Di problemi il web ne ha diversi, non solo le fake news
In questi giorni centinaia di utenti dei social erano tutti alla stazione Tuscolana di Roma. Possibile?
Venerdì pomeriggio, prima di spegnere il pc per un weekend di meritato riposo, mi sono sentito come Frédéric Beigbeder o William "Bill" Foster nel peggiore dei venerdì possibili. Tutta colpa di una e-mail che mi invitava a partecipare ad una campagna pubblicitaria in cui avrei dovuto raccontare il falso, addirittura aggiungendo commenti entusiasti anch'essi falsi, in cambio di qualche euro in buoni acquisto su Amazon. (che sotto Natale possono certamente far comodo, ma non è questo il punto).
Forse è meglio fare prima un passo indietro: sul web non esistono solo le Fake News, non esistono neanche i migliori ristoranti di Londra, ma esistono una serie di aziende che sono disposte a pagare per far raccontare di loro a chiunque abbia il pollice opponibile, una connessione internet e siano disposti a vendere anche le loro emozioni online per pochi spicci.
Nello specifico mi veniva chiesto di raccontare con entusiamo dei graffiti presenti in una stazione della metro di Roma, che rappresentano i personaggi della serie "Gomorra". Di seguito un estratto della mail:
A me come potenzialmente ad altre centinaia di persone che frequentano l'online, viene chiesto di scrivere il falso con un artefatto entusiasmo. La sensazione di nausea provata da Beigbeder nel suo "Lire 26.900" (edito da Feltrinelli), compare in tutta la sua crudezza: "Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in Photoshop. Immagini leccate, musiche nel vento. Quando, a forza di risparmi, voi riuscirete a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre insoddisfatti. Il Glamour è il paese dove non si arriva mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma."
Come operatore del web, non mi sento il più duro e puro (come si dice a Roma: il più pulito ha la rogna) ma l'estremo e l'incondizionato pompaggio di cose, comincia a dar fastidio anche a chi a fine mese anche di questo paga il mutuo. Il web come il business è un dare e avere, un raccontarla più grossa e convincente per vendere qualcosa o fregare qualcuno (nella peggiore delle ipotesi, ma non la più rara).
Spesso a chi si occupa di web marketing non interessa se il prodotto che promuove serve davvero a qualcuno, perchè l'importante è venderlo e se non interessa si crea l'aspettativa e ci sono tomi in tutte le librerie specializzate in cui si insegna a come usare tutti gli strumenti della psicologia e non solo, per vendere. In ogni ufficio marketing che si rispetti c'è da qualche parte il libro del Prof. Robert Cialdini dove si spiegano cinque o sei modalità per "convincere" gli utenti e spingerli a compiere l'azione che vogliamo: darci i loro soldi in cambio di un nostro prodotto che forse o non per forza, gli è necessario. Interesse latente o interesse palese sono i modi di chi lavora online, per dire che un prodotto o un servizio è cercato davvero da qualcuno o no. Il confine lo si traccia di buone intenzioni, ma non sapendo bene quali e per chi.
In queste poche righe non voglio direi che Cialdini o il marketing sono il male e che tutto quello che c'è nel web lo è allo stesso modo, dico però che se si arriva a dover falsificare le proprie emozioni e incentivare l'ubiquità (in quei giorni alla stazione Tuscolana c'era più gente che a Rimini in Agosto), qualcosa deve essere sfuggito di mano a qualcuno o a molti.
Qual è il fine di tutto? Promuovere, far conoscere, vendere. Nulla di diverso da chiunque lavori nel commercio: si ha un prodotto e lo si vuole vendere con i mezzi che si hanno a disposizione.
Ma se si arriva a pagare chiunque per dire che invece di starsene a casa con questo freddo pungente se ne è andato alla Stazione della Metro Tuscolana (fa nulla se poi si vive a Trento), per fotografare il murales di Gomorra (tutti hanno scattatato le stesse foto perchè nessuno realmente c'è stato) e colpiti da crisi simile all'effetto Stendhal non sono riusciti a fare a meno di raccontarlo sui social in maniera entusiasta, forse il problema non è più solo chi ha ideato la campagna pubblicitaria, ma di chi si vende la propria anima digitale per qualche spiccio in buoni Amazon.