Botteghe storiche e street food: i due volti di via Paolo Sarpi, la strada a cui piace cambiare

Può stupire, ma il cuore della Chinatown milanese, una zona in continuo mutamento, ha un numero di negozi storici che non trova eguali in città. Una passeggiata tra passato, presente e futuro

Francesco Cocco

Via Paolo Sarpi cambia, le sue Botteghe storiche restano. Quasi tutte. E se scriviamo Botteghe storiche con la B maiuscola è perché ci riferiamo a quelle che figurano nell’apposito elenco istituito nel 2004 dal Comune di Milano e riservato alle attività con almeno cinquant’anni di operato nello stesso settore. Sono quattordici, attualmente, quelle che danno su via Paolo Sarpi: un chilometro e duecento metri circa di strada. “È la via con più Botteghe storiche a Milano”, ci ripetono qui, ed è un dato che stupisce. Perché, per i pochi che non lo sapessero, via Paolo Sarpi è il cuore della Chinatown meneghina. Una realtà in continuo mutamento, che attualmente sembra essersi votata allo street food di matrice orientale. Ma per quanto ancora?

 

Molti ricorderanno che questa strada, nei primi anni Duemila, era quasi monopolizzata dai negozi dei grossisti cinesi. Tornano alla mente le polemiche suscitate dal continuo andirivieni di carrellini e biciclette che facevano carico e scarico merci. Qualcosa cambiò già con la pedonalizzazione, nel 2011. Ma è stato dopo la pandemia che si è avuta l’esplosione dei servizi e della ristorazione. Le storie che attingiamo dai negozianti, tuttavia, vanno ben più in là nel tempo.

 

E allora Laura Russo, titolare della Profumeria Lorenzi (negozio che ha festeggiato nel 2024 i suoi primi cento anni di attività) ci narra dell’arrivo dei suoi nonni dalla Val Rendena, terra in cui abbondavano arrotini e coltellinai; e del loro aver rilevato una coltelleria in quello che veniva chiamato, erano gli anni Venti del ‘900, Borg di scigolatt, cioè Borgo dei cipollai; perché, sì, l’attuale Chinatown era ancora una zona parzialmente coltivata, e le cipolle andavano per la maggiore. Mentre la coltelleria dei Lorenzi si diversificava con gli anni in barberia e poi anche in profumeria, via Paolo Sarpi diventava un'arteria prettamente commerciale.

 

“Prima del periodo dei grossisti cinesi, la Paolo Sarpi era una delle tre più importanti vie commerciali di Milano con circa 150 attività”, ci racconta Francesco Novetti, che con la figlia Elena porta avanti l’Erboristeria Novetti, aperta nel 1952. “C’erano tre grossi negozi di elettronica, supermercati…”. “C’era il cinema”, interviene Elena. “Due cinema”, la corregge il papà. “Tutti i settori merceologici erano rappresentati a tutti i livelli - continua Francesco Novetti -. Poi il commercio del piccolo dettaglio ha avuto un’involuzione e c’è stato il periodo dell’invasione dei grossisti che hanno snaturato la via… Adesso, dopo il Covid, c’è questa evoluzione sul food”.

 

Ricordi simili li conserva Enrico Samarati, entrato come tecnico all’Ottica Scaccabarozzi e col tempo diventato socio di Paolo Scaccabarozzi nell’attività di famiglia, nata nel 1927. “Quando sono arrivato, nel 1983, la strada contava duecento negozi: soprattutto abbigliamento, scarpe, le famose jeanserie che attualmente non ci sono più. Poi, pian piano, c’è stato un pochino di crisi e questa invasione cinese, prima con l’abbigliamento e con i loro famosi carrelli, e adesso con lo street food”.

 

Cosa offriva via Sarpi quando era ancora una via commerciale tradizionale mostra di ricordarselo anche Fabio Marini, titolare dei Magazzini Vittoria, negozio di abbigliamento specializzato in taglie grandi e piccole che guida dal 1998, dopo essere succeduto al papà che lo aveva rilevato ventotto anni prima (l’attività aveva aperto nel 1938). “Nella via sarebbe il caso di riportare negozi stile anni’80… Manca una panetteria, manca un negozio da donna, un negozio di scarpe”, afferma.

 

Via Paolo Sarpi si sta trasformando sempre più in una via turistica, ci conferma Maurizio Italia, del negozio di abbigliamento Gianni Italia (attività aperta nel 1965 e che prende il nome da suo padre). “Però devo dire che anche insieme alla comunità cinese stiamo lavorando bene”.

 

Già. La comunità cinese. Che accanto a loro si lavori bene lo pensa anche Simona Raimondi, contitolare della Pizzeria da Giuliano (fondata nel 1969). “Il rapporto con la comunità cinese è più che positivo, perché comunque parliamo di una comunità molto tranquilla, molto riservata, che credo si sia integrata molto bene con noi”.

 

“Credo che via Paolo Sarpi sia la Chinatown più studiata in tutto il mondo, perché la convivialità, la cordialità, la convivenza soprattutto tra la comunità italiana ed estera è, a mio avviso, unica”, ci spiega Luca Sarais, titolare delle Cantine Isola, bottiglieria storica milanese. E storica lo è davvero, questa enoteca con mescita, famosa in tutta la città per la qualità e varietà dei suoi calici, se si pensa che la sua fondazione risale al 1896 e che viene citata col suo nome originario di Boeucc dell’Isola su un numero della rivista La Battaglia, di Filippo Turati.

Secondo Sarais, a unire la comunità italiana e quella cinese è l’importanza che entrambe attribuiscono alla famiglia. Ogni bottega appartiene a una famiglia, “e questo porta ad avere delle integrazioni culturali e lavorative molto più forti rispetto a un’attività commerciale legata a logiche da grande catena”.

 

Ma come resiste una Bottega storica in una realtà in continuo mutamento come Chinatown? Qui le opinioni variano. C’è chi punta sulla tradizione. Come Marco Rognetta, titolare dell’Antico Parrucchiere della Paolo Sarpi (1937). “Noi abbiamo resistito perché siamo un’attività che si rifà proprio alle norme e alle regole della tradizione, quelle classiche, quelle che tutti apprezzano”, ci risponde, pur rivendicando l’innovazione nel servizio.

 

E c’è chi invece ritiene che il segreto della sopravvivenza di tante botteghe storiche in via Sarpi sia nella capacità di specializzarsi. “Abbiamo resistito - è il ragionamento di Fabio Re, titolare con la moglie, Loredana Scuderi, del Re della Baita (1939) - perché siamo negozi storici che, ognuno nel suo campo, hanno saputo aggiornarsi specializzandoci in quello che vendiamo”. Ricetta che Re ha applicato al proprio negozio, una bottega in cui è subentrato nel 1991 e che in precedenza vendeva “un po’ di tutto”, mentre con lui divenne una rivendita di formaggi specializzata nella ricerca di piccoli produttori nazionali. Visto il successo della formula, Re ha deciso di replicarla con i salumi e con i piccoli produttori esteri. Ora al Re della Baita si trovano anche vini, tartufo, pesce, ma senza rinunciare alla sua filosofia di fondo: piccolo (produttore) è bello.

 

Un discorso simile lo fa Mario Santambrogio, della Tabaccheria Santambrogio, fondata nel 1953. “Noi botteghe storiche - afferma - riusciamo a resistere perché non ci fossilizziamo: rimaniamo sempre con il nostro target, però in continua evoluzione”. Una capacità di modificarsi che la Santambrogio ha mostrato all’epoca della pedonalizzazione, trasformandosi da bar tabacchi a tabaccheria e successivamente specializzandosi nei prodotti a tabacco riscaldato e quindi in talune varietà di sigaro.

 

La Bottega storica con cui chiudiamo questa passeggiata per via Paolo Sarpi è la Macelleria Sirtori. E la sua storia la raccogliamo dalle due persone che ne rappresentano uno la tradizione, l’altro la spinta verso il futuro. Comincia Walter Sirtori, che ci racconta di come la macelleria sia nata nel 1931. “Io sono arrivato un pochino dopo - sorride - e ho continuato questa attività fino a due anni fa, quando l’ho donata al mio vicino che fa i ravioli. Eccolo qua!”. E Sirtori ci indica Agie Zhou, al suo fianco. Agie è un imprenditore cinese che vive e opera da anni nel nostro paese. Sua è la famosa Ravioleria Sarpi, che sorge proprio accanto alla macelleria. “Adesso faccio i ravioli e faccio anche l’apprendista macellaio”, ci racconta Zhou, che ci tiene a precisare come Walter sia ancora lì, in bottega. “L’idea - prosegue - è di continuare una macelleria storica offrendo prodotti di carne di qualità e insieme alcuni piatti della cucina cinese. Oltre a fare spesa di carne, come hanno sempre fatto, i clienti possono sedersi e mangiare i piatti della tradizione cinese con la carne di qualità che noi offriamo”. E chiosa: “Storia e cambiamento… che devono andare allo stesso passo”

 

Tradizione e mutamento, dunque. “Via Paolo Sarpi - sono parole di Fabio Re - è un punto di domanda. Da quando sono qui, ho visto tantissimi cambiamenti. La comunità cinese fa presto a cambiare genere (merceologico, Ndr)… adesso va l’alimentare, magari fra qualche anno si stancano di mangiare questi prodotti…” E la strada si trasformerà di nuovo. Non resta che aspettare.

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