(foto LaPresse)

Il virus adesso è il lavoro

Luca Roberto

Gli italiani hanno meno paura di contrarre il Covid, ma temono le prospettive economiche e il raffreddamento delle relazioni sociali. L'ultima indagine Swg

Sono passate 6 settimane dall’inizio della fase 2: la quasi totalità delle attività commerciali ha riaperto, è di nuovo possibile spostarsi su tutto il territorio nazionale, e anche condurre una vita almeno in parte abitudinaria è più semplice che a marzo o ad aprile. Complice anche il miglioramento dell’emergenza sanitaria, con i dati della Protezione civile che ogni giorno accertano meno ricoveri e meno attualmente positivi più o meno gravi, per gli italiani la principale preoccupazione non sembra essere il virus in sé, quanto il mondo nuovo ridisegnato dall'epidemia, fatto di prospettive occupazionali instabili e rapporti sociali raffreddati. 

 

 

Almeno questo è quanto suggerisce l’indagine che Swg tiene settimanalmente, e che monitora quanto e come stiamo mutando il nostro stile di vita in seguito alla pandemia. Se alla fine di marzo oltre la metà dei soggetti intervistati si diceva “molto preoccupato per il virus”, quella percentuale oggi si è più che dimezzata, mentre meno del 40 per cento teme di essere direttamente contagiato. Così in molti hanno ritrovato sicurezza nello stare a lavoro (sono il 77 per cento), spostarsi in un altro comune, tornare a frequentare i negozi di piccole e medie dimensioni e i centri commerciali, a scapito degli acquisti online che in un mese sono calati di 15 punti negli indici di preferenza. Si è, insomma, stabilizzato il senso di sicurezza per lo svolgimento delle attività quotidiane, anche di quelle che più soffrono per l’imposizione di limiti di distanziamento come l’utilizzo dei mezzi pubblici (per cui, in ogni caso, si osserva ancora una certa prudenza). 

 

 

Quando però si affronta la questione occupazionale, la tendenza è molto più stabile, e anche negli ultimi giorni la quota di chi crede che siano probabili licenziamenti è rimasta intorno al 50 per cento. Segno che le riaperture hanno avuto un effetto positivo in termini simbolici, ma faticano ancora a essere percepite come uno stimolo decisivo dal punto di vista della dinamica economica. Inoltre, la reclusione e le prescrizioni sul distanziamento sociale sembrano aver prodotto strascichi sulle relazioni: la percentuale di chi le ritiene meno piacevoli, più controllate e “fredde” non è decresciuta, anzi ha risentito di lievi incrementi proprio nell’ultima settimana. 

 

 

L’indagine, poi misura, quanto sono risultate apprezzate due delle questioni emerse negli ultimi tempi nel dibattito pubblico. Tra le proposte inserite nelle 121 pagine del Piano Colao, prioritari dovrebbero essere, secondo gli intervistati, il contrasto all’economia sommersa e al lavoro nero, e gli investimenti nelle infrastrutture fisiche del paese. Sull’app Immuni, invece, oltre la metà non è propenso a scaricarla, o perché la considera inutile, o perché teme per la propria privacy. Indicativa la categoria degli over 64: pur se volessero utilizzarla, circa il 20 per cento di loro non possiede uno smartphone e si vede costretta a rinunciare. In generale si prevede una netta biforcazione tra ambiti che, giocoforza, trarranno nuove forze dallo scenario presente, come il sistema sanitario o la digitalizzazione della pubblica amministrazione, e altri che rischiano di deteriorarsi ancor di più, come il lavoro o la qualità della vita. 

 

 

C’è infine un ulteriore capitolo che monitora l’apprensione per i vari scenari internazionali. Oltre 8 italiani su 10 si dicono preoccupati del potere sulla politica e l’economia impresso dalla Cina (ma anche gli Stati Uniti, secondo oltre il 70 per cento, incutono timore). Secondo il 40 per cento il partner internazionale privilegiato dell’Italia dovrebbe essere l’Unione europea (la pensa così il 79 per cento degli elettori del Pd). Mentre tra i leader internazionali è la Merkel a riscuotere maggiore fiducia.

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