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L'evento

Caravaggio in purezza. Una mostra a Roma tra opere inedite e scoperte recenti

Tommaso Ricci

Rissoso ed empatico, capace di far precipitare emotivamente lo spettatore dentro le sue raffigurazioni. In corso a Palazzo Barberini una straordinaria occasione per celebrare il maestro lombardo: 24 opere provenienti da tutto il mondo, tra cui l'Ecce homo ritrovato in Spagna

“Fecer crudel congiura, / Michele, a’ danni tuoi Morte, e Natura: / Questa restar temea / da la tua mano in ogni imagin vinta, / 
ch’era da te creata, e non dipinta; / Quella di sdegno ardea, / perché con larga usura, / quante la falce sua genti struggea, / tante il pennello tuo ne rifacea.”

E’ con autentica esuberanza barocco-partenopea – se confrontata alla sobrietà dell’epitaffio funebre di Pietro Bembo per l’amico Raffaello – che il poeta Giovan Battista Marino verseggiò sulla morte dell’amico artista Michelangelo Merisi da Caravaggio. Entrambi i letterati misero però in evidenza che la Natura temeva d’esser sconfitta dall’arte dei due pittori, morti giovani ambedue, 37 e 39 anni, però distinti e distanti: tanto è delicato e soave l’uno, quanto è irruente e rapinoso l’altro. La straordinaria mostra in corso a Palazzo Barberini a Roma (sia lode a Francesca Cappelletti e a Maria Cristina Terzaghi, curatrici) offre un Caravaggio in purezza, senza scorte di predecessori, di coevi e di succedanei: “solo” 24 opere del maestro lombardo convenute qui d’ogni dove, con una cospicua presenza “americana” (ben 5) che fa macchia e induce a riflettere sulla grande occasione romana. Da un calcolo sommario, occorrerebbero infatti circa 10 mila euro e una settimana di tempo per andare da Roma a visitare il Met a New York, il Wadsworth a Hartford, il Nelson Atkins a Kansas City, l’Institute of Arts a Detroit, il Kimbell a Fort Worth dove ormai hanno preso residenza le opere americane concesse alla mostra con inattuale liberalità: magari il protezionista Trump avrebbe imposto i dazi al loro ingresso negli Usa… E poi ci son da calcolare i tre prestiti stranieri da Madrid, da Dublino e da Londra. 

Ma non finisce qui: a Palazzo Barberini è sbarcato, in anteprima extraspagnola, l’Ecce homo di recente scoperto a Madrid e in possesso privato, come di collezione privata ed esposto per la prima volta è un ritratto di Maffeo Barberini su cui l’unanimità degli studiosi ancora non c’è. E che dire della commovente presenza, in questo folto raduno caravaggesco, dell’ultimo quadro uscito dal suo pennello, il Martirio di Sant’Orsola, messo incautamente ad “asciuttare” al sole di Napoli da un mediatore per affrettare la consegna al committente e in tal modo danneggiato; il recentissimo, delicato restauro, ad opera di Fabiola Jatta e Laura Cibrario, lo restituisce in gran forma, con il carnefice unno, il re Attila, ben visibile, come pure il toccante autoritratto dell’artista poco prima dell’inattesa morte. Certo, quel buio che allaga molti suoi dipinti non è solo funzionale a far risaltare la luce (salvifica?), perché “gli scuri ingagliarditi” descrivono il mondo a lui circostante, fatto di patimenti e miserie, gravanti soprattutto sui più umili, protagonisti della sua poetica.

Siamo da 70 anni, grazie a Roberto Longhi, in piena venerazione di pubblico e di critica di questo artista maudit, che tolse la vita a un uomo durante una partita di padel (si chiamava pallacorda) e la restituì vivida a molti uomini e donne su tela; un rissoso da cui stare alla larga (Guido Reni rifiutò di duellare con lui) e un empatico che fa precipitare emotivamente lo spettatore dentro le sue raffigurazioni. Ma il buio che domina “nei” dipinti di Caravaggio ha regnato per secoli anche “sui” suoi dipinti: “espresse nella sua arte la volgarità e l’empietà”, scrisse John Ruskin. “Nato per uccidere la pittura”, disse di lui il sommo classicista Nicolas Poussin. L’interesse per la sua opera nasce dal dramma della sua vita e non dalla sua qualità d’artista, secondo Bernard Berenson e Roger Fry. Visioni grettamente moraliste, che d’altro canto vanno sottobraccio a tanti giudizi sulla Riforma cattolica (aka Controriforma) di cui Caravaggio, col suo “misticismo realistico” (Walter Friedländer), fu punta di diamante.

C’è stato anche chi ha ravvisato nell’opera del Merisi pulsioni anticattoliche e anticlericali: ma allora come mai tante delle opere in mostra, come pure tutte quelle nelle chiese, gli furono commissionate da cardinali curiali di quella tetra Chiesa controriformistica? Suvvia, meno ideologia e più storia. Michelangelo Merisi è stato un fervente peccatore cattolico del Seicento. Una volta, fuggiasco a Malta, gli venne offerta dell’acqua benedetta: “Perché?” chiese lui. Serve a cancellare i peccati veniali, gli fu risposto. “A me non serve”, replicò, “io ho solo peccati mortali”.