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Modernità, dove sei finita? Progresso e anacronismi del nostro tempo
Le contraddizioni di oggi, come la persistenza delle religioni e la diffusione di una letteratura prodotta dalle macchine, mostrano come l'anacronismo e il rifiuto della cronologia lineare siano diventati una forma di resistenza al progresso
Come docente universitario di Letteratura contemporanea e di Storia della critica ho insegnato per un quarto di secolo che cos’è la modernità. Quegli anni, che furono il mio presente, mi sembrano ora un passato a stento comprensibile. Modernità, dove sei finita? Dove sono finiti la razionalità e l’individualismo, i due valori fondamentali dell’Illuminismo e del Romanticismo, cioè della modernità? In quanto categoria storico-culturale, la modernità era e avrebbe dovuto essere una ovvietà sotto gli occhi di chiunque, ogni giorno e dovunque. Eppure i fenomeni culturali, artistici, scientifici, sociali e politici continuavano ad avere bisogno di spiegazione e interpretazione. Le avanguardie artistico-letterarie, la cultura di massa, l’industria culturale, la psicologia del profondo, la fisica relativistica e quantistica, il protagonismo delle masse, i totalitarismi, la libertà creativa individuale e la crisi dell’individuo, erano fenomeni affascinanti non solo per la loro realtà, ma forse soprattutto per le idee che richiedevano per essere definiti e messi in rapporto gli uni con gli altri. La cultura delle interpretazioni sembrava costituire un corpo a sé, una stratificazione di metodi analitici, di formule esplicative come alienazione e rivoluzione, creatività, rivolta, angoscia…
Se facciamo sbrigativamente un bilancio dei primi venticinque anni del Duemila, la cosa che sorprende di più è l’esiguità, la povertà culturale e intellettuale. Le arti non vengono neppure più interpretate: sono arte e basta, la cosa è il nome. Le scienze si materializzano così velocemente in tecnologie da essere prontamente accettate come intoccabili e indiscutibili: realtà nuove e domani già tranquillamente acquisite quanto modernizzazioni progressive. Il tempo attuale è soprattutto un rumore informativo e informatico che non sembra più chiedere un perché. Sui rapporti di causa ed effetto, da ieri a oggi e da oggi a domani, si scivola per prudenza e per fretta. La rivoluzione informatica la si dà per avvenuta già da qualche decennio e il mondo digitale abita in ogni casa e in ogni atto della vita privata e pubblica. Se c’è qualcosa di fastidiosamente inspiegabile, eppure reale, è l’anacronismo, sono gli anacronismi: il fatto che non coincidiamo completamente con “il passo dei tempi” e una certa quota di passato fa parte in un modo o nell’altro della nostra vita e della nostra cultura. Non tutto in noi ubbidisce alla logica del tempo lineare, che va sempre avanti e non si lascia niente dietro. La storia, in realtà, va e viene, procede e torna indietro, cancella e conserva.
Al primo posto fra gli anacronismi ci sono le religioni. Benché concepite e fondate decine di secoli fa, le religioni testardamente perdurano. Nessuna moda è riuscita ad abolire il suono delle campane nell’Occidente cristiano o che tale si crede. E’ vero che le chiese sono sempre più vuote. Eppure il bisogno di frequentarle, talora in massa, non si è estinto. Le arti visive sono quasi del tutto sparite in una specie di suicidio, dato che qualunque oggetto fisico può essere battezzato pittura o scultura. Ma gli autori di poesie, di romanzi o canzonette, si moltiplicano. Ce ne sono migliaia, milioni. E questo comincia a sembrare un sorprendente anacronismo, dato che la tradizione culturale della letteratura è in disfacimento. Le macchine hanno già mostrato di saper produrre letteratura, eppure di aspiranti scrittori è pieno il mondo. E credo che ci si ostinerà ancora a lungo a scrivere una letteratura che l’AI sembra aver già imparato a sfornare meccanicamente, senza errori né cadute di gusto… Il fatto è che gli esseri umani riescono a essere tanto conformisti da seguire ciecamente qualunque moda (tutti coperti di tatuaggi, tutti che dicono “ok”, senza un perché). Ma sono anche così incorreggibili da credere ancora che si attira l’attenzione andando “al passo coi tempi” e con le mode. La modernità è una mania vecchia di secoli, risale a una famosa querelle scoppiata in Francia nel 1687, che opponeva tradizionalisti e innovatori.
C’è poi anche la schiera sempre ampia dei conservatori paradossali, quelli cioè che conservano e ripetono le innovazioni avanguardistiche di un tempo: credono ancora nel valore delle “provocazioni”. Quella che viene trascurata è la rivolta dell’andare controtempo, la rivolta o la naturalezza dell’anacronismo. E’ il rifiuto di ubbidire alla progressività cronologica. Nel 1956, nel suo L’uomo è antiquato, Günther Anders scriveva che come “critica della tecnica” e come “distruzione delle macchine” andrebbe intesa anche l’eliminazione delle armi atomiche. Se il progresso è eliminazione dei mali del passato anche prossimo (il passato moderno) non si vede perché la distruzione di certe macchine o l’eliminazione del loro uso non potrebbe essere un progresso. Se ci sono macchine che mostrano di possedere un pericoloso potenziale negativo, distruggerle o eliminarle non sarebbe forse una positiva distruzione della distruzione? E se “non si può” farlo, si dovrebbe vedere quale potere lo vieta. Quale potere è nemico del progresso.

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