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La scoperta

La Maddalena è lì. Nel Giudizio universale di Michelangelo c'è posto anche per lei. Basta guardare bene

Tommaso Ricci

La restauratrice Sara Penco ha individuato in una figura sul margine destro dell'opera quella di Maria Maddalena la peccatrice perdonata da Cristo. A diversi secoli dal capolavoro, l'ennesimo colpo di scena

“Una sciarada teologica”: tale è per l’indimenticato Antonio Paolucci la Cappella Sistina, dove aleggia lo spirito magno di Michelangelo Buonarroti, nato 550 anni orsono. E tuttora anche una miniera inesauribile di scoperte. Se si segue la direzione degli sguardi dei milioni di visitatori che attraversano ogni anno questa sublime incubatrice di Pontefici, nonché cuore dei Musei Vaticani, il primato va senz’altro al Giudizio Universale, la raffigurazione-prefigurazione della parousia, la seconda venuta di Gesù che porrà fine al Tempo. Sarà per il viluppo di corpi spogliati che neanche un festival del nudismo, sarà per quel gesto quasi minaccioso di Cristo giudicante vivos et mortuos che inquieta assai credenti, conclavisti, Papi neoeletti e financo la Madonna al suo fianco, sarà per il resto dello scrigno sistino costruito sulle misure del Tempio di Salomone a Gerusalemme e interamente fasciato di colorate figure della storia sacra, davanti al Giudizio si resta sempre attoniti. Capitò per primo a Papa Paolo III Farnese, il committente, che nel vederlo finito, il 31 ottobre 1541, cadde in ginocchio, sgomento, con le lacrime agli occhi

Ma il Giudizio ha continuato nei secoli a dispensare emozioni forti, fino a oggi come vedremo più innanzi. Giusto cento anni fa, nel 1925, usciva in Italia, per Zanichelli, il libro di un medico calabrese, Francesco La Cava, ove si legge: “…vidi a un tratto la figura di Michelangelo che mi guardava… un brivido mi corse per la schiena. Era proprio lui! … Da quel giorno si iniziò in me un vero tormento spirituale… Dubbi angosciosi, ricerche febbrili sulla vita e sulle opere di lui, mi occuparono per quasi due anni, durante i quali, sperando di trovare qualche traccia che chiarisse il mistero, custodii gelosamente nel mio cuore il segreto di quel volto amato, sintesi ed emblema della tragedia dell’anima di Michelangelo”. 

A ben quattro secoli dal capolavoro, colpo di scena: un dottore appassionato d’arte, visitando la Sistina, peraltro col Giudizio non sgargiante come oggi post restauro, bensì alquanto cupo, scoprì quel che a blasonati critici e storici dell’arte era sfuggito: l’autoritratto dell’artista, oggi riconosciuto da tutti, dipinto anamorficamente sulla pelle scuoiata di san Bartolomeo!

Ora, un secolo dopo, il Giudizio regala un novello coup de théâtre: la restauratrice Sara Penco ha individuato in una figura sul margine destro dei 180 metri quadrati di fine del mondo quella di Maria Maddalena, “l’evangelista della Resurrezione” (Rabano Mauro), “l’apostola degli apostoli” (san Tommaso d’Aquino), la cui festa Papa Francesco ha inserito nel calendario liturgico (22 luglio).  E a partire da lei la Penco rinomina pure la figura del portacroce che le sta a fianco, che per il “sistinologo” Heinrich Pfeiffer è Simone il Cireneo e per un altro studioso, Timothy Verdon, è Disma, il buon ladrone. No, sostiene invece la Penco, quello è Gesù Redentore, l’elemento di speranza del monumentale affresco michelangiolesco segnato da una certa terribilità. Ma Gesù c’è già, è quello che sta al centro! Sì, ribatte la Penco ma questo a man dritta è un raddoppio consapevole (e, a ben vedere, assai somigliante), già praticato in altre opere che Michelangelo aveva visto. Quanto a Maddalena che bacia la croce – e qui non possiamo affrontare la vexata quaestio sull’identità di questa donna una e trina (Maria di Magdala, Maria di Betania, l’anonima prostituta?) – essa rappresenta la peccatrice perdonata da Cristo, il cui giudizio finale non sarà perciò di condanna eterna per i peccatori, bensì di sconfitta definitiva per il Male; insomma la misericordia divina fa capolino anche in Michelangelo, uomo tormentato sì dal peccato e dalla dannazione, ma devoto e ortodosso cattolico, “più dei Papi che ha conosciuto”, chiosò una volta Paolucci.  

A sorreggere questa sua scoperta la Penco chiama a raduno vari fattori: la folta chioma bionda della donna, il vestito giallo croco, simbolo di discernimento che conduce alla salvezza, lo stretto legame spirituale e affettivo che proprio in quegli anni Michelangelo intrattenne con Vittoria Colonna, animatrice d’un circolo riformatore cattolico (benché in odore di luteranismo) e devota alla figura della Maddalena; e poi, è stata la domanda di partenza della Penco, non sarebbe strano se in questa affollata kermesse religiosa con oltre trecento personaggi allestita da Michelangelo conoscitore profondo delle Sacre Scritture – presenti tutte le figure più significative dell’avventura cristiana – mancasse proprio colei che a Gesù fu vicinissima, la prima cui apparve da Risorto e che ne annunciò la resurrezione agli apostoli? Rinvenimento eclatante, saggio talora estenuato, corredo fotografico poderoso, introduzione raffinata di Yvonne Schlobitten con sorprendenti citazioni di Georg Simmel e Romano Guardini. Onore all’editore Scripta Maneant.