Le trattative per le nomine Ue e il solito problema rifiuti a Roma
Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
I brexiteers abroad tanto allegri non possono essere ma una cafonata come le spalle voltate durante l'Inno alla Gioia che è anche l'inno europeo non si era mai vista né qualcuno l'aveva mai concepita neanche nelle peggiori contingenze politiche. Vabbè, i tedeschi ci scherzano su.
Intanto si decide per i posti principali nella varie istituzioni europee e pare che sia rinato, con una specie di riassetto in corsa, un'asse franco-tedesco e quindi che sia tornata in pieno controllo della situazione, dopo una notte non facile, Angela Merkel. Forse nella scelta della tedesca Ursula von der Leyen per la guida della Commissione europea ha pesato la parte più dura dei democristiani tedeschi. Perché la probabile neo presidente (ma non certo perché si arriverà certamente all'ora di cena per la decisione finale) ha sempre avuto, in materia finanziaria, una impostazione tostissima. Persino Wolfgang Schaeuble la considerava troppo rigida con la Grecia, per fare un esempio. Poi ci sarà Christine Lagarde alla Banca centrale europea, con perfetto funzionamento dell'accordo tra francesi e tedeschi, e il belga Charles Michel nel ruolo che era di Donald Tusk. Un impaccio sta però frenando l'indicazione del presidente del Parlamento europeo (che poi dovrebbe lasciare spazio, in una staffetta, come avvenne nella legislatura appena terminata, al popolare Manfed Weber) perché ci sono notizie di scandali passati legati proprio a fondi europei in cui sarebbe stata coinvolta sua moglie. Tuttavia questo splendido accordo deve ancora passare l'esame della nuova maggioranza al parlamento europeo, che comprende anche verdi e socialisti, da cui verrebbero alcune perplessità. Insomma a cena avrete ancora da parlarne seguendo gli ultimi sviluppi.
La bio super essenziale di von der Leyen née Albrecht.
Appunto, Verdi e socialisti sono nervosi, e vorrebbero riaprire addirittura la partita.
Di fatto l'Italia esce malissimo dalle giornate di negoziato. E comunque dopo aver fatto tanto per bloccare l'olandese Frans Timmermans, ben più disponibile nei riguardi del nostro paese, ora si ritrova una presidenza della commissione certamente meno incline alla trattativa politica e alla elasticità finanziaria.
Ma l'Italia punta a cariche fuori dal perimetro della maggioranza di governo.
Intanto, non applicando il contratto, le cose vanno decentemente e grazie alla mancata applicazione degli accordi nella maggioranza italiana e dei programmi politici dei due partiti che la compongono i conti pubblici sono più o meno in carreggiata, almeno quanto basta per rendere improbabile la procedura d'infrazione. Ma vediamo anche un po' di numerini sulla manovra o quasi-manovra che tiene il deficit un po' tranquillo e, forse, fa pensare che anche il debito se ne stia abbastanza buono per un po'. Vedete gli elementi di casualità e le tante partite semplicemente rinviate.
Gli altri gruppi si organizzano per impedire che dall'accordo tra leghisti italiani e lepenisti francesi esca un vicepresidente del parlamento europeo. Le Monde si chiede se l'intesa anti-populista terrà.
Intanto, in Italia, maggioranza così e così.
Vedete che sul (presunto) fronte migranti non succede niente. O meglio, se non si inserisce qualche provocazione di Salvini, fatta solo di parole come sempre, non c'è nulla di rilevante. E quindi mentre le navi di soccorso riprendono il mare nella zona dei salvataggi, il ministro dell'interno si gioca la carte delle minacce preventive.
Il modello San Francisco, se poi veramente in California fanno così, non è arrivato mai nelle strade di Roma, eppure, proponendolo, Raggi ci ha vinto le elezioni. Votata a furor di popolo anche per l'improbabilissimo obiettivo dei rifiuti zero.
Intanto c'è il modello Roma.