
Cento anni fa, il 16 novembre 1924, nasceva a Roma Remo Remotti, pittore, scultore, attore, umorista, cantante, performer, scrittore e chissà cosa ancora. Quando è morto, il 21 giugno 2015, di anni ne aveva poco più di novanta e comunque restavano troppo pochi per poterlo rappresentare tutto, larger than life com’era.
A come aneddoti
E allora, siccome non si sa mai bene da dove cominciare a raccontare chi fosse, si mettono insieme gli aneddoti. Tipo che era figlio della buona borghesia romana, ma anche della chiesa cattolica e del fascismo: "Praticamente sono nato nella merda" concludeva caustico.
B come Berlino
Che nel 1968 se ne va a Berlino e vive in prima linea rivoluzione e avanguardie: ma si innamora anche "di una tedeschina di 28 anni, caruccia", cosa che fa saltare non solo il matrimonio, ma anche Remo, che un giorno si ritrova nudo in mezzo alla strada e viene gentilmente accompagnato in manicomio dai pompieri (dice lui: "Il manicomio tedesco era molto bello, c’era addirittura un supermercato").
C come Cechov
Che tornato a Roma, a metà degli anni Settanta finisce per recitare nella riduzione televisiva ne Il Gabbiano di Cechov, diretta da Marco Bellocchio che poi lo vorrà anche in Salto nel vuoto un suo film del 1980.
D come Diario segreto di un sopravvissuto
Che è il titolo del libro che nel 2006 pubblica nientemeno che con Einaudi (e adesso riproposto nel 2024 per il centenario). Storie di vagabondaggi, di eccessi, di rapporti con artisti e di pentimenti, cuciti insieme con versi in cui declama in modo esplicito la sua ossessione bukowskiana per il sesso.
E come Emilio Vedova
Che a Berlino per qualche anno diventa assistente di Emilio Vedova.
F come Fregnocentrismo
Che, come ha scritto Gianluca Marziani, critico di arti visive, citando Remotti e un suo celebre motto, “La fregna regna”, è "un inno da curva in uno stadio filosofico, la catarsi verbale dell’asceta urbano […]. Remo ha capito che quella sottile linea rosa è detonazione ed esplosione infinita […] il vero non-luogo filosofico e sensoriale, l’esperanto del corpo magnetico, un dono che si offre per moltiplicazione senza ripetizione. Remo non ha mai rinunciato a evocarla con un linguaggio intriso di romanità, richiamandola come un mantra di periferia, sempre con quel modo che non prevede discepoli ma amplificazioni collettive di un effetto verbale".
G come il grido di Remo
E, ancora Gianluca Marziani, a proposito di quel modo espressionistico sia che fosse su carta o tela, da artista visivo, o da performer di strada, scrive che "il grido di Remo scivola sotto i ponti del Tevere, s’incunea verso Borgo Pio e il Vaticano, varca il Rione Prati e sale verso la collina dei Parioli, entra dentro Villa Borghese e arriva nel Tridente per poi raggiungere Piazza Venezia, solcando il margine delle mura antiche, toccando San Giovanni e l’Appia, fino ai Castelli per deviare verso Ostia e Fregene, davanti al mare che ha visto morire Pasolini, davanti alle vie storiche che escono dalla città, tra strade piene di mignotte, su quei sampietrini che hanno registrato il rumore polifonico del mondo"
H come Ho rubato la marmellata - Vita di un artista politicamente scorretto
Il documentario che, poco dopo la sua scomparsa, Gioia Magrini e Roberto Meddi gli hanno dedicato.
L come Loy e Altomare
Remo Remotti alla fine degli anni Cinquanta sposa Maria Luisa Loy, sorella del regista Nanni Loy. Nel 1974 il duo musicale Loy e Altomare – Checco Loy è figlio di Nanni – compone una canzone A zio Remo, che apre il loro LP Chiaro.
M come Mamma Roma Addio
Il cavallo di battaglia di Remo Remotti, quella lunga serenata-invettiva alla sua città che lascia all’inizio degli anni Cinquanta per andare in Sudamerica, e che negli anni è diventato un inno involontario a quel suo tormentato rapporto materno-matrigno.
N come Nanni Moretti e gli altri
Alla fine degli anni Settanta conosce Nanni Moretti e finisce dentro in tre film: Sogni d’oro (1981), Bianca (1984) e Palombella rossa (1989). Ma recita anche coi fratelli Taviani (Il prato, 1979), Ettore Scola (La terrazza, 1980), Nanni Loy (Mi manda Picone, 1983), Carlo Mazzacurati (Notte italiana, 1987), Carlo Verdone (Ma che colpa abbiamo noi, 2003), Silvio Soldini (Agata e la tempesta, 2004) e, addirittura, nel 1990 ne Il Padrino – Parte III di Francis Ford Coppola.
P come Perù
Laureatosi in giurisprudenza nel dopoguerra, se ne va da Roma nel 1951, destinazione Perù: ci rimane quasi sette anni e lì scopre la sua creatività di artista figurativo: non smetterà praticamente mai di dipingere e disegnare.
R come Reloaded
Per i cento anni di Remo Remotti, diversi artisti romani hanno interpretato Mamma Roma Addio: Carlo Verdone, Carl Brave, Alessandro Mannarino, Valerio Mastandrea, Ditonellapiaga, Daniele Silvestri, Tommaso “Piotta” Zanello, Luca Barbarossa, Emanuela Fanelli.
S come Sigmund
In Sogni d’oro indimenticabile è la scena in cui Remotti interpreta la parte di Sigmund Freud.
T come Teatro Alberico
A metà anni Settanta, qui, grazie all’amico artista Renato Mambor, che Remotti inizia a recitare le sue strampalate performance situazioniste.
U come Underground
E diventa così, per quarant’anni, un’icona della cultura underground romana.
V come "Volemose bene…
… brutti stronzi!".
Z come Zerocalcare
Nella cover del reloaded di Mamma Roma Addio! Zerocalcare ha disegnato Remo Remotti con cappellaccio a larghe tese, foulard, occhiali e barba bianca.