il libro
La notizia della morte della cultura di massa è fortemente esagerata
Altroché scomparsa. Complici le nuove tecnologie, la cultura di massa ha raggiunto un’estensione tale da aver più o meno cancellato e resa quasi invisibile la cultura alta. L'ultimo libro di Vanni Codeluppi e qualche riflessione
Qualche mese fa su queste pagine ho recensito positivamente un opuscolo del sociologo Vanni Codeluppi intitolato I 7 tradimenti del digitale. Ora leggo su queste stesse pagine l’ampio articolo di Annamaria Guadagni dedicato a un successivo libro di Codeluppi, La morte della cultura di massa (Carocci, pp. 115, euro 13). Me ne occupo anch’io soprattutto per la ragione che, senza essere uno studioso, constato il trionfo di una cultura di massa che benché, o perché, tecnologicamente cambiata ha raggiunto un’estensione tale da aver più o meno cancellato e resa quasi invisibile la cultura alta, la cultura scritta che non esce dai libri e dai giornali.
I soli libri e autori di cui si vede traccia nella comunicazione pubblica sono quelli che compaiono in televisione. A cui si aggiunge il fatto che Internet e l’uso universale degli smartphone hanno reso impossibile la lettura di libri, riviste e giornali “cartacei” (questo è il penoso aggettivo a cui si deve ricorrere per farsi capire). Credo proprio che la notizia eclatante fornita dall’ultimo titolo di Codeluppi (morte della cultura di massa) sia una falsa notizia. Per farsi notare gli studiosi hanno inventato il termine, concetto e metafora, di “sciame”, che pretende di definire qualcosa di totalmente diverso da quello che da un secolo era chiamato massa. Gli sciami di Internet avrebbero preso il posto della massa, delle masse? Da bravo studioso Codeluppi non risparmia, anzi abbonda, a volte un po’ inutilmente, in bibliografia. Che però non credo che porti necessariamente a concludere con la svolta straordinaria che il titolo del libro clamorosamente annuncia.
Se la massa che passa ore e ore con uno smartphone in mano non è massa come quella che si limitava a cinema e televisione, partite di calcio e fumetti, questo non significa che la cultura di massa sia morta. O forse a qualcuno è sembrata morta prima di rinascere identica e anzi enormemente rafforzata dal fatto che gli smartphone hanno dotato una nuova e più numerosa massa di un mezzo che può raggiungere digitalmente qualunque informazione e nozione, qualunque libro e opera classica, nonché biblioteche, musei, cinema, teatro e concerti. E’ una massa resa massa da innovazioni tecnologiche che hanno reso obsolete, e reso superato o conservatore il ricorso ai libri e all’atto di leggerli da cima a fondo.
Una notevolissima novità nella storia della cultura o delle culture di massa è lo svuotamento culturale di quelli che ancora, convenzionalmente, chiamiamo studi universitari. Non ho fatto un’inchiesta e non ho studiato “scientificamente” il caso, ma sono stato informalmente informato nel corso degli ultimi tre decenni su ciò che è accaduto negli studi umanistici. Il tipo del docente e dello studente universitario si è modificato a fine Novecento: sia l’uno che l’altro passano più tempo davanti a un computer che leggendo libri. Perfino i filologi leggono poco: se vogliono conoscere la frequenza con cui compare un termine, una figura retorica o forma stilistica, accendono il computer. La loro memoria culturale è andata tutta “in memoria”, e questo significa che non può essere utilizzata quando si pensa e si argomenta. Gli studenti tendono ormai a iscriversi a “Scienza della comunicazione” piuttosto che a facoltà più ricche di contenuto. E questo è cultura di massa. Come è cultura di massa non comprare e non leggere giornali e libri. La massa delle informazioni che girano su internet è gigantesca. Ma la forma della formazione culturale non è più propriamente “umanistica”, non è paideia, è informatica, cioè meccanica.
L’atto di leggere classici della letteratura è ciò che distingue la cultura alta e medio-alta dalla cultura di massa. Il novanta per cento (faccio per dire) della narrativa e della poesia pubblicate nel Duemila è cultura di massa, perché è scritta da autori la cui cultura è prevalentemente di massa. E’ di massa la musica più ascoltata, è di massa la cinematografia televisiva. E’ di massa una cultura nella quale la critica culturale è scomparsa o sta scomparendo, e il nuovo pubblico middle class di massa crede che ogni prodotto e merce culturali siano di per sé un valore. Dove sono la critica d’arte, musicale, letteraria, televisiva, e perfino filosofica? (i filosofi, per prudenza, non discutono mai tra loro)
Tutto questo ci dice che la cultura di massa si è estesa e trionfa, usando tecnologie vecchie e nuove. E gli sciami? Certo la cultura di massa è attraversata da sciami. Non si dice forse che “la folla sciama”? Questo significa solo che tutto è frantumato, polverizzato e anche più veloce. La tecnologia della comunicazione e dell’informazione ha contribuito a creare una piccola borghesia culturale divenuta massa, estesa ai quattro quinti della società. Una vecchia storia.