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Foto LaPresse
Contenuti da scrollificare
Libri di didascalie. Anche la saggistica di sinistra si piega alla bulimia fotografica
Dopo il giornalismo, anche l'editoria si inizia a instagrammizzare. Nei libri di Cazzullo, Deaglio e Tobagi, tante immagini spingono a rimanere sulla pagina. Segno di quanto le parole siano diventate corollario dell'iconografia, nel tentativo di riacchiappare i distratti
Scroll or die, si dice. Anche il sito del New York Times – grande giornale di successo, grazie a Wordle – inizia a scrollificare il proprio contenuto, i testi diventano foto e le foto diventano video. Forse è un paragone esagerato, ma anche nell’editoria ci si inizia a muovere in una direzione “user friendly”, un’instagrammizzazione dell’oggetto libro. L’èra digitale ci ha abituati a soundbite di venti secondi, a vedere i film in verticale in clip di meno di un minuto. Se sul digitale tutto è in movimento, sulla carta foto non è più un vezzo à la Sebald (cosa che gli suggerì Roberto Calasso, si dice). Non è più relegata alle quattro pagine in mezzo al volume, su carta diversa, lucida. “The medium is the message”, diceva McLuhan, ma anche il medium si adatta allo Zeitgeist, e ai cervelli non più capaci di stare a fissare testi lunghi, necessaria la distribuzione di endorfina – in questo i social sono macchine perfette e in costante mutamento. L’immagine tiene l’attenzione più della tipografia. La cosa viene in mente vedendo l’uscita, non troppo lontani l’unot dall’altro, di tre grandi libri per tre grandi case editrici: Craxi, l’ultimo vero politico di Aldo Cazzullo (Rizzoli), C’era una volta l’Italia, gli anni 70 di Enrico Deaglio (Feltrinelli) e Covando un mondo nuovo – viaggio tra le donne degli anni 70 di Benedetta Tobagi con foto di Paola Agosti (Einaudi).
Da un lato, certo, si potrebbe trovare il tema comune di una certa nostalgia e rilettura degli anni 70-80 italiani, usare la lente di oggi per capire i decenni passati, rivalutare, usare il tempo come prospettiva per capirci di più. Dall’altra però c’è qualcosa che questi libri hanno in comune, in modo più o meno esplicito: una notevole quantità di fotografie. Questo non scredita minimamente il lavoro testuale di autori e autrici, l’apparato visivo è un’aggiunta, un arricchimento, ma è interessante notare un trend (casuale o indirizzato dagli uffici marketing?). Per un mondo che si perde quotidianamente tra decine di migliaia di immagini, le parole quasi timidamente diventano corollario all’iconografia, e cercano di riacchiappare i distratti. Cazzullo, Deaglio e Tobagi, non solo editorialmente, sono autori importanti: il bestsellerista ed editorialista che fa ascolti da record con Una giornata particolare, la storica che mescola memoria personale e ricerca – e ci vince anche un Campiello – e il vecchio saggio della saggistica, la sinistra intellettuale in esilio a San Francisco.
Questi prodotti sono diversi dai coffee table books, che sono sempre esistiti, da quei volumoni cartonati fotografici che fanno status in salotto e che si sfogliano una volta nella vita. Questi sono saggi, da leggere, dove però, come in un ipertesto, c’è un dialogo tra immagine e parola. Sono multimediali in un modo equilibrato e strategico, la foto attira, la ricerca archivistica dell’immagine fa restare sulla pagina – “una foto vale più di mille parole”, dice il proverbio. Come i meme, come le vignette di Osho, e come i poster elettorali e pubblicitari, servono entrambe le cose. E così, invece di essere tutto raccontato e immaginato, siamo accompagnati dagli scatti, che sia Jack Kerouac a Milano sotto effetto del jet lag, o il trio Pasolini-Ginzburg-Bassani sul set de Il Vangelo secondo Matteo, affiche della DC, donne in marcia con lo striscione “sebbene che siamo donne non solo fica siamo…”, mondine e operaie Fiat, Craxi con un giovanissimo Gad Lerner al 19esimo congresso del Psdi, Craxi che riceve in dono un ritratto di Garibaldi o Craxi che tiene sorridente tra le mani una copia dell’Avanti a favore di obiettivo. “Se mai avessimo pensato di essere entrati nella civiltà delle immagini”, diceva Umberto Eco in Non sperate di liberarvi dei libri “ecco che il computer ci ha reintrodotto nella galassia Gutemberg e tutti si ritrovano ormai costretti a leggere”, ma perché non ha fatto in tempo a vedere i reel che si mangiano le foto, che sia sul Times o su Instagram, e YouTube che diventa il social network più invasivo di tutti.
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La politica e lo schermo