L'attacco del Cav. al M5s e la sentenza sulla Trattativa. Di cosa parlare a cena
Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati da Giuseppe De Filippi
Che giornatina, la teniamo insieme, per favorire chiacchierate informate e civili a cena, sul filone di un poker di trattative, con destini ed esiti diversi. Una trattativa condannata (su basi discutibili), un'altra che non parte e si divide in rivoli, poi quella sul prezzo del petrolio che invece dura pochi minuti (e una volta si diceva che causava guerre), e quella che viene portata in tribunale (torniamo dalle parti della prima citata) ma negli Stati Uniti.
Nella crisi politica si apre la sub-crisi del centrodestra, definizione ora forse da archiviare o almeno da riallineare, riposizionare. Sul filo dei nervi Matteo Salvini si proponeva come interlocutore unico di Di Maio ancora più di prima, apriva spiragli, gestiva rapporti, mentre Silvio Berlusconi, probabilmente anche notando tutto ciò, in una nuova puntata molisana partiva con una serie di accuse e dileggi diretti ai 5 stelle, compreso quello che poi ha sfondato sul web.
Salvini, magari senza averne il pieno mandato, tesse la sua tela con Di Maio, mentre Berlusconi, fino a oggi, la distrugge. Ma oggi la rottura si fa così evidente che Salvini ne approfitta per cominciare a ragionare e a comportarsi come un leader autonomo. Il che corrisponde a una nuova fase, forse a nuovi equilibri, in cui però Salvini passerebbe, come peso politico personale, da una posizione quasi 1 nell'attuale agone a una posizione 3 tendente al 4 (in caso di intesa solida tra FI e Fratelli d'Italia). Insomma, non un grande affare anche se dentro potrebbero esserci un po' di ministri. E quindi a tenere comunque insieme questa specie di centrodestra, appunto in una forma comunque rabberciata, è anche il superiore interesse alla composizione non completamente populista del possibile governo futuro. Tesi sostenuta sul Foglio.
A modo suo tutto ciò è anche divertente e, come dire, conversabile. Però preparatevi a cena o a confronti duri, quasi rabbiosi, o a essere scaricati dai nuovi impolitici che vi azzittiranno a colpi di banalità su tutti che fanno così e sanno solo litigare e cosa ti aspettavi...
Ma irrompe la sentenza del processo, cosiddetto, della "Trattativa" (rapporti, con adesione alle tesi dell'accusa e condanne molto pesanti a importanti personaggi della reale alla mafia, come il generale Mario Mori, o a esponenti politici e uomini d'azienda già condannati per fatti di mafia ma anche palesemente messi da tempo nella lista dei cattivi a prescindere, come Marcello Dell'Utri. La sentenza ha sorpreso per la sua durezza e per aver totalmente scartato le robuste tesi difensive, in grado di mostrare anche evidenti contraddizioni nella ricostruzione del periodo delle stragi e poi dell'arresto di Totò Riina presentata dall'accusa. Ci sarà un seguito giudiziario, ma ci potrebbe essere, molto più vicino, anche uno strascico politico. Perché questa sentenza rappresenta uno di quei passaggi scioccanti in grado di cementare nuove aggregazioni, di spostare equilibri.
Si litiga sul prezzo del petrolio, sai che novità direte, ma c'è da registrare che alle parole di Donald Trump, incavolato assai perché, con qualche manovretta, Opec e sauditi erano riusciti a portare il barile sopra ai 75 dollari, il mercato ha risposto quasi immediatamente con una rapida ridiscesa del prezzo. L'artificio c'era, e il calo ne è la prova, ma Trump aveva ricordato, con sufficiente chiarezza, le tante petroliere cariche in giro per il mondo ma senza mercati di sfogo. Insomma, nessuna vera ragione di mercato o di mancato incontro tra domanda e offerta, ma solo, appunto, qualche trucchetto a monte del sistema produttivo.
I democratici americani intanto (vabbè che il loro è il paese delle grandi cause collettive e delle eroiche battaglie legali) assumono una posa che, almeno dalle nostre parti, fa un po' Codacons, procura di Trani, dibattito parlamentare sopra le righe.
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