Di cosa parlare stasera a cena
Il doppio lavoro di Conte e la resistenza di Macron
Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
La vicenda intricatissima delle firme che scompaiono e riappaiono per la richiesta di referendum confermativo della legge di modifica costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Buona per parlarne a cena per le divertenti implicazioni sui rapporti tra Forza Italia (versante Carfagna ma non del tutto) e Lega per Salvini coi pieni poteri. Il tatticismo. Resta da riflettere sulla stupida fretta con cui Luigi Di Maio ha voluto impiccarsi a questa temeraria riforma costituzionale. Forse perché convinto che l'aver preso di petto gli stessi numeri della casta lo avrebbe reso di nuovo popolare. Ma l'impressione è che agli elettori della riduzione dei parlamentari interessi molto relativamente. Quelle polemiche funzionano per gli insulti su internet o per i talk che inseguono i percettori di vitalizi di origine politica, ma, appunto, fanno parte di un grande spettacolo in cui si espongono l'inadeguatezza collettiva nazionale, la cattiva coscienza, l'esibizione della rivolta populista. Ma poi alle conseguenze pratiche di quelle parole quasi nessuno è interessato. Mentre Di Maio davvero pensa che per un qualunque partito sarebbe imbarazzante di fronte agli elettori avere qualche parlamentare che ha promosso il referendum confermativo della modifica costituzionale, come se fosse una grave onta. E' una sua illusione, la sua percezione politica si è fermata al giorno della vittoria elettorale e non si è più aggiornata. Questo forse (ma c'è Conte a fare da argine) potrebbe essere un problema per la maggioranza.
Uno sguardo, più da tecnico che da partner politico, a ciò che avviene nei 5 stelle. La cosa effettivamente sorprendente è che un patrimonio elettorale straordinario, come quello dei grillini alle ultime politiche, non abbia generato almeno una spinta inerziale, non abbia indotto una maturazione. E' una vicenda che finirà nella storia politica senza essere passata per la cronaca politica, almeno senza esserci passata in modo attivo. Evidentemente i semi di antipolitica piantati dai fondatori Grillo e Casaleggio, gli anticorpi rispetto a una ordinaria gestione del potere, erano così forti da impedire una normale evoluzione verso forme strutturate, organizzate, di rappresentanza del consenso. Anche scontando inevitabili perdite rispetto all'exploit del 2018 un qualunque gruppo minimamente organizzato avrebbe comunque mandato avanti un'esperienza politica così carica di sostegno popolare. Si diceva, qualche cena fa, che almeno una parte del grillismo, trasformata in partitone assistenziale, avrebbe potuto sopravvivere, proprio grazie all'applicazione della cosiddetta governabilità. Eppure sembra che neanche quell'esito stia riuscendo. O forse è il lavoro silenzioso di Giuseppe Conte a permettere il mantenimento di una quota di consenso grillino sotto altre forme. Ne fa le spese la presunta leadership di Di Maio, con quel titolo pomposo e vuoto di capo politico, espressione un po' tira-pernacchie a pensarci bene. Il documento firmato da grillini di non eccelsa sostanza che lo ha sostanzialmente sfiduciato resta memorabile soprattutto per il ritorno, finalmente, a un sano politichese, abbandonando gli stilemi da testo arruffato di blog. Comunque dall'esterno, lo sguardo più da tecnico che da politico, arrivano consigli, ma più che auspici di futuro sembrano constatazioni di un fallimento.
Intanto Conte deve fare il doppio lavoro.
La produzione industriale non va un granché e la Confindustria prova a rifarsi spazio tra le voci nell'agone pubblico ora che la politica avrebbe forse bisogno di un aiuto dalle parti sociali per provare a ritrovare una strada.
Emmanuel Macron resiste di fronte allo sciopero più lungo dal 1968.
Solo per dire che i posti di lavoro aumentano anche in Canada, dove non fanno tutte le scenette sovraniste sui dazi come quelle di Trump e dove, anzi, firmano accordi di libero scambio.
Intanto le varie parti dell'amministrazione USA ne hanno dette un po' tante e diverse sul piano iraniano contro l'ambasciata.
Hanno già distrutto tutte le parti dell'aereo usabili come prove, sarà molto difficile dimostrare qualcosa.
Molto peggio dell'impeachment...
non sono proprio "a rischio" di crollo, ma certamente non rispondono ai nuovi criteri di sicurezza imposti dalla legge, con varie forme di inadeguatezza, per l'illuminazione o per le vie di fuga, ad esempio. Sarebbe una buona cosa, e anche una grande mossa in termini di comunicazione, se i concessionari avviassero i lavori, anche affrontando uno sforzo finanziario imprevisto.
Interessante incrocio virtuoso e fiscalmente sensato tra aziende globali e tasse locali.