Cose turche. Pillole di Enrico Cicchetti sul referendum in Turchia
Domenica 16 aprile Recep Tayyip Erdogan, al potere da quattordici anni, prima come primo ministro e poi come presidente, si è aggiudicato la sua vittoria più incerta
51,4 per cento
Secondo l’agenzia di stato Anadolu il Sì alle riforme costituzionali volute dal presidente Recep Tayyip Erdogan e dal suo partito Akp ha vinto con un margine del 51,4 per cento contro il 48,6 di contrari. I principali partiti di opposizione contestano il risultato per violazioni della procedura di conteggio dei voti ma l’Alta commissione elettorale ha respinto i ricorsi.
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Sono gli emendamenti alla Costituzione prodotti dalla riforma di Erdogan. A partire dal 2019, nuovi decisivi poteri saranno nelle mani del presidente: la possibilità di nominare i ministri e la maggioranza degli alti magistrati, emanare decreti e sciogliere il Parlamento.
59 per cento
I Sì alla riforma dall’estero hanno toccato il 59 per cento, con punte di consenso nei paesi investiti dalle polemiche con Erdogan: 63,1 in Germania, 70,9 nei Paesi Bassi, 73,2 in Austria. Tuttavia ha votato poco meno del 50 per cento dei circa 1,4 milioni di turchi che potevano esprimersi dalla Germania.
85 per cento
Nonostante l’aumento delle relazioni economiche con i partner del Golfo, la Turchia rimane dipendente dall’occidente per gli investimenti diretti all’estero (Ide). Secondo i dati della Banca centrale, l’85 per cento degli investimenti nel 2016 è venuto dall’Ue, da altri paesi europei e dagli Stati Uniti. Solo il 15 per cento proviene dall’Asia, di cui il 7 per cento dai paesi del Golfo.
4/5
Si sono aperte alcune fratture nella base tradizionale del presidente. Erdogan ha perso per la prima volta il sostegno in quattro delle cinque città più importanti. Istanbul e la capitale Ankara hanno votato No, insieme con Smirne e Adana. Rimane fedele all’Akp soltanto Bursa, antico cuore dello stato ottomano.
2014
Il 10 agosto Erdogan vince per la prima volta le elezioni presidenziali. Era stato sindaco di Istanbul dal 1994 al 1998 e primo ministro per tre mandati consecutivi dal 2003 al 2014. L'entrata in vigore della nuova Costituzione azzererà il conto, consentendogli di restare in sella fino al 2029. Orizzonte esteso al 2034 in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.
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