(foto LaPresse)

Di cosa parlare stasera a cena

Contro la mossa del cavallo ora serve una mossa da torre

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Ci si agita, si trama, si cercano colpi a effetto e poi, nelle trattative per formare un nuovo governo, subentra lo sgomento quando si prova davvero, concretamente, a sostituire Giuseppe Conte come presidente del Consiglio. Fermi, non stiamo proponendo che a cena se registrati e qui a causa della presente prova scritta, si finisca tutti licenziati per troppo zelo contiano come la cronista del New York Times che è stata appena invitata a fare gli scatoloni per troppo zelo bideniano. Intanto perché Conte non è Biden (anche se ci fa simpatia per aver messo alla porta il nostro trumpiano Matteo Salvini). Allora non si tratta di lodare Conte ma di mostrarne la necessità positiva in questo momento, perché, banalmente, ancora una volta per tutti i partiti di maggioranza (presenti ed entranti) risolve più problemi di quanti ne crei. La semplice constatazione di questo fatto è, appunto, una questione di nessuna difficoltà mentre si scrive o si chiacchiera a cena, ma poi, realizzare le cose semplici è come tirare in porta da 5 metri per un gol decisivo: facilissimo da casa, facile anche in campo ma con la necessità di non perdere la concentrazione e non farsi prendere dall’emozione. Allora, per un paio di giorni al campo contiano serve concentrazione e un bel freno alle emozioni, e serve anche un bell’impulso politico e programmatico. Strano come queste parole suonino ripetitive e vuote nel dibattito eppure, una volta tanto, potrebbero prendere significato e portata. Specialmente se, con una contromossa scacchistica, più da torre che da cavallo questa volta, perché servono concretezza e prospettive di medio termine, Conte e i suoi vorranno prendere argomenti validi dall’armamentario riformista mostrato da Matteo Renzi e da alcune componenti del Pd (ricordate le cose scritte da Tommaso Nannicini proprio sul Foglio?). 

 

Le tre "cose" principali 

 

Fatto #1 

C’è il neo-gruppo degli Europeisti, dotato ora anche di un presidente nella persona del senatore Fantetti, e prontamente schierato nella scena politica con l’indicazione di Giuseppe Conte per palazzo Chigi. Da parte dei 5 stelle resta confermata identica indicazione. E per il Pd il segretario Nicola Zingaretti si schiera, nell’intervento in direzione, a favore di un nuovo governo Conte. E il nome di Conte resta la prima scelta anche per Leu. Insomma, sembra mettersi in atto quella serie di passaggi che dovrebbe portare sia ad aumentare la capacità attrattiva del gruppo contiano di fresca nascita sia la forza di Conte nel confronto con i renziani. Perché il quadruplice sostegno mette Conte in condizione di poter parlare finalmente con Matteo Renzi da una posizione chiara e ben definita e soprattutto con la possibilità di fare qualche concessione sostanziale sui temi che stanno a cuore a Iv. Ma se questo sembra, ed è, il cammino più probabile, va segnalato anche una specie di attivismo parallelo nel mondo politico, perché, tutti ne parlano e un po’ è anche vera, ma l’opzione Luigi Di Maio presidente del Consiglio circola da giorni, prima come battuta, poi come tentativo per vedere l’effetto che fa, poi come proposta vera e propria. Il gruppo cruciale per le trattative e per ricostruire una maggioranza (a meno di improvvise aggregazioni nuove tra gli Europeisti) è quello di Iv che non mette ancora in gioco il suo leader ma si lascia un po’ di margini facendo esporre, nella categoria “tentativo per vedere l’effetto che fa”, la ministra dimissionaria Teresa Bellanova, dalla quale viene un “non veto” con la chiosa per cui Iv di veti non ne mette né ne subisce. Intanto Di Maio stesso si mette il veto e aggiunge che chi fa il suo nome vuole solo mettere zizzania tra lui e Conte. 

 

Fatto #2

Ecco un altro sondaggio a rinforzare la strategia governista e il progetto che continua a vedere Conte per palazzo Chigi. Rispetto ai dati Rai visti ieri qui a dicheparlare sembra rafforzarsi ulteriormente lo schieramento dei contrari alle urne, almeno in modo indiretto, perché l’indicazione era di un 33% di favorevoli al voto, mentre da Swg si passerebbe a un 20%. 

 

Fatto #3 

Per Chiara Appendino la difesa appassionata di Marco Travaglio non è bastata. Lodevole l’intento di trovare finalmente qualche crepa nell’attività giudiziaria in Italia e di mostrare gli effetti indiretti sulla politica che possono derivare da ciò che accade nei tribunali. Continui su questa strada Travaglio e con pari impegno e vedrà quante altre cose, da quel bravo deduttore che è, riuscirà a scoprire. Però si può migliorare nella tecnica legale, perché questa volta il direttore del Fatto toccava un tipico punto da evitare se ci si vuole difendere dall’accusa di un reato colposo, perché scriveva oggi nel suo editoriale che un evento simile, nella stessa piazza San Carlo, organizzato con le stesse regole e le stesse procedure, si era tenuto anni prima quando era sindaco Piero Fassino. E, sempre restando alla linea difensiva del Fatto, l’editoriale si premurava di far sapere che in piazza era avvenuta la più classica delle disgrazie imprevedibili e inevitabili, scatenata però, non viene aggiunto con altrettanta chiarezza sul giornale di Travaglio, da comportamenti tipici di una parte delle tifoserie, cioè esattamente delle persone che potevano essere attratte dalla proiezione di una partita su un maxischermo. Nell’ansia della chiamata in correo o della segnalazione di notizia di reato Travaglio non si accorge che la ripetizione di regole e procedure, evidentemente non ben pensate e non sufficientemente prudenti, è una confessione e non un’esimente. È interessante che quella travagliesca sia la stessa linea difensiva della sindaca nelle prime battute pronunciate dopo la condanna in primo grado, perché Appendino ha detto di “pagare per un gesto fatto da altri”, che, appunto, è l’ammissione di non aver predisposto le misure corrette per evitare i rischi di conseguenze gravi per fatti estranei alla propria volontà e alla propria attiva vigilanza, ma evidentemente possibili e per nulla estranei a quel tipo di manifestazioni. Insomma, la giustizia ha regole che possono portare, come è noto, a grandi ingiustizie (apparenti e sostanziali) e forse questo ne è un caso, perché è evidente la, come dire, buona fede della sindaca di Torino, ma nello stesso tempo è lineare la sua responsabilità di fronte a una sfortunata, drammatica, terribile, concatenazione di fatti dai quali sono state causate la morte di una persona e danni fisici e choc per molte altre persone. 

 

Oggi in pillole 

- Matteo Salvini non capisce che il suo blitz citofonico era un fatto grave in sé e non conta chi fossero gli inquilini e non ricorda che dagli stessi investigatori anti-spaccio venne criticato per aver esposto pubblicamente indirizzi e obiettivi tenuti d’occhio nelle indagini.

- Nei giorni di quella citofonata imperversava la campagna elettorale per l’Emilia-Romagna da cui sarebbe uscito vincente il presidente Stefano Bonaccini. Ora arriva per lui un’inchiesta giudiziaria abbastanza discutibile, in cui, a prima vista, sembra mischiato un piano legittimamente politico (e comunque da verificare se realmente avvenuto) di ricerca del consenso con presunte pressioni e abuso d’ufficio. Travaglio, vedete sopra, potrebbe continuare a esercitare la sua nuova passione per le sbandate giudiziarie applicandosi anche a questa vicenda.

- Siamo alle parole grosse tra Ue e AstraZeneca per la fornitura dei vaccini.

- La stabilità dei numeri della pandemia, condizioni che comunque non peggiorano.

- Nei Paesi Bassi continuano a menarsi di brutto per le proteste anti-lockdown.

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