Mario Vargas Llosa (Ansa) 

Il Nobel liberale. Vargas Llosa era unico nel mondo dei grandi letterati che sono sempre dei nani morali

Giulio Meotti

A Parigi leggeva di nascosto gli editoriali di Raymond Aron sul Figaro alla ricerca di un pensiero che gli restituisse l'ossigeno della libertà. Un raro esempio di scrittore liberale e coraggioso difensore dell'indipendenza contro ogni forma di totalitarismo

Un giorno Mario Vargas Llosa chiese a un amico: “Conosci qualche liberale spagnolo?”. Di peronisti, castristi, chavisti, sandinisti e caudillisti ne conosceva tanti, di liberali nessuno.”Ero convinto che uno scrittore che si dichiara liberale non avesse alcuna opportunità di vincere il Nobel”, disse Vargas Llosa al Monde quando a Stoccolma gli assegnarono il blasone. Venne su di sinistra, ma con uno scetticismo flaubertiano che ne temperava il socialismo. E quando Castro appoggiò la repressione della Primavera di Praga, Vargas Llosa si ribellò: “Fui attaccato ferocemente, ma per la prima volta mi sentii a mio agio: da allora non ho mai scritto una parola in cui non credessi, a differenza di molti scrittori”. Lui, che a Parigi leggeva di nascosto gli editoriali di Raymond Aron sul Figaro, si mise alla ricerca di un pensiero che gli restituisse l’ossigeno della libertà. Gli amici francesi, primo fra tutti Jean-François Revel, lo guidarono verso nuove letture. E così il liberalismo di Vargas Llosa entrò nella realtà sudamericana. Era un Nobel strano che ammirava Margaret Thatcher. 


“Quando arrivai in Inghilterra era un paese decadente, tempi duri, e Thatcher mise fine alla sinecura dei sindacati, creando il libero mercato e difendendo la democrazia mentre affrontava la Cina, l’Unione Sovietica, le dittature più crudeli della storia” scriverà Vargas Llosa. Sono anni di apostasia: “Iniziai a leggere Hayek e Popper. Il contributo di Thatcher e Reagan alla cultura della libertà è una realtà mal ritratta da media influenzati da una campagna di sinistra”. Blastava “il perfetto idiota latinoamericano” che vedeva nella figura del “famoso saggista statunitense” (Noam Chomsky) che “una volta scrisse che Cuba era come un grande fallo sul punto di penetrare nella vulva nordamericana”. Sferzava il politicamente corretto, “il nemico della libertà che dobbiamo combattere in quanto distorsione della verità, una sorta di dittatura del pensiero unico che impedisce il libero scambio di idee nell'università, nei media e nei social network in nome del fanatismo identitario”.  Fu uno dei pochi a schierarsi con Salman Rushdie nel 1989: “Gli scrittori dovrebbero unire le forze in questo momento cruciale della libertà creativa. Pensavamo che questa guerra fosse vinta molto tempo fa, ma non lo era. In passato, sono state l'Inquisizione, il fascismo e lo stalinismo; ora è il fondamentalismo musulmano”. 


Avrà parole di stima anche per Ratzinger: “Uno dei più significativi intellettuali contemporanei, le cui riflessioni nuove e acute forniscono una risposta ai problemi morali, culturali ed esistenziali della nostra epoca”. Non sopportava i politici occidentali che aprivano all’Iran: “Là stanno tirando pietre a donne adultere: com’è possibile che si legittimi questa forma anacronistica di fanatismo?”. Quando venne sterminata la redazione di Charlie Hebdo, Vargas Llosa prese carta e penne per mandare queste righe al Pais: “Je suis Charlie. Credo che l’occidente, l’Europa, il mondo libero debbano prendere atto che c’è una guerra che si sta svolgendo nel loro territorio e che questa guerra la dobbiamo vincere se non vogliamo che la barbarie prenda il posto della civiltà”. Conversò con Philippe Lançon, uno dei sopravvissuti  di Charlie. “L’irriverenza è una delle più grandi conquiste della civiltà”. Di autentici liberali non ne passano spesso. Di Nobel liberali ne è passato soltanto uno. Mancherà.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.