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pochi ma buoni

La casa editrice 21lettere: porte aperte agli aspiranti autori

Antonio Gurrado

Sei libri all’anno, ma buoni. Tanto da vincere un premio Strega europeo nel 2022 con "Punto di fuga" di Mikahil Shishkin. "Noi siamo lì, sul mercato ampio, e chi ci conosce ritorna”

A Modena c’è un punto di passaggio che congiunge le due principali piazze del centro, quella del Duomo e quella del mercato; lì, temerariamente, nel 2020 Alberto Bisi e Valentina Testi avevano deciso di aprire la sede di 21lettere, per giunta con una porta a vetri al piano terra. I passanti potevano sbirciare direttamente sulla scrivania dell’editore. Nelle giornate di sole, si creava una vera e propria processione di aspiranti scrittori e curiosi più o meno invadenti, tutti pronti a suggerire qualcosa (o sé stessi): “E cosa fai, li lasci fuori?”, spiega Bisi al Foglio. “Non ti fermi ad ascoltarli? Allora il lavoro sta fermo e la testa va altrove”. Questa permeabilità discende dalla caratteristica principale di 21lettere, una semplicità nell’approccio quasi disarmante. La denuncia la stessa ragione sociale: in effetti, qualsiasi libro sia mai stato prodotto su questa terra è frutto della combinazione dei minuscoli pezzettini d’alfabeto, e il nome della casa editrice fa riferimento a quello italiano, che abbiamo imparato sull’abbecedario. Le copertine, lucide e coloratissime, illustrano in modo creativo ma chiaro il contenuto di ciascun volume; i titoli pubblicati ogni anno sono soltanto sei e per sceglierli, continua Bisi, “il caso è il criterio. La bellezza, secondo noi. Non c’è un modo preciso, ed è questo a renderlo così affascinante. Ci piace cambiare e ne siamo un po’ costretti; l’elemento che li accomuna è una qualità senza compromessi”.

 

Con uscite così risicate, appare ancora più ragguardevole il parterre di autori: oltre a Mikahil Shishkin (vincitore del Premio Strega europeo 2022 con “Punto di fuga”) e alla giornalista ucraina Katerina Gordeeva (insignita del Premio Anna Politkovskaja), ci sono Walter Mosley, Bernardo Atxaga, Clare Mulley, i grandi affreschi storici di Jean Diwo, la commedia siciliana di Raffaello Di Mauro, la sudcoreana madrelingua giapponese Yu Miri… Non è sorprendente che l’opportunità (e la responsabilità) di pubblicare nomi di rilievo ricada sul piccolo marchio fondato da un ex commercialista con un master in editoria e da una ex responsabile del customer care di una grande azienda di consulenza? “Parlando di piccoli marchi, più che di responsabilità si tratta di sopravvivenza”, spiega Bisi: “Se trovano una nicchia, raccolgono le briciole e cercano di stare in equilibrio. I grandi gruppi hanno questa responsabilità. Noi siamo piccoli, ma facciamo le cose a modo nostro. Certo, nel caso, pagheremo le conseguenze sulla nostra pelle”. Tanto più, continua, in un mondo in cui i lettori sono cambiati rispetto agli anni Ottanta o Novanta, quando “la gente parlava con un lessico più ricco”. Ora i lettori, per certi versi, vanno stanati. 21lettere non prevede abbonamenti che magari consentano agli acquirenti di ricevere ogni anno il pacchetto delle sei uscite, ma punta sul tradizionale metodo di guadagnare la fiducia tramite la qualità: “Noi siamo lì, sul mercato ampio, e chi ci conosce ritorna”.

 

Tornano anche gli aspiranti autori. Oggi la sede di 21lettere non è più nel centro di Modena, ma i passanti coi manoscritti non sono stati lasciati a vagare invano fra le due piazze. “Noi li leggiamo tutti”, assicura Bisi, “e ci teniamo a mantenere quest’apertura, in linea con il nostro approccio. Fare bene le cose non significa darsi un tono, che spesso anzi camuffa carenze. Cerchiamo di restare alla mano”. Il recapito a cui inviare le proprie proposte – sapendo però che sei titoli all’anno sono pochissimi – si trova sul sito della casa editrice: “Inoltre, proprio per la nostra apertura, abbiamo istituito il premio 21racconti, allo scopo di dare spazio a nuove leve”. La scadenza per l’invio è fine febbraio; ogni partecipante deve versare ventuno euro, ma il vincitore, fra i ventuno finalisti, ne vincerà 2.100. La scrivania della casa editrice non rischia di restare sommersa di opere in cerca di denaro facile? “Non siamo in una torre d’avorio inaccessibile. Per chi si fa avanti, più di ogni cosa, si tratta di leggere e scrivere”.