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Mode sgrammaticate

Voi che usate sempre “piuttosto che” pensando di fare i colti, fermatevi

Mattia Manoni

Nonostante serva a esprimere un contrasto tra diverse scelte, la locuzione continua ad essere utilizzata al posto di “oppure”. Un errore trasformato in tormentone da chi tenta goffamente di adoperare un parlato ricercato e con una certa aura di prestigio

Il presente è talmente carico di tragedia che a discutere di piccolezze pare di fare un torto; di peccare due volte: una perché non si parla di ciò che più dovrebbe premerci e un’altra perché discutendo di minuzie si aggiunge un po’ di quella discordia che a molti, dati i tempi che corrono, piacerebbe evitare. Ma tant’è, del resto chi ha qualcosa da dire e non lo dice è peggio di chi mente.

C’è chi proprio non sopporta chi butta le sigarette per terra o, peggio ancora, nei tombini, chi patisce le persone che non riescono a capire che qualsiasi contenuto audio sui mezzi pubblici andrebbe ascoltato con delle cuffie e chi se la prende con quelli che parcheggiano in doppia fila o sulle piste ciclabili.  
Tutte inezie se paragonate alle storie di bombe, di torture e di abbruttimento umano che siamo abituati a sentire e che alcuni nostri simili sono obbligati a vivere. Eppure, esiste qualcosa di ancora più irrisorio, soprattutto se rapportato alle disgrazie di questi nostri sciagurati tempi. Qualcosa che a pensare alle brutture attuali viene quasi voglia di non dire più.  

Ma così come il taglietto sul dito si mostra in tutta la sua irrilevanza solo se paragonato a una operazione chirurgica, quando invece, lui solo, sa dare un gran fastidio, così esistono aspetti del nostro vivere che appaiono di nessun valore se messi in rapporto al male del mondo ma che, se presi da soli, risultano detestabili. E’ il caso di un modo di esprimersi che negli ultimi anni, pur nella sua totale inesattezza, si trova sulla cresta dell’onda, soprattutto, aspetto non trascurabile, tra coloro che parlando vogliono assumere “una certa venatura di snobismo” (Wikipedia).  

Ma di cosa si sta parlando? Ciò che a fatica da diverse righe si sta cercando di trovare il modo di denunciare è l’uso improprio dell’espressione piuttosto che; un’espressione che ad oggi si utilizza erroneamente al posto di oppure: “Stasera potremmo andare al cinema piuttosto che al ristorante”. Il problema si pone perché piuttosto che è una locuzione con valore avversativo, cioè qualcosa che serve a esprimere un contrasto, un’opposizione tra diverse scelte: “Preferirei andare in montagna piuttosto che al mare”. 

Invece, in questi ultimi anni questa locuzione viene usata in modo disgiuntivo, cioè in una maniera che serve per indicare una possibilità di scelta tra diversi elementi: “Per me non fa differenza, sono disposto ad andare in montagna piuttosto che al mare, piuttosto che in collina.” In pratica, si utilizza questa espressione in modo opposto a quello in cui si dovrebbe. E nel farlo si pensa di adoperare un parlato ricercato.

Non ci si riesce neppure a consolare di questa supposta pretenziosità pensando al linguaggio come a qualcosa in continua evoluzione, come a una creatura che si modella con lo scorrere del tempo e “non per ostilità preconcetta a un'innovazione, ma perché tale slittamento di significato è portatore di un'ambiguità sostanziale che pregiudica la funzione del linguaggio”.  Ma a essere sinceri ciò che rende goffo e fastidioso questo errore è proprio il tentativo di mostrarsi colti, ricercati. Infatti, sempre su Wikipedia si legge che “l’impiego di piuttosto che nel senso di oppure, inizialmente di carattere snob, è divenuto un fenomeno sociolinguistico dilagante, che ha assunto la natura di moda”.  

Questa sgrammaticatura, infatti, sarebbe stata diffusa ad opera di “alcuni ambienti agiati del settentrione” e, ammantatasi di “una certa aura di prestigio”  e “da una certa venatura di snobismo”, si sarebbe propagata grazie a “conduttori e giornalisti televisivi o radiofonici, che l’hanno poi trasformata in fenomeno virale, rendendola un tormentone”.

Come si diceva, se si pensa a ciò che alcune persone sono costrette a vivere di questi tempi, non avrebbe senso discutere di null’altro che del modo in cui tentare di porre fine alle loro sofferenze. Eppure, a volte, parlando con qualcuno non si riesce a non pensare che, piuttosto che utilizzare male piuttosto che sarebbe meglio non utilizzarlo affatto.
 

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