Il decreto Salvini e il tempo stretto per la manovra. Di cosa parlare stasera a cena
Idee e spunti per sapere cosa succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
Governo impegnato, concentrato, iperattivo, su tutto meno che sui temi in agenda. Genova, per cui siamo già oltre il ritardo, aspetta indicazioni chiare. Non solo il decreto e la nomina del commissario ma una gestione di tutta l'operazione che non potrà essere risolta solo nei poteri commissariali (tra l'altro inferiori a quelli davvero straordinari previsti in passato per situazioni simili). Poi ci sarebbe la manovra economica. Fanno vertici ma non risolvono né il problema interno alla maggioranza, e cioè il bilanciamento tra le varie richieste programmatiche e le possibilità di aumento della spesa, né quello esterno, e cioè la questione dell'efficacia delle misure (non è in manovra ma fa parte della politica economica e il decreto estivo sul lavoro sta già mostrando la sua inefficienza) e il mantenimento di un livello accettabile di credibilità presso gli investitori internazionali (a proposito, con i traccheggiamenti recenti lo spread ha ripreso a salire). Niente di tutto ciò che è urgente viene affrontato, ma ci si impegna a fondo per ciò che non preme sull'agenda politica, e oggi Matteo Salvini può celebrare l'approvazione del suo decreto sulla sicurezza. Un'accozzaglia di inasprimenti, orpelli burocratici, dispetti, deresponsabilizzazioni, mirante a ridurre ciò che si sta già riducendo per conto suo. E tutto ciò, per il direttore Claudio Cerasa, è un disastro che rischia di aggravare i problemi dell’Italia.
La battuta sulla distrazione di massa ormai è stantia, ma il senso di ciò che l'opposizione del Pd dice del decreto va al punto. E Salvini (involontariamente) lo conferma.
Aquarius intanto colpita dalla ritorsione italiana e diventata nave senza bandiera sta per raggiungere, a meno di nuovi colpi di scena, il porto di Marsiglia. Marine Le Pen già salvineggia e se date una guardata in giro sui social francesi vedrete che riesce a far passare il suo messaggio. Il governo francese tiene il punto.
Ed eccoti Emmanuel Macron a movimentare le nostre cene, nelle quali in questi giorni si parla anche di tasse e di deficit. E dalla Francia arrivano novità in grado di scuotere le nostre tavolate trasformandole nei peggiori talk show di Caracas, con fazioni che ci sbatteranno in faccia il super taglio fiscale di Macron e altre fazioni che irrideranno noi europeisti italiani mostrandoci il deficit al 2,8 per cento del prodotto interno messo in pista con la mossa espansiva (reaganiana però) del presidente francese.
A Genova, dove oggi era in visita il presidente Mattarella, provano anche a non farsi distrarre dall'offensiva sulla sicurezza, ma sembra che non ci sia ascolto. E il governatore Toti sente la comprensibile necessità di spiegare dove devono essere prese le decisioni e cioè a Roma a palazzo Chigi.
A proposito di manovra il tempo stringe, come dicevamo, e l'equazione impossibile, come l'ha definita Le Monde, non vede ancora soluzioni. Ovviamente si tratta dell'equazione tra miliardate per il reddito dei 5 stelle e miliardate per le pensioni dei leghisti. Oggi un vertice con la partecipazione delle persone cui è affidata la responsabilità di decidere e, in aggiunta, Paolo Savona. Ecco, la presenza del ministro autore di piani per riformare talmente tanto l'Europa da doverne uscire per la delusione dopo aver mancato la riforma (questo è un paradosso funambolico, provatelo per le chiacchierate a cena se vi riesce), non si spiega facilmente. Quello di oggi è un vertice quasi di emergenza, in cui si deve stringere e decidere. E la visionarietà del ministro lirista (cioè fautore della lira) certamente non aiutano a raggiungere quel sano spirito di fattiva concretezza che ci si poteva aspettare dal vertice.
Vedete dove portano i continui inasprimenti di pene, superamenti delle garanzie, estensioni e analogie per definire reati? L'editore Mario Ciancio Sanfilippo si vede sequestrare 150 milioni di beni costituiti però principalmente da attività economiche avviate (che quindi valgono 150 milioni finché c'è l'avviamento) e, come è noto, prevalentemente nel settore editoriale. Finiscono quindi nell'asse patrimoniale sequestrato cautelativamente dalla procura per le accuse di concorso esterno in organizzazione mafiosa a carico di Ciancio il Giornale di Sicilia e due televisioni locali. Aziende e giornali che fanno parte del patrimonio familiare da generazioni e quindi non si capisce cosa abbiano a che fare con i presunti rapporti mafiosi, da Ciancio, comunque, smentiti . Resta il fatto che un giornale e alcune televisioni ora sono passati sotto il controllo giudiziario, spogliati quindi si managerialità e di indipendenza.
Non c'è solo la passione di questa newsletter per il golf, qui ne va di una grande storia umana di caduta e rinascita. Tiger is back e ha pianto per la vittoria nel Tour Championship. E ora (in attesa di vederlo a giorni a Parigi nella Ryder Cup) ci si chiede quanto ci metterà a tornare numero uno al mondo.
Detto e ridetto in questa newsletter e quindi cena dopo cena vi sarete fatti la fama dei rompiscatole fissati, ma la nostra amata Brexit continua a regalarci sviluppi meravigliosi e poi, una volta tanto, sembra che tutto vada come avevamo tentato modestamente di prevedere. E quindi agli strepiti iniziali e al trionfo dei no-Europa sta seguendo il non saper che fare. E' la prova di come le politiche liberali, tra le quali ci sono i trattati favorevoli alla libera circolazione di persone e merci (come sono i trattati istitutivi dell'UE), hanno un solo fondamentale pregio: quello di funzionare, cioè di essere utilizzabili dai governi e dai cittadini per ottenere risultati. Mentre le politiche illiberali, tra cui rientra nel caso specifico l'uscita dall'UE e quindi la rottura unilaterale dei trattati istitutivi, hanno fascino elettorale (vittoria nel referendum Brexit e successiva ventata illiberale in Europa) ma poi mettono nella condizione di non saper che fare, letteralmente, perché sostituendo la volontà dei governanti (regoleremo il commercio con i paesi UE) alla auto-determinazione dei mercati (le aziende inglesi, sia pure faticando, si erano adattate al funzionamento della piattaforma commerciale europea e al suo interno avevano avuto anche molta crescita) ci si prende un incarico eccessivo rispetto alle capacità organizzative e gestionali di un singolo governo. E poi non si sa che fare...