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Etty Hillesum (elaborazione grafica di Enrico Cicchetti)
gli estratti del libro
La voce di Etty Hillesum per combattere la barbarie che è dentro di noi
La raccolta di scritti “Il bene quotidiano”, in libreria da oggi. Un’antologia dei testi più importanti della scrittrice vittima dell'Olocausto, per la prima volta nella collana BUC
Da oggi approdano in libreria sei nuovi titoli della rinnovata BUC, Il potere delle parole: i migliori titoli di oggi e di sempre hanno dato vita, infatti, alla nuova edizione della Biblioteca Universale Cristiana, il progetto editoriale nato nel 2012 per intuizione delle Edizioni San Paolo e ritornato in libreria nel 2024, dedicato a chi vuole approfondire e riscoprire ancora oggi la dimensione spirituale delle opere classiche. I sei nuovi testi della collana partono da Etty Hillesum, con “Il bene quotidiano”, un’antologia dei suoi testi più importanti, per la prima volta nella collana BUC.
Immersa nell’altro (15 marzo 1941)
Riassumendo, vorrei in realtà dire questo: la barbarie nazista risveglia in noi una barbarie identica, che utilizzerebbe gli identici metodi, se al giorno d’oggi potessimo fare ciò che vogliamo. Questa nostra barbarie dobbiamo rifiutarla dentro di noi, non dobbiamo coltivare in noi questo odio, altrimenti il mondo non verrà fuori d’un passo dal fango. [...] Questo combattimento contro i nostri istinti peggiori che vengono istigati da loro è tutta un’altra cosa rispetto, ad esempio, all’essere “oggettivi” nelle cose, o al vedere il lato “buono” del nemico, che è una mancanza di determinazione e non ha niente a che fare con ciò che voglio esprimere. Ma si può essere molto combattivi, molto fermi nei propri principi, senza rimpinzarsi d’odio, e si può ritrovarsi almeno una volta pieni d’odio anche senza sapere realmente a proposito di che. […] Per formularlo ora in un modo molto crudo, cosa che dispiacerà probabilmente alla mia stilografica: se un uomo delle S.S. mi ammazzerà a calci, io alzerò ancora gli occhi verso il suo volto e, con angosciato stupore e interesse per la natura umana, mi domanderò: mio Dio, ragazzo, cosa è mai accaduto nella tua vita di così spaventoso, perché tu arrivassi a fare cose del genere? […]
Solo allora (22 ottobre 1941)
A ognuno dei miei banali respiri, le persone muoiono a migliaia, si sterminano l’una con l’altra. E tuttavia non si può dire: qual è adesso il valore di una vita umana? Il valore è proprio nulla. Se davvero diventerà una visione del mondo diffusa, che la vita non vale nulla, mentre muoiono a migliaia in ogni istante, solo allora l’annientamento sarà compiuto.
La giusta dimora del dolore (28 marzo 1942)
E, alla fine: all’afflizione del mondo non si dovrebbe porgere, di quando in quando, un piccolo riparo? E a Ilse Blumenthal un bel giorno, dirò forse: sì, la vita è magnifica, e alla fine d’ogni giorno io ne faccio l’elogio, mentre so che figli di madri, come lei è una madre, vengono assassinati nei campi di concentramento. E il dolore che ne viene dobbiamo saperlo sostenere, possiamo lasciare che ci schiacci ma dovremo tornare a rimetterci in piedi, perché una persona è così forte, e perché il dolore deve diventare, per così dire, una componente di noi stessi, un pezzo del nostro corpo e della nostra anima, non dobbiamo fuggirlo, ma sostenerlo, come una persona matura, non reagire con sentimenti d’odio che vogliano vendicarsi su tutte le madri tedesche – le quali, proprio adesso, in questo momento, si trovano a sopportare lo stesso dolore per i loro figli caduti e massacrati.
A questo dolore bisogna garantire in se stessi tutto lo spazio e la dimora che gli è dovuta, e in questo modo può darsi che il dolore nel mondo diminuisca, se ognuno sopporta, con lealtà e serietà, completamente, ciò che gli viene inflitto. Ma se al dolore non si offre la giusta dimora, se si offre uno spazio maggiore all’odio e ai pensieri di vendetta, da cui ancora nuovo dolore nascerà per altri, il dolore in questo mondo non avrà mai fine, ma potrà soltanto moltiplicarsi. Quando avrai riconosciuto al dolore il luogo e lo spazio che gli è dovuto in forza delle sue origini nobili, allora potrai dire: la vita è così bella e così ricca. Lo è così tanto, che potresti confidare in Dio.
Intensamente vivere e soffrire (26 maggio 1942)
[…] Insomma, non è questa l’unica cosa giusta? Così intensamente vivere e soffrire e immergersi in questo frammento di vita, da un giorno all’altro, ma con lo spirito restare orientati agli orizzonti vasti che si trovano dietro questi giorni e questi anni. E quindi, avere come un sentimento di purificazione in se stessi, il sentimento che forse avremo quando, tra diversi anni, divenuti maturi e mutati, guarderemo indietro a questo periodo. Vivere così completamente, con ogni battito del cuore, in questo adesso ricco e privato, e insieme sapere che, libere e infinite, le strade si aprono verso gli anni che verranno, verso paesi lontani e anche verso il cielo.
Molto, moltissimo (4 luglio 1942)
Una cosa, comunque, è sicura: bisogna aiutarla a crescere, la riserva d’amore su questa terra. Ogni scheggia d’odio aggiunta a questi troppi odi rende questo mondo ancora più inospitale e più invivibile. E di amore io ne ho molto, moltissimo, così tanto che già davvero qualcosa ha contato, e non è più così poco. E adesso, bisogna davvero che vada a dormire.
In mezzo alla realtà (7 luglio 1942)
Io so da me stessa solo questo: dobbiamo lasciar andare persino le nostre preoccupazioni per coloro che amiamo. Intendo questo: tutta l’energia e amore e confidenza in Dio che abbiamo in noi e che in me nell’ultimo periodo stanno così meravigliosamente crescendo, dobbiamo tenerle in serbo per coloro che ci capiti d’incontrare per caso sul nostro cammino e che ne abbiano necessità. […]
O l’uno o l’altro, di questi tempi: o si pensa unicamente a se stessi, “senza alcun riguardo”, e alla propria sopravvivenza individuale, oppure si allontanano da sé tutti i desideri personali e ci si abbandona. E questo abbandono, per me, non conduce alla rassegnazione, al lasciarsi morire, ma piuttosto, là dove Dio per caso mi porrà, a soccorrere come posso, e non a essere riempita dalla mia personale angoscia e smarrimento. […]
Più difficile (10 giugno 1942)
Tutto è immensamente più difficile, ho detto, e io vorrei rendere di nuovo tutto leggero, ma non al punto che diventi una menzogna.