L'editoriale dell'elefantino

Pensierini sparsi per sfuggire alla presa dell'AI

Giuliano Ferrara

Il sublime bambinesco di Trump, che, proprio lui,  sta a sindacare sul conflitto d’interessi potenziale di Musk. La storia che si riscrive, eccome, anche di fronte a un manifesto che va  preso nel suo contesto, dunque riscritto

Visto che il mio doppio umanoide scriverebbe alla mia maniera o quasi la mia trentennale rubrichetta del lunedì, nata quando l’AI, fermentata dal seme di quella checca matta di Alan Touring (se non ci fossero froci e ebrei saremmo ancora nelle caverne), era in culla, provo a fare considerazioni sparse per sfuggire alla sua presa. Chissà che lo spargimento di pensierini non mi consenta di sfuggirgli, a lui e alle domande spensierate ma geniali del Ciliegia

 

Primo. Elon Musk ha passato un’ora e mezzo con Pete Hegseth, il Francesco Giorgino a capo del Pentagono per volontà di Trump. I rumors hanno subito inferito dall’incontro che il tema in discussione fra il mostro di Space X, cioè dei satelliti, e il sovrintendente civile dell’esercito più potente del mondo fosse la simulazione, forse AI o forse più realistica, della guerra con la Cina.

 

Il Potus, che detesto con tutte le mie forze ma al quale non posso negare un certo candore da bambinone volitivo, ha smentito che potessero mai aver parlato di quel bell’affare perché, ha detto, Elon ha i suoi business con la Cina e dunque non potrebbe mai essere messo al corrente dei nostri piani di eventuale globalizzazione della guerra dei mondi. Dunque i due avranno al massimo parlato dei piani di sfoltimento dell’amministrazione civile del Pentagono, materia dell’agenzia Doge, quella che dà gli incubi a tanti compreso l’ex ministro Brunetta e altri eroi come Cottarelli della spending review, risparmi di quattrini federali, e poco più, poco altro di similare. Sublime bambinesco: ha messo Musk nel vasetto della marmellata, si accompagna a lui in maglietta supernerd nello Studio Ovale, gli compra la Tesla rossa nuova fiammante, e poi sta a sindacare sul suo conflitto di interessi potenziale, guerra più guerra meno, Cina più Cina meno. Sono sbalordito, attonito, incantato: uno che dice questo, come una donna che dica la sua età (come scherzava Wilde), può dire qualunque cosa. 

 

Secondo. A Massimo Giannini, che è un bravo ragazzo afflitto dalla sindrome del banale, è sfuggito un titolo che mi ha impedito la lettura del suo articolo: LA STORIA NON SI RISCRIVE. Sappiamo tutti che la storia come accadimento è intoccabile (Tommaso d’Aquino scriveva che nemmeno a Dio è possibile fare sì che il passato non sia stato), ma la storia come storiografia, e la storiografia come esercizio di pensiero critico e politico, è una continua scrittura e riscrittura. Il Manifesto di Ventotene è una fonte per la riflessione storica. Va preso nel suo contesto, dunque riscritto. Se quel clamoroso esempio di eroismo profetico, che tutti in quanto tale rispettiamo, viene ripubblicato come un manifesto di valori attuali e sbandierato per tale in una piazza dell’Italia dei valori, allora devi aspettarti la riscrittura e l’aggiornamento: è un evidente anacronismo, quell’attacco all’autodeterminazione democratica e quella invocazione illiberale alla dittatura, e come tale deve essere riscritto per onestà politica e intellettuale. Che c’entrano l’oltraggio, l’antifascismo? Già nel 2014, e anche prima, gli storici meno convenzionali e meno conformisti avevano considerato quell’anacronismo alla luce riscrittoria della nozione democratica e liberale delle istituzioni europee di oggi e dei decenni passati dal 1941, anno di concezione del Manifesto. Davvero è così difficile divincolarsi dai lacci della saccenza e prepotenza culturale, della fissità ideologica, questo sì un vero oltraggio al nucleo federalista e antinazionalista e europeista del Manifesto? 

 

Terzo. Quando, fatto il giretto del mondo, il dibattito analitico sull’esperimento del Foglio AI tornerà in Italia, ci accorgeremo, credo, della novità che segnala e incarna in modo sconcertante. Ci siamo già stupiti per il fatto che era possibile, digitando “Ezechiele Bibbia” o anche “Ezech Bib” su uno schermo bluastro che ha sostituito il foglio bianco o l’Enciclopedia Ebraica o la Treccani di carta, ottenere una quantità inverosimile di informazioni sui Profeti, per dire del potere dell’algoritmo. Ma qui per la prima volta osserviamo, in un mezzo di comunicazione e socializzazione tipicamente umano come il giornale, l’epitome o raccolta di ciò che siamo, la preghiera di ogni giorno che ci situa nel nostro mondo quotidiano, secondo Hegel, osserviamo che alla domanda nostra, alla nostra inchiesta nell’AI, risponde una macchina che è qualcuno, che ha un qualcosa di tremendamente soggettivo o lo sa simulare con una tale perfezione da arrivare a stupirci e persuaderci. Che trucco.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.