I 750 miliardi dell'Ue e la guerra di Trump a Twitter
Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi
Comunque Giuseppe Conte da qualche parte deve avere una buona stella che lo protegge. Cosa che contribuisce a generare un certo disagio nei suoi critici e nemici.
Well done!
Ecco come è costruita la ripartizione, così capiamo in che modo funziona come strumento di politica economica interna europea. Si tratta di un inizio di bilancio comune cui corrispondono finanziamento sul mercato e tesoreria comuni. Più dei semplici eurobond, si direbbe perché è già in atto un processo redistributivo di forza molto maggiore rispetto ai tradizionali fondi di coesione
Allora Giorgia Meloni aveva tentato una specie di disperato diversivo per bloccare l'evidente processo di comunitarizzazione europea della politica economica e di bilancio. Si era giocata l'asso del Fondo monetario e dei suoi certificati di deposito. Proponendo l'uso di una valuta di riserva, nata per le compensazioni internazionali, per funzioni, invece, di trasferimenti ai bilanci nazionali. Soluzione scomoda e comunque capace di generare importi molto limitati. Soprattutto soluzione cui non è interessato nessuno nel mondo, tranne Meloni. Silenzioso anche Matteo Salvini dopo l'annuncio europeo. Non ha avuto l'idea del Fmi e non saprebbe che inventarsi per contestare il cammino verso la convergenza nella UE. Il Fmi, intanto, pensa ovviamente ad altro, e concentra la sua attenzione, come avviene da anni, sui paesi in via di sviluppo
Salvini ci prova con la battuta sui soldi veri
Ovviamente sui mercati le cose vanno bene
Ma si davvero verso il ritorno dello stato?
Donald Trump vuole chiudere i social network dopo che Twitter ha segnalato, secondo le regole accettate da chi ci scrive sopra, un paio di tweet del presidente con affermazioni non provate e dannose per la reputazione di altri
Pochi minuti dopo, quasi per sfida, Trump ha cominciato a scrivere altri testi con accuse della massima gravità a Barack Obama, appoggiandosi in modo molto indiretto a indagini in corso
Allora, Trump tocca un nervo che scatena sempre la generalizzata riprovazione. Nessuno riesce mai a chiedere regole, simili ad esempio a quelle previste per la stampa, in caso di calunnia o diffamazione via social. Anche di fronte alle più orrende campagne di assalto mediatico i tentativi di regolamentazione sono stati bloccati. Ma questa volta va tutto in corto circuito. Perché a sanzionare e in un certo senso censurare è direttamente Twitter (è successo con una certa frequenza ultimamente per la disinformazione sul covid-19) e lo nei riguardi dell'uomo più potente del mondo. Twitter guadagna così enorme reputazione nella lotta per la qualità delle informazioni che veicola, o forse sarebbe più corretto dire, che edita. Ma si espone alle critiche dei fondamentalisti della libertà dei social. Intanto però il censurato Trump risponde con la minaccia di censura assoluta e definitiva, con la chiusura dei social. Impossibile ovviamente e potenzialmente distruttiva per lo stesso presidente nel giro di 24 ore. Certo c'è la soluzione cinese. Quindi non chiusura ma controllo stretto da parte del potere statale. Anche questa idea negli USA durerebbe 24 ore prima di essere travolta. Però a Trump fa gioco minacciare, strillare, spaventare. Forse perché sa che tutti vogliono la libertà dei social ma insieme ne odiano alcuni aspetti. Lui ci prova.