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Léonie d'Aunet, l'amante di Hugo
Sollevò lo scrittore dalla depressione e fu la prima donna a raggiungere l’Artico. Il suo amore clandestino fu interrotto dall'arresto, in una Francia conquistata dal suo diario, ristampato per sette volte
Il 5 luglio 1845, il pittore François-Auguste Biard, scortato da un commissario di polizia, fa irruzione in un appartamento del Passage Saint-Roch, a Parigi. Una volta entrato, l’uomo avrà la conferma di ciò che sospettava: la moglie lo tradisce. Ma quel che Biard non immagina è l’identità dell’amante con il quale Léonie viene colta “in flagranza di reato”. Si tratta di una delle personalità più importanti di Francia, colui che i francesi hanno ribattezzato L’homme océan, l’uomo oceano: Victor Hugo. Il delitto di adulterio prevede l’arresto immediato, ma lo scrittore oppone allo sbigottito commissario le credenziali di Pari di Francia, titolo che gli garantisce l’immunità. Più che alla reputazione, al quarantatreenne Hugo preme che la notizia non giunga alle orecchie della sua gelosissima amante “ufficiale”, Juliette Drouet, e si dà da fare affinché non venga divulgata. In attesa che si calmino le acque annuncia un viaggio di tre mesi in Spagna, ma in realtà si chiude in casa (approfittandone per stendere i primi capitoli del suo capolavoro, Les Misérables…). Per la giovane adultera Léonie d’Aunet, venticinque anni, le conseguenze saranno ben peggiori: rinchiusa a Saint-Lazare, il carcere delle prostitute, ne uscirà parecchi mesi dopo grazie all’intercessione della duchessa di Orléans che la fa trasferire in un convento. Nel frattempo le viene tolta la custodia dei due figli e sospeso il sostegno economico da parte del marito. La relazione con Victor Hugo cambierà il corso della sua vita.
Il marito di Léonie, il pittore François-Auguste Biard, li coglie in flagrante. Hugo se la cava, è Pari di Francia, alla giovane va meno bene
L’incontro, un paio di anni prima, nel salotto di Madame Hamelin, esponente del movimento degli Incroyables e delle Merveilleuses, i reazionari monarchici che si esprimevano attraverso l’ostentazione del lusso riconquistato dopo la Rivoluzione. Fra tanti ospiti illustri, il polo d’attrazione del ricevimento è lei, Léonie. Da poco rientrata a Parigi, è reduce di un’avventura che l’ha resa celebre: insieme al marito ha partecipato, prima donna al mondo, a una spedizione scientifica nei mari del Nord, tra i ghiacci dell’Artico. Non ha nessuna competenza nel campo della scienza, Léonie, la sua presenza sulla corvetta La Recherche è il risultato della sua intraprendenza e di un pizzico di incoscienza. Durante una serata in casa Biard a Place Vendôme (i salotti sono fondamentali in questa storia), il botanico Paul Gaimard aveva annunciato l’imminente spedizione polare: a formare l’equipaggio mancava ancora un pittore, essenziale per documentare non solo i paesaggi ma anche la fauna, la flora e le popolazioni dei territori che si intendeva esplorare in un’epoca in cui la fotografia non si era ancora affermata. Gaimard pensò di coinvolgere il noto paesaggista François-Auguste Biard e per convincerlo chiese aiuto a Léonie affinché intercedesse presso il marito.
“Gliene parlerò a condizione che io possa accompagnarlo”, fu la risposta di Léonie. “Alle donne non è permesso imbarcarsi su una nave della Marina Reale”, aveva replicato il naturalista. “Allora non contate su di me per convincerlo”. La risolutezza di Léonie ebbe la meglio al punto che fu necessario, per aggirare il divieto di imbarco, programmare un piano alternativo: per non dare nell’occhio, la coppia Biard avrebbe raggiunto l’imbarcazione viaggiando via terra attraverso l’Olanda, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia fino ad Hammerfest, ovvero l’ultima città prima di Capo Nord, e da lì, il 17 luglio 1839, Biard e sua moglie (capelli corti e opportunamente vestita da uomo) sarebbero infine salpati in direzione delle Isole Svalbard insieme agli altri membri della spedizione.
Nel 1839, capelli corti e vestita da uomo, accompagna Biard in una spedizione scientifica della Marina Reale, “ai balli andrò al mio ritorno”
Léonie d’Aunet sarà dunque la prima donna a oltrepassare il circolo polare artico. La sua presenza a bordo suscita i commenti sarcastici dei marinai, convinti che la giovane parigina “pallida, minuta e freddolosa” soccomberà alla difficoltà dell’impresa. La diciannovenne Léonie non si lascia intimorire e perfettamente consapevole dell’unicità del suo ruolo comincia a raccogliere appunti di viaggio sotto forma di lettere inviate al fratello. L’opera, pubblicata nel 1854 con il titolo Voyage d’une femme au Spitzberg, riscuoterà un grande successo, tanto che vedrà ben sette ristampe nell’arco degli anni successivi. “L’interesse del mio racconto crescerà man mano che mi inoltrerò verso le latitudini a Nord della nostra vecchia Europa. Una volta giunta laggiù potrò attribuirmi il primato dell’originalità, essendo io l’unica donna ad aver intrapreso un simile viaggio”.
D’altra parte anche in patria i commenti dei suoi conoscenti, trascritti nel diario, non erano stati incoraggianti: “Siete pazza! Tornerete imbruttita…! Siete troppo giovane e troppo delicata per un viaggio in quei paesi spaventosi. Alla vostra età si va ai balli, non al Polo!”. Léonie riporta anche la sua piccata e orgogliosa reazione: “Questa è un’occasione unica che non si ripresenterà mai più, ora sono giovane, più avanti potrei avere dei figli e non mi sarà più possibile esporre la mia vita all’avventura. Ai balli ci andrò al mio ritorno”. E mentre gli altri fanno rilievi geografici, archiviano specie vegetali e animali, annotano dati, Léonie racconta a suo modo ciò che vede per la prima volta senza risparmiare le emozioni che il genere epistolare le consente di esprimere. Si entusiasma per i paesaggi mozzafiato: “I ghiacci, isole galleggianti che cambiano forma a ogni istante… attorno a me si scontrano architetture di ogni stile e tempo: campanili, colonne, minareti, piramidi, cupole, arcate, frontoni… impossibili da descrivere, è tutto terribile e magnifico, fantastico e reale… lo spirito allucinato si riempie di spavento e ammirazione…”. Si incanta davanti allo spettacolo dell’aurora boreale o al passaggio di un branco di balene. Con ironia e un pizzico di civetteria commenta gli incontri con le popolazioni locali, riferisce aneddoti buffi come quello in cui, rotolandosi nella neve, si lascia scivolare dalla cima di un ghiacciaio “facendo ridere tutti per la mia goffaggine” e altri più drammatici, come il rischio, poi scongiurato, di dover abbandonare l’imbarcazione stritolata dai ghiacci o la visione spaventosa di un cimitero di bare abbandonate da precedenti spedizioni, impossibilitate a seppellire i corpi nel terreno gelato.
La sua testimonianza offre preziosi dettagli, che solo lei è in grado di restituire, riguardo all’organizzazione del viaggio, come ad esempio la descrizione dell’abbigliamento: “Indossavo pantaloni da uomo, una pesante camicia di panno blu, una cravatta di lana rossa e una cintura di cuoio nero. Degli stivali foderati di feltro e un berretto da marinaio completavano una toilette che non sarà certo imitata… Sotto avevo vari strati di flanella e quando uscivo allo scoperto sul ponte, alla montagna di lana aggiungevo uno spesso cappotto che faceva di me il più informe degli esseri”. L’aspetto maschile sarà l’oggetto di un gustoso episodio avvenuto in un accampamento lappone raggiunto dopo una lunga traversata a cavallo, una volta rientrati dalle Isole Svalbard. Smaniosa di lavarsi, Léonie si spoglia davanti a un gruppo di donne che fuggono credendola un uomo. I sei mesi di viaggio le regaleranno esperienze uniche per le quali dimostrerà una inaspettata capacità di adattamento. Durante la complicata traversata delle paludi lapponi, funestata dalla pioggia incessante e dal tormento feroce delle zanzare, si ritroverà più volte a dormire per terra, in tende improvvisate e addirittura su una slitta: “Più vado avanti e più sento allontanarsi da me il sole e la civiltà, quell’altro sole”. Mentre scrive il suo diario di viaggio, Léonie d’Aunet non dimentica mai di sottolineare la difficoltà di essere l’unica donna in mezzo a un gruppo di uomini. E’ un cruccio e insieme motivo di orgoglio.
Dimostra un’inaspettata capacità di adattamento. Dorme per terra, nelle paludi lapponi. Essere l’unica donna è cruccio e motivo di orgoglio
Prima di rientrare in Francia, Léonie e il marito pernottano in alcune città del Nord. Si fermano a Trondheim, in Norvegia “dove nessuno ha mai visto una parigina”; a Copenaghen incontrano lo scultore Thorvaldsen, a Potsdam faranno la conoscenza del famoso esploratore Alexander Von Humboldt che farà loro da guida in città. Léonie prende appunti sul cibo, l’abbigliamento delle donne, le usanze dei popoli scandinavi e quando finalmente torna a Parigi incanta i salotti parigini con i suoi racconti di viaggio. Rimasta incinta durante la spedizione, pochi mesi dopo mette al mondo una bambina cui farà seguito un fratellino. Come aveva previsto, la maternità mette fine alla stagione della spericolatezza, ma ben presto una nuova avventura, non meno temeraria, la coinvolgerà. Victor Hugo conosce Léonie nell’anno più triste della sua vita: ha perso sua figlia Léopoldine, annegata nella Senna insieme al marito durante una gita in barca. L’incontro con Léonie, giovane e bellissima, il cui nome ricorda quello della figlia perduta, gli restituisce la voglia di vivere, e di scrivere: On voit en vous, pur rayon / La grâce à la force unie / Votre nom, traduction / De votre double génie / Commence comme lion / Et finit comme harmonie. L’amore clandestino viene interrotto dall’arresto di Léonie ma proseguirà per anni nonostante la relazione di Hugo con Juliette Drouet, alla quale Léonie gira perfidamente le lettere che lo scrittore le ha inviato sperando così di porre fine alla loro storia. Dalla sua parte si schiera inaspettatamente anche Adèle, moglie di Hugo, che la preferisce all’invadente Juliette. Ma nel 1852 la Storia giocherà in favore della Drouet: dopo il colpo di stato di Napoleone III, Victor Hugo sceglierà l’esilio per sfuggire ancora una volta al carcere. E sarà Juliette a seguirlo fino a Guernsey.
Adèle, moglie di Hugo, conta su di lei per allontanarlo dall’altra amante, l’invadente Juliette Drouet. E l’aiuta a pubblicare il suo “Voyage”
Victor Hugo non vedrà mai più Léonie, alla quale però continuerà a scrivere e a inviare denaro. Adèle le resta vicina, l’aiuta a pubblicare articoli di moda e costume, la introduce nel prestigioso circolo letterario della Revue de Paris. E’ grazie a lei e alle sue conoscenze che Voyage d’une femme au Spitzberg sarà finalmente pubblicato dalle edizioni Hachette. Incoraggiata da quel successo, Léonie scriverà tre romanzi, diversi racconti e alcune opere teatrali. Le protagoniste dei suoi libri sono spesso donne infelici, tradite dagli uomini e separate dai figli. La condizione di solitudine diventa una costante della sua poetica e della sua vita, e l’accompagnerà fino all’ultimo, quando, sola, morirà nel suo piccolo appartamento di rue de Rivoli, il 21 marzo del 1879.