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E l'esperto nega pure l'interiorità. Poveri romantici, poveri psicoanalisti!

Alfonso Berardinelli

Mente umana e macchine pensanti, un singolare punto di vista sulla conversazione tra Michele Silenzi e il professor Riccardo Manzotti su queste colonne

Se torno a pronunciarmi e a scrivere un articoletto sul rapporto fra esseri umani e macchine (soprattutto quelle “pensanti” e “intelligenti”) è per ricordare e sottolineare che il mio punto di vista in proposito è il punto di vista di un singolo individuo che rappresenta solo sé stesso e chi concorda con lui, o gli somiglia nel dire “io”, non per superbia egocentrica ma per umile, ironica onestà.
Il genere umano, in nome di cui sembro dire la mia, è una categoria universalistica. Fra il puro individuo e l’umanità in generale c’è comunque il tipo con la sua tipicità. Nel mio caso si tratta di un maschio anziano, italiano e romano, ventenne anni Sessanta, proveniente da famiglia operaia, ora ceto medio basso, intellettuale letterato senza futuro, che liberamente filosofeggia, caratterialmente contemplativo, insocievolmente socievole, a disagio nelle istituzioni e con tendenze anarchiche nonviolente. 

 

Per tutto questo non “mi metto” da un punto di vista, “sono” un punto di vista per cultura e fisiologia. Non guardo al presente dal punto di vista del futuro, che mi interessa poco, bensì dal punto di vista del passato, quello personale e quello definibile come “storia della cultura”.

 

Quando parlo delle due intelligenze, quella reale e vivente umana e quella delle macchine, che solo metaforicamente e per così dire sono intelligenti e pensanti, mi viene subito in mente che nel passato c’è l’intera storia della cultura e delle culture: antropologia, letteratura, arti e religioni, scienze e filosofie; mentre dal punto di vista di un presente che guarda al futuro c’è poco più che la crescita economica e quella tecnologica al suo servizio, che promettono agli esseri umani longevità, difesa dalla natura, comodità, velocità, salute e un benessere più mitizzato che ben definito. Vedo che ora, con questa idea di un presente-futuro, le migliori eredità dell’intelligenza raggiunta nel passato sono dimenticate e non messe in conto come un’eredità viva.

 

Considerata l’abbondante quantità di argomenti che si possono leggere anche solo sul Foglio di queste ultime settimane, riprendo il filo del discorso usando un solo articolo: quello dell’11 aprile di Michele Silenzi, che conversa con un autorevole studioso della questione macchine-esseri umani, il professor Riccardo Manzotti, ordinario di Filosofia teoretica allo Iulm, già Fulbright Scholar al MIT e “uno dei massimi esperti italiani dell’interazione tra mente umana e intelligenza artificiale”.

 

Per brevità trascuro le domande di Silenzi e mi fermo su qualche idea del professor Manzotti, il quale non scherza nel decidere subito che “il pensiero è sempre stato una causa invisibile immaginata per giustificare il linguaggio”. E aggiunge: “Fino a ieri l’uso della parola sembrava essere l’espressione del pensiero che si credeva occupare una dimensione metafisicamente invisibile, cioè la tanto decantata interiorità, che però è sempre stata un po’ l’isola che non c’è”.

 

Dunque non esiste il pensiero, presupposto immaginario del linguaggio, e non c’è l’interiorità “tanto decantata” (ah, i romantici, così sentimentali! Ah, gli psicoanalisti! Ah, quei cristiani secondo cui con sant’Agostino la verità è nell’uomo interiore!).

 

Devo quindi convincermi che il professore non pensa e l’interiorità non la conosce: deve essere un perfetto o coatto estrovertito che dice tutto senza prima pensarlo, e per sé non si tiene in testa niente. O forse ha realizzato il vuoto mentale dei maestri zen, e non ne esce mai. Ma come realizzare quel vuoto se non c’è l’interiorità a farglielo capire? Misteri dell’esperto di mente umana e di intelligenza artificiale. Il quale tuttavia si permette anche di parlare di libertà e volontà, le facoltà mentali più insondabili. C’è bisogno che i ricercatori e gli studiosi studino ancora e pensino, pensino a procurarsi altri fondi di ricerca. 

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