(Ansa)

sul palcoscenico

Clooney torna al teatro dopo 40 anni, anche per rischiarare i tempi bui

Mariarosa Mancuso

L'attore torna in scena con "Good Night, and Good Luck", la pièce che nel 2005 aveva diretto al cinema. Con Patti LuPone, si parla di democrazia, memoria storica e della potenza del palcoscenico

A guardarlo fa impressione. Capelli nerofumo, senza un filo bianco e neppure una sfumatura. Roba che in natura non esiste, e nei saloni dei bravi parrucchieri neanche. E infatti la sua partner, l’attrice Patti LuPone, ha un bel caschetto color miele, che prende la luce nei punti giusti. George Clooney è così conciato per recitare a teatro la pièce che nel 2005 aveva diretto al cinema: “Good Night, and Good Night”. Il giornalista Edward R. Murrow che si oppose a Joseph McCarthy, che voleva mettere in galera tutti i comunisti, e andò a cercarli sui palcoscenici di Broadway e a Hollywood.

Clooney sostiene che i gemellini (la mamma è Amal Alamuddin, avvocatessa impegnata sul fronte dei diritti umani) ridono molto quando lo vedono così conciato. Nessuno invece ha visto i gemellini, protetti da un servizio di sicurezza che neanche il conclave. Su Variety – che li ha fotogratati in vista del debutto a Broadway – George Clooney e Patti LuPone si scambiano un po’ di complimenti, poi subito il discorso prende una svolta seria. Il futuro della democrazia e la ferma convinzione che l’arte possa rischiarare questi tempi bui

Intervallo: la questione delle paghe. Gli attori in teatro sono meno pagati. Conferma Mrs LuPone: “Devo sempre combattere”. Ma aggiunge: per gli attori, è il luogo ideale, nessuno arriva di corsa mentre stai lavorando e sbraita “stop”. Ti deve piacere il mestiere: per essere un “animale da palcoscenico”, servono muscoli e disciplina. Chiede a Clooney Patti LuPone: e tu, da quando non sali su un palcoscenico? “Quarant’anni” risponde George. “Ma le cose nuove non mi sorprendono. Sono anni che mia moglie Amal e i miei amici cercano di organizzarmi una festa a sorpresa. Non do nessuna soddisfazione”. (Pare sia la pressione bassa, non dimostra tensione neanche con lo stomaco annodato).

Il dramma è ambientato nel 1954. Anni lontani e diversi. Il protagonista è un giornalista – appunto, Edward R. Murrow – che per primo entrò nei campi di concentramento, che stava sui tetti mentre bombardavano Londra, credeva nella verità a costo di mettere a rischio la carriera. Un campione, nel suo mestiere, che potrebbe ispirare anche oggi. Alla fine, gli spettatori in teatro vedono un montaggio di storia della televisione: la cronaca, gli omicidi politici di Martin Luther King e Kennedy, lo sbarco sulla luna. E poi certo – continua George Clooney – arrivavano i comici. Pagati per far ridere. Il pubblico non rideva di ogni cosa, con la crudeltà che vediamo oggi. 

McCarthy era un demagogo – continua Clooney. Un incantatore di folle. Dobbiamo ricordare quelli del passato, per riconoscere quelli di oggi. L’arte, insiste Patty LuPone, “deve fare la sua parte prima di essere ridotta al silenzio”. Un tantino esagerato: l’arte con un progetto politico di solito è brutta, e in ogni caso diventa pericolosa. Il commento è nostro, e a sostegno della tesi ci sarebbe da dire che non sempre i film “impegnati” di George Clooney sono riusciti benissimo. E parlando di cinema o di teatro, le intenzioni – per quanto buone – non migliorano né la recitazione, né la regia, e neanche il testo della pièce. Il discorso si fa più leggero – ma non tanto – sui cellulari che disturbano attori e pubblico. La gente che va a teatro e chissà perché deve riferire ogni battuta agli amici rimasti a casa. O seguire quel che a casa dicono di tanto interessante. Per forza deve essere così: in caso di emergenza vera, uno ascolta la ferale notizia e lascia il la sala cercando di non disturbare i vicini. Quanto a Elon Musk, i due attori sembrano incuriositi, ma francamente senza idee precise. Ricordano, insieme, che però questa non è l’epoca peggiore da vivere.

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