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La passione del nostro esistere

Se la filosofia si esercita sempre in uno stato d'animo. A Napoli il convegno su Heidegger

Costantino Esposito

L'approccio del filosofo tedesco è stato a lungo inteso come antagonista rispetto ad altri stili di pensiero, ma forse è giunto il momento di considerarlo come una dimensione problematica che pervade e inquieta l’intero campo filosofico, a prescindere dalle scelte e dai gusti personali. Tavole rotonde

Senza dubbio si sarà concordi nell’affermare – quali che siano le proprie preferenze in materia di filosofia – che Martin Heidegger ha messo nuovamente “in questione” la pratica filosofica per il nostro tempo. E lo ha fatto riaprendo la domanda con cui la filosofia è nata presso i greci. Non con il ritorno alle fonti antiche della nostra storia, ma con l’accorgersi che il tema della filosofia – o meglio il tema che è la stessa filosofia di per sé – è qualcosa che “accade” ogni volta come una storia, e che, se abbiamo la vista e l’udito giusti, risulta emergere inevitabilmente nel nostro “presente”

 

               

 

Heidegger ne ha parlato in quasi tutti i suoi scritti, ma giusto settant’anni fa, nel 1955, l’ha trattata esplicitamente in un memorabile discorso al Convegno di Cerisy-la-Salle, sul tema: “Che cos’è la filosofia?”. Si tratta della stessa questione – ossia: che significa che l’ente è? Che cos’è l’essere dell’ente? – che si riavvia ogni volta grazie a ciò che gli uomini di una data epoca sono disposti ad accogliere del suo “appello”, corrispondendovi. E vi corrispondono “accordandosi” a quel richiamo, perché il “logos” delle cose si dà solo nel “pathos” di chi lo comprende, patendolo nel proprio esistere. Come scrive lui stesso: “La corrispondenza con l’essere dell’ente rimane costantemente la nostra dimora. Tuttavia solo di tanto in tanto essa diviene un comportamento che noi stessi assumiamo facendolo nostro. […] Filosofia [scritto in greco] è il corrispondere compiuto in proprio, che parla in quanto presta attenzione all’appello dell’essere dell’ente”.

Questo non ha più molto a che fare con il relativismo storicista (del tipo: ogni epoca ha i suoi presupposti e i suoi esiti filosofici) e neanche con una bloccata “philosophia perennis” che rimesta sempre ciò che in fondo già sa o crede di sapere. La sfida di Heidegger è che questa cosa strana e irriducibile che è la filosofia non sia un mero canone a priori o una disciplina tra le altre, ma abbia piuttosto il carattere della vita. Perché a sua volta la vita degli esseri umani, la loro stessa “umanità”, coincide con la filosofia: un’idea, questa, condivisa da molti autori, da Aristotele a Kant, da Spinoza a Hegel… Tant’è vero che il pensare filosofico si esercita sempre attraverso uno stato d’animo, con il quale noi siamo “accordati” al mondo e alla voce nascosta dell’essere, cioè del senso ultimo, della provenienza e della verità delle cose. Stupore o spavento, gioia o angoscia, ritegno o sereno abbandono sono molto più che stati psicologici: sono possibilità di fare esperienza di ciò che erroneamente si crederebbe del tutto astratto e staccato dalla realtà concreta, e invece è ciò da cui dipende la nostra postura nel mondo, anche qualora non fosse mai teorizzata. 

Quest’approccio alla filosofia è stato a lungo inteso (e con ragione) come antagonista o alternativo rispetto ad altri stili di pensiero (logico-analitico, positivista, pragmatista, decostruzionista ecc.). Ma forse è giunto il momento di considerarlo come una dimensione problematica che pervade e inquieta l’intero campo filosofico, a prescindere dalle scelte e dai gusti personali. La filosofia, con Heidegger, non può più evitare, quale che sia lo stile che assume, di porre il problema, antico e futuro, di cosa significhi “essere”: la “passione” del nostro esistere.

Da oggi a venerdì il Centro Studi di Critica Heideggeriana organizza a Napoli, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II, le sue annuali Giornate di studio sul tema “Che cos’è filosofia”, in tre diverse location (Gallerie d’Italia, Società nazionale di scienze, lettere e arti e il Dipartimento universitario). Il convegno vedrà, accanto a tre relazioni singole, sei tavole rotonde con i maggiori studiosi italiani di Heidegger, che dialogheranno sulle pratiche filosofiche attuali con filosofi di altri stili e orientamenti.
 
 

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