L'edizione d'arte del 1923

Il Porto Sepolto, capolavoro in mostra

Giuseppe Ungaretti e quella prefazione di Benito Mussolini

Maurizio Crippa

Al Museo della Carta di Pescia una raffinata mostra (ma non solo per bibliofili) racconta un capolavoro della nostra editoria, la prima raccolta, scritta da Ungaretti sul Carso durante la Grande Guerra, divenuta poi un oggetto d'arte grafica. Il Duce c'entra, ma di più contano  storia e bellezza

Dal tascapane alla filigrana, e nel tempo anche alla bibliofilia antiquaria. Non cambia il valore della poesia, quello è scritto nella memoria e nel sentimento del tempo. Ma la poesia, per i poeti della galassia di Gutenberg, vive sulla carta, porta con sé un particolare amore alla sua forma stampata. Le prime poesie di quella che sarebbe diventata una delle più celebri raccolte italiane del Novecento, "Il Porto Sepolto", Giuseppe Ungaretti iniziò a scriverle nel dicembre del 1915, appena approdato nelle trincee sul Carso. Lì conobbe il tenente Ettore Serra, poeta e amico di una vita, che lo spinse a pubblicare, dicembre 1916, presso un piccolo editore friulano la prima edizione del Porto Sepolto, appena 80 copie. Quasi un piccolo segno di resistenza alla condizione di soldati. Passano gli anni, a Parigi Ungaretti incontra Apollinaire e Paul Valéry, ne assorbe la raffinata passione per l’editoria, per la bellezza della poesia comunicata attraverso l’arte grafica. Verso la fine di aprile del 1923, documenta il grande filologo Carlo Ossola, Ungaretti scrive all’amico Jean Paulhan una lettera in cui annuncia l’imminente nuova edizione: “Sarà un bellissimo libro. Attraverso l’editoria, e anche attraverso la poesia… C’è un accento di sincerità che ti piacerà”. Dietro questa nuova opera c’è sempre Ettore Serra, ma lontani sono i fogli custoditi tra le cose di guerra. E’ invece una edizione di raffinata arte grafica, destinata a entrare nella storia editoriale, tirata per i torchi dello Stabilimento di Arti Grafiche S. Belforte & C. di Livorno per i tipi della Stamperia Apuana. Siamo in Toscana, in quello che è stato uno più importanti distretti di cartiere, di stampatori ed editori italiani fin dal Settecento. Belforte, fondata nel 1805, fu uno dei principali stampatori toscani in lingua ebraica, e non solo. Il sogno di Ungaretti e Serra era realizzare “un libro bello, anzi perfetto”, così fu commissionata una apposita carta a mano filigranata alle cartiere Enrico Magnani di Pescia, e il poeta volle le illustrazioni di uno dei migliori artisti grafici, Francesco F. Gamba. Ne furono stampate cinquecento copie. Nacque uno dei libri più importanti del Novecento italiano.  

 

Ora questo prezioso documento della nostra poesia è protagonista di una bella mostra, inaugurata l’8 febbraio (fino al 2 giugno 2025) intitolata “Giuseppe Ungaretti, il Porto Sepolto 1923. Storia di un’edizione”. La sede è particolare – e significativa in un paese che da qualche anno ha deciso di valorizzare le sue tante “capitali del libro” (per il 2025 il Mic ha appena scelto Subiaco) –, il Museo della Carta di Pescia, che ha sede nella settecentesca cartiera Le Carte, un opificio attivo già nel 1712, poi acquistato nel 1860 dai Magnani, cartai pesciatini attivi fin dal 1783 e che ha continuato a fabbricare carta “a mano” sino al 1992. In mostra ci sono le xilografie originali di Gamba, oltre alla prima edizione del 1916 e ad altri “beni cartari” e antiquari selezionati dai curatori. E diventa ancor più interessante lasciarsi guidare dai contributi del catalogo curato da Edoardo Barbieri, docente di Storia del libro antico e del master di Editoria della Cattolica di Milano, edito da Salomone Belforte SAS di Ettore Guastalla & C di Livorno.

 

Ma la piccola mostra offre anche altri spunti di interesse. Primo fra tutti è che la raffinata edizione del 1923 contiene una “Presentazione” di Benito Mussolini, “piuttosto distratta e persino venata di non velato distacco”, in realtà, come scrive nel catalogo Carlo Ossola. Mussolini era da poco salito al potere, non era particolarmente interessato alla poesia, ma l’insistenza, per oltre un anno, di Ungaretti e Serra per ottenere un suo scritto sono documentate e ben ricostruite nel saggio dello specialista Giovanni Sedita. L’inclinazione o simpatia di Ungaretti per il fascismo, almeno il primo, è nota e costò nel Dopoguerra un pesante ostracismo al poeta. La richiesta della prefazione del Duce non era pura piaggeria, ma nei fatti Ungaretti non ottenne da quelle righe insistentemente richieste né gli onori né gli incarichi in cui aveva sperato.  E più tardi  quella prefazione fin “troppo rumorosa” gli sarebbe costata cara. Ma, scrive Sedita, “la storia precoce delle richieste di Ungaretti al regime, iniziata con la preghiera al duce per una prefazione, è la storia di molti intellettuali italiani”. E il tema del rapporto tra intellettuali e regimi è oggi tornato d’attualità. Resta, però, al di là delle vicende storiche, una raffinata creazione editoriale che è un omaggio alla poesia.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"