Foto LaPresse

L'intervista

Colloquio con Serge Klarsfeld, il cacciatore di nazisti

Federico Lodoli e Antonello Savoca

Avvocato, storico, uno degli ultimi testimoni della Shoah, racconta il suo ritorno in Romania, poi di nuovo in Francia. L’incontro con Beate che ha dato vita a una missione: perseguitare i nazisti e difendere gli ebrei ovunque fossero

“L’antisemitismo assume tante forme. Oggi è la distruzione di Israele il cuore del nuovo antisemitismo”. Serge Klarsfeld è un avvocato, uno storico, il figlio di un deportato ad Auschwitz, ma soprattutto il più celebre cacciatore di nazisti di Francia. Un uomo che ha consacrato la sua vita a stanare, catturare e far processare gli ex gerarchi nazisti responsabili delle deportazioni. Non solo. Negli ultimi cinquant’anni Klarsfeld non ha mai smesso di denunciare l’antisemitismo del Front National di Jean-Marie Le Pen. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, però, pensa che qualcosa sia cambiato. Lo incontriamo a Parigi, a due passi dall’Eliseo, nello studio dove custodisce l’archivio di tutta una vita. “Ho 90 anni e sono uno degli ultimi testimoni della Shoah. Avevo cinque anni all’inizio della Seconda guerra mondiale. Mio padre è stato arrestato il 30 settembre 1943, in un raid dalla Gestapo a Nizza. Fino ad allora eravamo stati protetti dagli italiani che non avevano lasciato deportare nessun ebreo. Dopo l’ingresso dei tedeschi in città, mio padre aveva costruito un doppio fondo nell’armadio. Quando i tedeschi hanno bussato alla nostra porta, ci siamo nascosti lì con mia madre e mia sorella, mentre mio padre è andato ad aprire. E’ stata l'ultima volta che l’ho visto”. 

 

 Oggi il cuore del nuovo antisemitismo, che assume molte forme, è la distruzione di Israele, dice Serge Klarsfeld

         

Alla fine della guerra Serge Klarsfeld ha dieci anni. Con la madre e la sorella, torna in Romania, il loro paese di origine. Ma solo pochi mesi: “Siamo tornati in Francia quando i comunisti hanno preso il potere. La mia era una famiglia borghese e molti sono stati arrestati. Così li ho sperimentati entrambi i totalitarismi, quello nazista e quello comunista. Per questo forse voto sempre al centro”. Dietro alla sua scrivania, sormontata da una grande mappa di Auschwitz, Serge Klarsfeld parla con un tono lieve ma fermo. Questo ebreo d’Europa, come ama chiamarsi, sembra incarnare la tragedia di un secolo e di un intero continente. “Mi sento molto francese ma allo stesso tempo molto ebreo, e molto europeo. E quando ho incontrato Beate, che è tedesca, anche i miei pregiudizi verso quel popolo sono caduti. A quanto pare ci siamo sposati”. Beate Kunzel è una tedesca non ebrea. Conosce il futuro marito nel 1960 durante un soggiorno a Parigi. In Francia si sente subito a casa, al contrario che in Germania. “Beate mi diceva che in Germania non si parlava della Seconda guerra mondiale. Né gli insegnanti né i genitori raccontavano ai figli quello che era successo. Beate non l’ha mai accettato”. Nel 1968, al congresso della Cdu a Berlino, Beate sale sul palco e schiaffeggia Kurt Kiesinger, l’allora cancelliere della repubblica federale, dandogli del nazista. Viene arrestata e condannata ad un anno di prigione. 

Ma è solo una delle tante battaglie che i coniugi Klarsfeld hanno ormai deciso di combattere insieme. Una scelta, maturata tre anni prima, che li guiderà per tutta la vita. “Nel 1965 sono andato ad Auschwitz, dove è morto mio padre. E lì mi sono reso conto di appartenere a una categoria eccezionale di ebrei che hanno vissuto la Shoah e che, allo stesso tempo, hanno visto la rinascita dello stato ebraico. Uno stato in grado di restituire dignità agli ebrei. Da quel momento Beate e io abbiamo deciso la nostra linea d’azione. Lei voleva riabilitare la Germania, io volevo essere un buon ebreo. Così abbiamo deciso di difendere la memoria delle vittime, di difendere gli ebrei ovunque fossero perseguitati, di difendere Israele. E sono sessant’anni anni che portiamo avanti questo programma”. Difendere gli ebrei ovunque siano, è questa la stella polare che guida l’azione dei coniugi Klarsfeld. Una linea programmatica costruita a partire dalla difesa della memoria delle vittime. “Per trent’anni anni sono andato in tutti gli archivi in Francia”. Il risultato sono alcune opere fondamentali per lo studio della Shoah, come il Mémorial de la déportation des Juifs de France e Vichy-Auschwitz, che strappano il velo sul ruolo dei collaborazionisti di Vichy nella Soluzione finale. “I francesi pensavano che fossero stati solo i tedeschi ad arrestare gli ebrei. Non era così”. 

Accanto a questo intenso lavoro di ricostruzione storica, però, è un’altra l’attività che rende i coniugi Klarsfeld celebri nel mondo. “Cacciatori di nazisti, sì”, sussurra sorridendo  Serge Klarsfeld, mentre il suo sguardo attraversa la porta a vetri per soffermarsi sulla moglie che, nella stanza accanto, fa la rassegna dei quotidiani per il marito. “Abbiamo cercato i criminali nazisti in Sud America e in medio oriente. Abbiamo difeso gli ebrei perseguitati a Damasco, a Beirut durante la guerra civile, a Teheran quando Khomeini prese il potere, in Argentina. Abbiamo manifestato contro l’estrema destra in Francia, in Germania, in Austria. Per questo abbiamo anche subìto degli attentati”,  ci dice Klarsfeld mostrandoci la foto della sua automobile sventrata da un attentato esplosivo ad opera dell’organizzazione nazista Odessa, il 9 luglio 1979. Poi si alza, invitandoci a seguirlo nella stanza in fondo al corridoio, stracolma di libri e faldoni.

 

Oltre al loro lavoro di ricostruzione storica i Klarsfeld sono famosi per essere “cacciatori  di nazisti”

       

“Qui ci sono cinque dossier sul caso Brunner. Ma purtroppo non siamo mai riusciti a portarlo indietro. Questo invece è il caso Mengele. Siamo andati in Paraguay e in Brasile. Abbiamo comprato una pagina intera sul giornale Estado de Sao Paulo. Vi abbiamo pubblicato un annuncio, offrendo una ricompensa a chi ci avrebbe dato informazioni utili. Ma Mengele era già morto. Questo invece è il dossier su Klaus Barbie. Era in Perù quando lo abbiamo trovato. Prima era stato colonnello dell’esercito in Bolivia. Durante la guerra era il capo della Gestapo a Lione. Ha torturato a morte il leader della Resistenza francese. Ha anche arrestato quaranta bambini che si erano rifugiati in un villaggio sulle montagne. Li ha fatti deportare”. Il loro più grande successo, però, lo considera il processo agli ufficiali della polizia nazista in Francia, responsabili della deportazione di decine di migliaia di ebrei, tra cui Kurt Lischka, processato a Colonia nel 1981: “Avevamo scoperto che viveva in Germania con il suo vero nome. Non si nascondeva”.

Nel 1971 Serge e Beate decidono di rapire Lischka e consegnarlo alle autorità francesi. Una volta scoperti, Beate si autoaccusa e passa alcuni mesi in carcere. Dovranno attendere il 1979 per ottenerne l’arresto. “Abbiamo dovuto far approvare una legge in Parlamento, per farlo processare. Migliaia di ebrei francesi sono andati a Colonia per testimoniare e manifestare. I tedeschi non vedevano gli ebrei marciare per le strade dai tempi delle grandi retate. Lì, li hanno visti andare a chiedere giustizia”. Di recente Serge e Beate sono stati decorati dal presidente Emmanuel Macron con la Gran croce della Legione d’onore. Non solo per il lavoro sulla memoria e la caccia ai criminali nazisti, ma per l’incessante lotta contro ogni forma di antisemitismo. Klarsfeld ci mostra un album di foto: “Qui eravamo a un incontro di ex nazisti al Bürgerbräukeller di Monaco, dove Hitler ha organizzato il colpo di stato nel 1923. Vedete, io ero lì e Beate in fondo alla stanza. Sono salito sul palco ma sono stato buttato giù e malmenato. Questa invece è una manifestazione a Marsiglia contro Jean-Marie Le Pen. Ci sono i cartelli: ‘Le Pen nazista’. Lo abbiamo fatto condannare più volte. Ma quello era il padre”. 

 

Nel 1971 Serge e Beate decidono di rapire Kurt Lischka, che viveva in Germania senza nascondersi

                              
Sul volto di Klarsfeld si disegna un sorriso beffardo. Sa di aver toccato una tema di cui avremmo parlato ma non ha voluto aspettare la domanda. La Francia e la politica, Israele e la guerra.“Ci sono stati profondi cambiamenti nella vita politica francese. L’estrema destra ha abbandonato il suo dna antisemita, non è più da lì che provengono gli attacchi agli ebrei. Al contrario oggi difende Israele. Per noi il Rassemblement national resta un avversario politico, perché non abbiamo le stesse convinzioni, ma non è più un nemico politico come venti anni fa”. Oggi, per Klarsfeld, sono invece la sinistra e La France Insoumise a essere diventate un nemico politico. “Il 7 ottobre ha scatenato un’ondata di rabbia nella popolazione musulmana francese. Il problema è che l’estrema sinistra di Mélénchon fa leva su questo per fini elettorali. Getta benzina sul fuoco, attaccando Israele come stato colonialista e razzista”. Dal 7 ottobre 2023, c’è stato un graduale avvicinamento dei coniugi verso il partito di Marine Le Pen, culminato a febbraio 2024, in un incontro tra i coniugi e la leader del Rn: “Volevamo stabilire un contatto fisico per giudicare la sua sincerità. Il contatto è stato buono. Siamo stati convinti”. Il 15 giugno 2024, il colpo di scena finale. In piena campagna per le elezioni legislative, Klarsfeld rilascia un’intervista che fa scalpore. “Alcuni media hanno detto che votavo per il Rassemblement national. Non l’ho mai detto. Ho detto che, nel mio dipartimento, potevo votare per il candidato di centro. Ma ho consigliato agli ebrei che si trovavano nella spiacevole situazione di dover scegliere al secondo turno tra il Rassemblement national e La France insoumise, di votare per il Rn. Semplicemente, per gli ebrei, era meglio votare un partito che non è più antisemita rispetto a un altro che è antisemita. Non mi interessa la provenienza dei partiti. Ho combattuto la destra più di ogni altro ebreo. I miei figli sono quasi morti, e anche noi. Nessuno può darmi lezioni in merito. Se la nostra scelta si rivelerà sbagliata, allora combatteremo Marine Le Pen proprio come abbiamo combattuto il padre”.

 

L’estrema destra francese ha abbandonato il suo dna antisemita. Oggi il  problema è  diventato Mélénchon

                      


Il 7 ottobre 2023 è una data spartiacque, non solo per i morti e gli ostaggi, ma perché l’attacco di Hamas ha improvvisamente messo in evidenza la precarietà esistenziale di Israele. “Il 7 ottobre è stato un pogrom che ha fatto piombare gli ebrei in un trauma profondo, perché ha mostrato una fragilità che la gente non vuole vedere. Israele è un paese piccolo, con quasi sette milioni di ebrei. Ed è circondato da decine di milioni di musulmani che, per la maggior parte, da oltre cinquant’anni anni, vogliono vederne la distruzione. Oggi i nemici di Israele sono più forti. Per questo è in gioco la sua stessa esistenza. Chiunque abbia visto da bambino rinascere lo stato ebraico, non può accettarne la distruzione. Quindi, finché potrò, mi batterò per difenderlo”. Quando gli chiediamo cosa pensi dei bombardamenti di Israele e delle decine di migliaia di morti a Gaza, Klarsfeld si prende un tempo prima di rispondere: “La gente si commuove giustamente per i bambini palestinesi uccisi. Ma Hamas combatte in mezzo a una popolazione che usa come scudo. Quindi Israele può prendere tutte le precauzioni possibili ma è impossibile evitare le morti dei civili. Poi, certo, si può criticare Israele. Io stesso sono critico nei confronti dei movimenti ortodossi in Israele. Ma criticare, tenendo la distruzione di Israele sullo sfondo, è un’altra cosa”.

Di più su questi argomenti: