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Lo scrittore israeliano al Festival Soul a Milano

Grossman, la "fiducia" e gli ostaggi

La storia, la tragedia di due popoli e la "fragile" ipotesi

Maurizio Crippa

David Grossman nell'aula magna dell'Università Cattolica per il festival dedicato alla parola "Fiducia". A parlare di letteratura e amore, ma soprattutto del dramma in corso e del presente. MA chiude con un appello potente: "Pensate ogni giorno per un attimo agli ostaggi"

Mi ha davvero sorpreso che eravate voi a essere sorpresi”, sorpresi gli organizzatori che lo avevano invitato a Milano, a parlare di “Fiducia fragile”.  Invece “io mi sono sentito grato”. Essere sorpresi dalla fiducia, che nel titolo dell’evento è “la trama del noi”, è l’abbrivio un po’ cerimonioso, molto affettuoso. David Grossman, la camicia sportiva blu, senza giacca, trattenuto e quasi monastico, è venuto a Milano accettando la sfida di un festival spirituale – promosso dall’Università cattolica del Sacro Cuore e dalla Arcidiocesi di Milano – ma quella parola, fiducia, ha voluto declinarla in un modo suo: fragile. Non c’è nemmeno da chiedergli il perché, lo scrittore Alessandro Zaccuri che lo intervista e il pubblico non ne hanno bisogno: “Oggi nel mio paese dominano la rabbia e la violenza e anche il razzismo, quindi quando ti capita una cosa che invece parla di fiducia quasi non ti ricordi nemmeno più che puoi essere così, che puoi essere ‘buono’. Dobbiamo arrestare questo sospetto. Ma la mia realtà di oggi mi impedisce di coltivare la fiducia, e la gentilezza”. E’ sufficiente conoscere la biografia del grande scrittore israeliano, e i suoi libri in cui a tratti la trasfigura, il suo impegno di sinistra laburista, per la politica di pace con i palestinesi, il suo reportage dalla Striscia di Gaza già prima dell’intifada (Il vento giallo) e il dramma della morte del figlio militare di leva per capire che le parole non sono coreografia, che parlare di fiducia  “è la possibilità di sé stessi”.

 

Grossman ha parlato mercoledì nell’aula magna della Cattolica, incontro inaugurale di “Soul-Festival di Spiritualità”, alla seconda edizione. Una sorta di “Cinque giornate di Milano dell’anima”, o il necessario momento per la città di “prendersi una pausa”. La sete di spiritualità svela “l’esistenza reale e non la fiction di noi stessi” per usare le parole del cardinale poeta José Tolentino de Mendonça, capo del dicastero per la Cultura,  protagonista negli incontri a Milano.

 

Un tema religioso ma anche laico: “La fiducia è fragile perché è affidata alla libertà di rischio, è un’apertura di credito verso l’altro e la vita”. Ma per uno scrittore ebreo che, ateo, ha spesso incrociato le sue narrazioni con quelle bibliche, per uno scrittore che ha “sempre vissuto con la guerra, e probabilmente vivrò con la guerra tutta la vita”, il tema non può essere solo la letteratura – se ne è parlato, con l’autore di Vedi alla voce: amore e del bellissimo racconto L’abbraccio (il bambino, alla madre che prova a convincerlo di essere “unico”, risponde “io non voglio essere unico perché se no sarò solo) – ma è ovviamente la Storia, con la maiuscola per significarne il peso doloroso: “Io a questo punto parlo di Israele. Perché non sappiamo più avere fiducia nei palestinesi, nei siriani. Quanto è più facile essere cattivi. Invece essere  fiduciosi è la possibilità di essere su una strada diversa”. Ma oggi, non è permesso, “noi non permettiamo nessun cambiamento. La nostra fragilità è come se fosse uno scudo”. E ancora: “Se vivi nel conflitto, si diventa grandi guerrieri e noi lo siamo diventati, anche i palestinesi. Ma questo non permette di vedere di vedere la realtà anche con l’occhio del nemico”. I libri? Riuscire a raccontare una storia anche con l’occhio dell’altro è il primo passo. Invece: “E’ più facile continuare a odiare, perché è una cosa che conosci”. La testimonianza di Grossman spazza via irenismi troppo facili (intervistato ieri dal Corriere, il patriarca di Gerusalemme Pizzaballa diceva: “Manca la fiducia. E non puoi costruire prospettive se manca la fiducia. Per questo è così difficile”). Ma la fine dell’intervento di Grossman è da brividi: “Faccio un appello”, ha detto al pubblico: “Di pensare agli ostaggi. Da quel giorno è come se io avessi due orologi: il mio tempo e il loro. Vi chiedo una cosa: pensate a queste persone, pensate a loro almeno una volta al giorno. Questo ci aiuta a essere esseri umani”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"