Richard Ford (Ansa)

Il giardino di Voltaire

La misura saggia di Richard Ford per sottrarsi all'infelicità dell'Inauguration Day

Giuliano Ferrara

Il diritto di esprimersi e di portare avanti le proprie opinioni anche per "chi non ama la diversità e l'inclusività": la cura psicosociale dello scrittore statunitense contro la depressione e l'indignazione dopo l'insediamento del neo eletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump

"Trump è solo una figura in cima a un mucchio di opinioni. La rivolta contro lo stato, i diritti, le minoranze, le élite è un sentimento che c’era prima di lui, e che ci sarà dopo di lui. Lui l’ha solo alimentato. Quant’è noioso avere ottant’anni e pensare questo è sbagliato, quello non mi piace, vaffanculo a quell’altro? Voglio solo dire sì a tutto, come Frank Bascombe. E’ possibile farlo, se si ha una vita interiore disciplinata. A volte qualcosa non mi piace, qualcos’altro mi fa arrabbiare. Quando succede, mi sforzo di pensare che sono felice. Funziona." Richard Ford, che ha detto queste cose a Lorenzo Camerini di Rivista Studio, è un notevole, amabile, intelligente scrittore americano di ottant’anni (Premio Pulitzer, Masneri direbbe: vabbè).

Il suo alter ego letterario e protagonista di quattro romanzi è Frank Bascombe. Bascombe a un certo punto della vita diventa un agente immobiliare, settore Trump, ma micro, e in quella veste percorre in lungo e in largo il suo New Jersey, è un Jersey guy, e altre vie provinciali (Independence Day). I suoi rapporti con i clienti, che vogliono acquistare case che non desiderano e desiderano case che non vogliono acquistare, sono esempi minimalisti di letteratura esilarante. Nell’ultimo romanzo (“Be Mine”, in italiano da Feltrinelli: “Per sempre”) si mescolano il comico e il patetico, strettamente intrecciati, della provincia profonda americana, lontana da Manhattan, tra il Minnesota della Mayo Clinic (democratico, corretto) e il South Dakota del Monte Rushmore, con il suo famoso monumento kitsch ai quattro grandi presidenti (insomma, Magacountry al quadrato). Ford è uno scrittore, dunque è di sinistra, un liberal e un democratico. Ma non è di quelli che minacciano di andarsene in esilio volontario, salutati e irrisi un tempo da Tom Wolfe, in caso di sconfitta elettorale. Sa prendersi sul serio con misura. Ieri ha detto al Corriere (Marco Bruna) che “chi non ama la diversità e l’inclusività rimarrà sempre un cittadino degno di essere rispettato, il suo voto vale quanto quello di chiunque altro”.


“Ha il diritto di portare avanti le proprie opinioni. Anche se non mi trovo d’accordo, penso che abbia lo stesso diritto a esprimersi che ho io. Ha il diritto di reagire alle proprie paure, che sono il motivo per cui ha votato Trump”. Una bella cura psicosociale contro la depressione e l’indignazione, parenti stretti nel mondo infelice che ha guardato basito l’Inauguration Day, dovrei dire, abbiamo guardato. Ora accade che il nuovo presidente, e vecchio, se è per questo, tra le altre cose aggressive e patologiche messe in opera per usare le paure che lo hanno messo in cima a quel mucchio di opinioni maggioritarie, molto allarmanti di per sé, ha messo in congedo pagato i funzionari della Dei (che vuol dire Diversity, Equality Inclusion), cioè gli agenti alla fine incolpevoli, immagino tutte brave persone del nostro tempo e del suo timbro culturale e ideologico, della cultura woke. Che vuol dire: state attenti alle cose ingiuste e discriminatorie. Ma vuol dire anche, la “deriva” che Ford riconosce essere all’origine del fenomeno Trump: cancellate la storia, i monumenti, gli insegnamenti, il credo, la cultura e la psicologia di chi non è sensibile come lo siamo noi (e en passant cancellate pure la Shoah, già che ci siete, e battetevi contro il sionismo). 


Il bello è che Ford, o Bascombe che fa più o meno lo stesso, e anche Bascombe non torna in Irlanda, resta americano malgrado tutto, si è visto riconsegnare il suo ultimo romanzo dai sensitive editor che l’avevano preso in custodia, come aveva raccontato a Camerini, in queste circostanze. “Ho vissuto un’esperienza orribile durante la lavorazione di questo libro. Si è diffusa nelle case editrici statunitensi l’abitudine di ingaggiare dei sensitive editor, queste nuove figure hanno letto tutto il mio libro per cercare qualcosa di culturalmente inappropriato o offensivo per le minoranze. Alla fine, non hanno trovato quasi nulla… Una specie di polizia morale. Ci sono questi personaggi che stanno sempre lì a cercare chi sta offendendo chi, e a cancellare chi pensano stia offendendo qualcuno”. Ecco. Forse deriva, forse cancel culture, forse orwelliana e iraniana polizia morale, forse qualcosa di cui è lecito avere paura. Trump ora vedrà i sorci verdi con i crazy video di TikTok e con il crazy advisor Elon Musk, nonostante il suo immenso potere, e farà vedere sorci verdi a milioni di incolpevoli povericristi. Noi liberal assaliti dalla realtà, cioè conservatori, abbiamo a nostra volta diritto a un mucchio di opinioni inessenziali ma impaurite. Coltiviamole, ma pensando al monumento a Colombo e alla dottrina del genere insegnata nelle scuole primarie, e a tante altre cosucce, in certi casi coltiveremo come Ford e Voltaire il nostro giardino. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.